Lavoro

Covid e INPS, odissea di un precario

23 Ottobre 2020

GENOVA. Due mesi di sostegno al reddito persi per una spunta non prevista sul sito dell’INPS. È quanto è capitato a un sessantenne genovese lavoratore dello spettacolo, titolare di partita IVA e lavoratore intermittente presso un’azienda del settore turistico del centro. Un lavoro che per lui è il modo per arrotondare le incerte entrate di una professione esercitata in un settore caratterizzato da una precarietà strutturale con un’altra attività, solo un po’ meno precaria, per sua natura stagionale e più in generale soggetta ai capricci della congiuntura economica e a ogni altro rovescio. Soprattutto a Genova, dove in questi anni, tra alluvioni, crolli di ponti, viadotti intasati causa lavori di manutenzione e covid-19 i rovesci non sono mancati. Quella che ci racconta è un’emblematica storia di slalom speciali tra i paletti di una normativa elaborata frettolosamente dal Governo in piena pandemia e quelli imposti dal modo in cui l’INPS, incaricato di erogare cassa integrazione e bonus, l’ha tradotta in pratica. Col risultato che lui per due mesi è rimasto senza reddito.

Fino a quando hai lavorato come intermittente?

Il 23 febbraio è stato l’ultimo giorno di lavoro. Il lockdown non era ancora stato proclamato, ma già fioccavano le disdette dei turisti.

Quindi?

Quindi la mia azienda ha chiesto la cassa in deroga per il mese di marzo, che ho ricevuto qualche mese dopo. Poche centinaia di euro perché nel caso degli intermittenti l’importo viene calcolato sulla base delle ore effettivamente prestate nel periodo precedente e io faccio poche ore a settimana.

Perché poi hai deciso di non chiedere più la cassa integrazione?

Perché nel frattempo sono intervenuti gli altri provvedimenti del Governo, che introducevano altre forme si sostegno al reddito. Io non potevo fare domanda come lavoratore dello spettacolo perché non avevo i requisiti contributivi richiesti per l’anno precedente e neppure come partita IVA, ma rientravo nelle condizioni previste per i lavoratori intermittenti. A quel punto la commercialista dell’azienda dove lavoravo come intermittente mi ha consigliato di chiedere i 600 euro, perché sicuramente con la cassa integrazione in deroga avrei preso meno.

Quindi chiedi il bonus da 600 euro…

Il 3 giugno faccio la domanda per i 600 euro sul sito dell’INPS, ma il modulo che devo compilare non mi dà la possibilità di farla solo per i mesi di aprile e di maggio. Insomma devo compilare una richiesta per marzo, aprile e maggio. Immagino che questo mi potrebbe creare qualche problema, perché la mia azienda per marzo aveva chiesto la cassa in deroga, ma penso di poter risolvere la cosa parlando direttamente con l’INPS.

L’INPS cosa dice?

L’INPS il 3 agosto mi contatta comunicandomi la ‘reiezione’ della domanda perché ho già in corso una procedura di cassa integrazione, ma mi dicono che ho 20 giorni di tempo per presentare eventuale documentazione integrativa. Cosa che faccio spiegando la situazione e allegando tutti i documenti necessari a chiarire la mia posizione. In seguito vengo contattato dal call center dell’INPS che mi fissa un appuntamento il 7 ottobre. Non più di dieci minuti perché sono subissati dalle pratiche. L’incontro, conclusosi con la promessa che sarei stato contattato entro sette giorni, non ha prodotto alcun risultato se non la possibilità di presentare una richiesta di sollecito protocollata. Anche se, a onor di cronaca, avevo proceduto al sollecito direttamente online.

Quindi, se abbiamo ben capito, non ti vengono riconosciuti i 600 euro a causa di una pratica di cassa integrazione, che tu avrai per il mese di marzo, però ad aprile e maggio non prenderai, perché la tua azienda non l’ha chiesta per consentirti di ottenere i 600 euro.

Per i due mesi di aprile e di maggio infatti non prendo nulla e a quel punto la mia azienda ripresenta la domanda di cassa in deroga per giugno e luglio, che mi viene accettata e prenderò 274 euro al mese, meno di quanto avevo preso a marzo. Ora teoricamente si apre la possibilità di un nuovo bonus da 600 euro, ma essendomi stato negato per aprile e maggio non sono sicuro che mi venga accettata la domanda. Resta la possibilità della cassa in deroga, ma con la certezza di prendere ancora meno dei 274 euro di giugno e luglio.

Vuoi dire qualcosa per concludere?

Per prima cosa vorrei sottolineare che l’INPS non fornisce alcuna certezza, cioè non ti dicono di no. Tu dicono: la tua domanda è respinta però tu puoi presentare nuove istanze e documentazione integrativa e ogni volta che ci torni è la stessa cosa, cioè non è mai un no definitivo, è un no ma… E i contatti con INPS non sono mai diretti. Avvengono tramite call center, impresa non sempre facilissima. La ‘reiezione’ della mia domanda è stata pubblicata sul sito, per cui ho dovuto controllare un giorno sì e un giorno no. E a quanto mi dice il mio datore di lavoro, la medesima condizione è subita da tutti i lavoratori intermittenti degli altri albergatori. Secondo: la situazione è ulteriormente complicata dal fatto che la domanda di cassa in deroga la deve fare l’azienda, mentre quella del bonus la devo presentare io. Infine un’osservazione di buon senso e cioè che io mi trovo a vedermi negare un sussidio a cui per legge ho diritto e con un importo più che doppio rispetto alla cassa integrazione perché la mia azienda a marzo ha chiesto quest’ultima. Ma a marzo io non ho rinunciato alla cassa in deroga per il semplice fatto che non potevo sapere che il Governo avrebbe deciso di introdurre il bonus da 600 euro e che io ne avrei avuto diritto. Mi spieghi che senso ha?

L’iintervista è tratta dalle newsletter di PuntoCritico.info del 20 ottobre.

 

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