Lavoro

Amazon, la Regione Lazio nicchia, i precari puntano al Parlamento

30 Luglio 2021

L’assessore regionale del Lazio Di Berardino ai lavoratori e ai rappresentanti di USB, che chiedono di limitare l’abuso di contrati a termine, dice che può solo “sensibilizzare” il colosso dell’ecommerce. In autunno i lavoratori manifesteranno davanti al Parlamento. Mentre la trattativa voluta da Orlando tra Amazon Italia e i sindacati confederali langue.

A poco più di due mesi dalla prima giornata di mobilitazione i lavoratori del comitato degli ex lavoratori interinali dello stabilimento Amazon di Colleferro sono riusciti a incontrare l’assessore al lavoro della Regione Lazio Claudio Di Berardino, ma sono tutt’altro che soddisfatti, almeno a giudicare dal tono del comunicato stampa diffuso al termine del faccia a faccia.

Tre cose hanno chiesto i lavoratori, assistiti al tavolo da una rappresentanza dell’Unione Sindacale di Base, per promuovere occupazione più stabile e ridurre il precariato: l’istituzione di un tavolo di lavoro permanente presso la regione per affrontare l’argomento e valutare eventuali iniziative; un intervento dell’assessore per presentare la questione alla conferenza delle regioni, “in modo da coalizzare le altre regioni in cui Amazon è presente e usa lo stesso sistema di precariato” e infine la creazione di un tavolo presso il Ministero del Lavoro, vista la portata nazionale del problema, indagare “tramite l’ispettorato del lavoro sui numeri reali dei lavoratori stabili e somministrati presso gli stabilimenti di Amazon, cifre che Amazon e Adecco si rifiutano categoricamente di fornire”.

Il problema sollevato nei mesi scorsi dai lavoratori, infatti, riguarda l’utilizzo massiccio di lavoro precario, un turnover continuo e non interamente riconducibile ai picchi di lavoro, in palese violazione del tetto del 30% previsto per l’impiego di lavoratori interinali, che Amazon aggira assumendo massicciamente tramite le agenzie soggetti per cui la normativa prevede una deroga.

Si tratta di contestazioni a cui il colosso dell’ecommerce non è nuovo. Nel 2017 i funzionari dell’Ispettorato del lavoro, dopo un’ispezione nell’hub di Castel San Giovanni (Piacenza), avevano contestato all’azienda di avere in servizio 1.308 lavoratori interinali, tre volte il numero consentito, cifra lievitata fino a 1.951, dopo che l’INL aveva incluso nel numero dei contratti contestati anche gli oltre 600 lavoratori delle categorie protette assunti a tempo determinato. Secondo il sito Wired in quel magazzino, in cui operano circa 1.650 dipendenti diretti di Amazon a tempo indeterminato, l’azienda nel 2017 ha attivato 3.300 contratti a tempo determinato e l’anno successivo circa 2.500, di cui però la metà nella parte finale dell’anno, quella in cui si concentrano i picchi di lavoro legati al Black Friday e al Natale (Wired180119). Significa che in quel periodo i lavoratori precari sono arrivati quasi a eguagliare il numero dei dipendenti fissi. E se il Tribunale di Milano ha bocciato la richiesta di assunzione a tempo indeterminato presentata da alcune centinaia di lavoratori il problema resta comunque palese. Tanto più che molte testimonianze confermano che una quota consistente dei precari lasciati a casa vengono sostituiti da altri precari, per scelta aziendale, quindi, non per mancanza di lavoro.

“L’intento di coinvolgere il Ministero del Lavoro era auspicabile anche per chiedere di nuovo quantomeno che il governo possa prevedere una qualche modifica dell’articolo 31, comma 2, del Dlgs 81 del 2015”, scrivono i lavoratori nel loro comunicato. Il Decreto, il famoso Jobs Act, permette alle aziende di assumere senza limitazioni con contratto di somministrazione i beneficiari di indennità di disoccupazione (almeno sei mesi) o di ammortizzatori sociali e i lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati, deroga confermata nel 2018 dal Decreto Dignità del Conte 1, che ha introdotto il tetto massimo al numero di somministrati (prima era la contrattazione collettiva a occuparsene), fissandolo al 30% del personale in organico al primo gennaio. Alcuni emendamenti al Decreto Sostegni bis sull’argomento presentati nelle scorse settimane non sono stati approvati.

