Lavoro
Combattere l’assenteismo
Nel corso dei tanti decenni del dopoguerra repubblicano, comprensibilmente l’evoluzione sociale ha portato verso una legislazione che si è sforzata di garantire i diritti costituzionali, in particolare quello alla salute. Nei secoli precedenti, il padrone delle ferriere non aveva pietà dei lavoratori che, di conseguenza, quando non andavano al lavoro perché malati, semplicemente non prendevano lo stipendio, sempre che non perdessero il lavoro tout court. I tempi della barbarie sono ormai alle spalle, ma oggigiorno assistiamo ad un fenomeno, quello dell’assenteismo, che comincia ad emergere anche da testimonianze sempre meno carsiche perché visibili sui social network ed in rete (ad esempio nel blog di Nadia Vidale “La bidella di Vigonza”). Il contesto del pubblico impiego, in particolare quello scolastico, quale che ne sia il profilo, in particolare nell’ambito del precariato, è una miniera di esempi.
Il più recente ci porta a discutere il caso della bidella napoletana (collaboratrice scolastica) assurta agli onori della cronaca per lo spirito di sacrificio dei suoi viaggi quotidiani Napoli-Milano allorquando presto si è scoperto che questa persona si è impegnata in questo faticoso avanti e indietro entro un periodo ben più limitato, probabilmente quello dei due mesi di prova previsti dalla normativa vigente. Dopo l’assunzione a a tempo indeterminato, non è detto che si rilevi lo stesso senso del dovere. E, beninteso astraendoci dal caso di dettaglio che nessuno conosce nei particolari, ecco arrivare le malattie, i congedi parentali, l’aspettativa retribuita, l’aspettativa non retribuita (in attesa di un trasferimento più vicino).
È del tutto evidente il fatto che sembri che la Pubblica Amministrazione si sia configurata per “girarsi dall’altra parte” di fronte a questo problema e in questo intervento si propongono soluzioni concrete specifiche e generali.
La prima, specifica del mondo della scuola: il periodo di prova del personale ATA (collaboratori scolastici, assistenti tecnici e amministrativi) deve passare da due mesi ad un anno, così come il periodo di prova del Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi, figura importantissima e nevralgica in ogni istituzione scolastica autonoma, parimenti deve passare da quattro mesi ad un anno. Ma questo piccolo accorgimento non fa superare il grave problema delle malattie immaginarie che vengono continuamente concesse da medici misericordiosi che spesso semplicemente annotano “Riferita colica addominale” o “Riferito stato febbrile”. In breve, basta riferire al proprio medico di una qualsiasi lieve forma di affaticamento per ottenere almeno un giorno di malattia (a carico della collettività). Diciamo che se la cosa fosse saltuaria, sarebbe inutile sindacare, ma quando la cosa non lo è, bisognerebbe discutere e costruire strumenti di intervento giacché la situazione è delicata e pericolosa: un dirigente può essere accusato di arbitrarietà e di mobbing. Quali, quindi, le tutele per i dirigenti che devono controllare?
Nella scuola, dove il precariato è particolarmente rilevante, un certo tipo di assenteismo si manifesta in tutta la sua volgarità proprio a causa degli (pseudo) lavoratori fuori sede che conoscono ogni cavillo che li garantisce nella presa di servizio senza erogazione del medesimo. Anche quando non si percepisce uno stipendio, si consegue il punteggio in graduatoria e, in prospettiva, la stabilizzazione del posto di lavoro. Chiunque abbia studiato gli elementi di base della “teoria dei giochi” sa che questo può essere sufficiente nella strategia di gioco di una persona. I fatti ci dicono che lo è.
Domandiamoci, quali strumenti la Pubblica Amministrazione ha per tutelarsi. Come fare perché un dipendente che abita in una regione, ma che lavora in un’altra, possa essere monitorato in maniera puntuale per verificare se davvero sia malato o no. Attualmente c’è un solo strumento: la visita fiscale. È efficace? I fatti dicono di no. Ci sono raffinamenti possibili in questa strategia che, solo formalmente, consente di affrontare il problema? Ecco una modesta proposta, in questo caso generale, che si basa sulla reciproca informazione, comunicazione e presa in carico possibile grazie alla digitalizzazione.
