Lavoro
Contro la disoccupazione giovanile un metodo esiste già
Ho letto con molto interesse l’articolo di Gabriele Catania “Contro la disoccupazione giovanile servono nuovi istituti professionali”: concordo, ma allo stesso tempo per esperienza personale posso dire che ci sono già, almeno in Lombardia. Sono quelli che rientrano nel cosiddetto sistema Iefp, Istruzione e formazione professionale, e che operano sul territorio regionale grazie ai numerosi legami con le aziende dove i loro studenti svolgono anche più di trecento ore di stage durante l’anno formativo, mentre nelle classi vengono fornite le basi teoriche che cominciano ad essere messe in pratica nelle attività di laboratorio.
Da docente ho modo di seguire i miei allievi nei percorsi di tre o quattro anni che permettono di ottenere qualifiche professionali europee e di toccare con mano il mondo del lavoro, al quale poi la grande maggioranza riesce ad accedere definitivamente nell’arco di due anni dalla conclusione degli studi. E’ un modello paragonabile al sistema delle Vocational school e che funziona e che, soprattutto, riesce a svolgere un fondamentale ruolo sociale: quello di raccogliere ragazzi in obbligo formativo che altrimenti finirebbero per allargare ulteriormente l’esercito NEET, motivandoli e insegnandogli che la realizzazione personale passa dalla capacità di saper svolgere un lavoro (l’intelligenza delle mani) per raggiungere un’indipendenza personale altrimenti fuori portata.
Gli enti che operano sono per lo più privati e oggi si trovano a dover fare i conti anche con i tagli alle doti stabiliti dalla Regione Lombardia, costringendo gli operatori a rivedere i propri bilanci pur di garantire un servizio che a livello statale manca e che le istituzioni, in tutta onestà, nemmeno prendono in considerazione.
Un paio di anni fa un istituto bergamasco venne sormontato da critiche e retorica perché se ne uscì con una pubblicità nella quale venivano paragonate le vicende lavorative di due ragazzi quasi trentenni che avevano scelto strade opposte: il primo era diventato imprenditore edile dopo aver frequentato una scuola professionale, il secondo era uno stagista dopo anni di liceo, università e master. E’ uno spaccato che ai critici può anche apparire desolante, ma pur sempre veritiero e pragmatico e se a promuovere questa campagna fosse stato un liceo, si sarebbe parlato di abile strategia di marketing.
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