Abbastanza netta la risposta della Regione Lazio: “L’assessore ha chiuso preventivamente ogni possibile proposta, adducendo la motivazione che già era stata presentata una questione simile presso il ministro Orlando, i cui sviluppi risultano però tuttora ignoti, e che quindi la regione non aveva altri strumenti se non continuare la sua opera di sensibilizzazione verso Amazon perché riveda bonariamente i suoi progetti di lucro e diventi più ‘umana’ verso i lavoratori”. “Devo dire che sono rimasto stupito – ci racconta Luca Vizzaccaro, portavoce del comitato di Colleferro – perché l’atteggiamento della Regione è stato di netta chiusura e francamente è una cosa che non riusciamo a spiegarci. Non ci aspettavamo chissà che cosa, ma certo almeno un po’ di comprensione”. Quanto al tavolo al Ministero del Lavoro il ministro Orlando a metà aprile, tre settimane dopo lo sciopero del 22 marzo, aveva incontrato le parti: Amazon Italia Logistica, Amazon Italia Transport e l’associazione di categoria Assoespressi per la parte datoriale e i sindacati dei trasporti di CGIL CISL UIL per trovare un’intesa sulle relazioni sindacali in Amazon e nell’intera filiera. I convenuti si erano lasciati con l’impegno di rivedersi entro un paio di mesi (Manifesto160421), ma non ci sono notizie su ulteriori sviluppi.

Il giudizio di USB conferma quello dei lavoratori: “Non ci aspettavamo che Di Berardino ci risolvesse il problema, ma il fatto che l’assessore al lavoro di una regione importante come la Regione Lazio ci confessi sostanzialmente di non poter fare nulla ci dà un’idea della subalternità della politica nei confronti di queste grandi aziende”, osserva Massimo Pedretti, responsabile USB del settore, presente al tavolo. “Come è possibile un disinteresse così alla vigilia dell’apertura di un nuovo megahub Amazon a Fiumicino?” aggiunge ancora Vizzaccaro.  Ma secondo alcuni tra le ragioni della freddezza di Di Berardino potrebbe esserci proprio l’arrivo del gruppo nella città aeroportuale. Si parla di 3.000 posti di lavoro in arrivo nel comune del litorale, dove in ogni famiglia si conta un dipendente Alitalia o dell’indotto e che nei prossimi mesi potrebbe essere teatro di una strage di posti di lavoro a seguito del ridimensionamento della compagnia di bandiera. L’apertura di Amazon, almeno per una parte dei lavoratori espulsi da Alitalia e dalle ditte d’appalto, potrebbe rappresentare un’alternativa o almeno una temporanea boccata d’aria e la Regione Lazio potrebbe avere tutto l’interesse a non intralciare il colosso americano. Del resto le elezioni si avvicinano e in tutta Italia l’arrivo di Amazon è stato utilizzato dagli amministratori locali come argomento di campagna elettorale.

Positivo, invece, il fatto che il sindaco di Colleferro, Pierluigi Sanna, invitato all’incontro dall’assessorato, abbia ribadito l’intenzione già manifestata più volte di porre il problema agli altri sindaci dei comuni che ospitano sedi Amazon, a partire da quelli nel Lazio. L’hub più importante, quello di Passo Corese, si trova nel comune di Fara Sabina, ma, sottolinea Pedretti, “sarà interessante verificare se anche la sindaca di Roma, che ospita alcuni magazzini più piccoli, in piena campagna elettorale, intenderà portare un contributo”.

Il Comitato degli ex lavoratori somministrati di Colleferro e l’USB confermano poi l’intenzione di organizzare una manifestazione con lavoratori provenienti da tutto il Lazio davanti al Parlamento, probabilmente a settembre, per dimostrare che loro non si arrendono e vanno avanti. E se a Montecitorio, oltre ai lavoratori di Colleferro e del Lazio, ce ne sarà anche qualcuno proveniente da altre regioni potrebbe essere un segnale incoraggiante.

Hai storie da raccontare sul lavoro in Amazon? Scrivi ad assopuntocritico@gmail.com oppure telefona al 3337914004. 

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