Un dirigente scolastico, o di una qualche altra pubblica amministrazione o, persino, di un’azienda privata, allorquando rilevi comportamenti che possono apparire opportunistici, usando la chiave primaria del codice fiscale del dipendente, dovrebbe poter comunicare informaticamente al medico curante le proprie osservazioni. Ad esempio: “Il dipendente ha chiesto un permesso breve, ha minacciato di prendere malattia in caso di diniego e, a seguito di diniego, ha ottenuto il certificato di malattia”. Orbene, di fronte ad un’informazione del genere, il medico curante potrebbe autonomamente allarmarsi e in caso di successiva segnalazione, invece di rilasciare un certificato nel quale scrive “riferisce colica”, va a verificare o, comunque, limita allo stretto necessario il periodo di assenza senza quei prolungamenti che sono a volte scandalosi. Questo non è sufficiente perché ci possono essere fenomeni di collusione, quindi occorre coinvolgere il medico fiscale e l’ordine dei medici. In buona sostanza, laddove questa segnalazione non abbia alcun effetto, il dirigente, che medico non è, dovrebbe poter segnalare questa situazione al medico fiscale che oggi è allertato in maniera orizzontale (tutti i casi sono uguali) e senza essere a conoscenza del pregresso. Al medico fiscale dovrebbe competere, di conseguenza, un’opera di coordinamento col medico di medicina generale giacché è del tutto evidente il fatto che un dirigente possa rilevare atteggiamenti opportunistici, ma questi potrebbero esserlo solo nell’apparenza della relazione di subordinazione. Una comunicazione tecnica tra il dirigente e il medico fiscale che, a sua volta, si relazioni col medico di medicina generale, eviterebbe fraintendimenti e invasioni di campo. Per un medico di medicina generale, quindi, sarebbe più difficile “fare il furbo” dovendo interloquire con un proprio pari. Parallelamente o alternativamente a questa forma di coordinamento, dovrebbe essere possibile una segnalazione gestita informaticamente all’Ordine dei Medici. Oggi è possibile fare questa segnalazione, ma solo via PEC. Possono nascere delle statistiche con questo sistema? Certo che no. Occorre invece che tutto sia tracciato e contato.
Dovrebbe quindi cambiare il ruolo del medico fiscale, non più semplicemente uno che si reca presso le abitazioni dei malati a controllare, ma uno che si reca presso il medico di medicina generale e approfondisce, prima di andare a verificare presso i pazienti.
Il medico di medicina generale è in conflitto di interesse rispetto al paziente perché questi è fonte di reddito e un diniego ad un certificato può portare alla perdita del paziente. Naturalmente la deontologia professionale mette al riparo da questo pericolo nella stragrande maggioranza dei casi, tuttavia la statistica dei grandi numeri rivela che esistono fenomeni di questo tipo sui quali è ragionevole pensare che si concentri questo fenomeno.
L’istituzione di questo apparato collaborativo, invero, fornirà ai medici stessi uno strumento di tutela nei confronti dell’utenza giacché, a seguito delle richieste pressanti o continue di dipendenti infedeli, la semplice risposta: “Senta, se io continuassi a farle questi certificati, mi troverei ad essere monitorato dal medico fiscale e, magari, persino dell’Ordine dei Medici. In tutta onestà, lei non sta male, vada a lavorare”.
In buona sostanza, si tratta di informatizzare la relazione tra Pubblica Amministrazione e Aziende da un lato, medici di medicina generale, medici fiscali e Ordine dei Medici dall’altro. È chiaro che quest’ultimo, di fronte a segnalazioni continue, numerose e da diverse fonti giunte, potrebbe muoversi autonomamente rispetto ad un proprio iscritto e, infine, persino altro genere di organismi investigativi, monitorando i dati di questo fenomeno, si ritroverebbero ad avere in mano elementi oggettivi superando gli oneri di indagini che sono probabilmente la prima causa di impunità.
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