Innovazione
Quale istruzione se il 25% degli studenti non ha competenze alfabetiche minime?
Secondo i risultati delle prove Invalsi in Italia anche nelle regioni con i miglior risultati, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Marche, tra gli studenti che frequentano la terza media, almeno uno studente su quattro è insufficiente nelle competenze alfabetiche.
Questi preoccupanti dati sono pubblicati nel rapporto SDGs di Istat, effettuato per valutare a che punto siamo nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità che le Nazioni Unite hanno fissato per il 2030.
In Italia, tre ragazzi su dieci che frequentano il terzo anno delle scuole medie non raggiungono la sufficienza nelle competenze alfabetiche e quattro su dieci in matematica.
Nelle abilità alfabetiche il gap di genere è evidente: il 38,3% dei maschi contro il 30,4% delle femmine non raggiunge la sufficienza.
Fra i ragazzi non nati in Italia le difficoltà sono molto più alte: due ragazzi su tre che non sono nati nel nostro paese non raggiungono la sufficienza alfabetica e/o numerica. La differenza è invece molto ridotta fra gli stranieri di seconda generazione e gli italiani nativi: fra chi è nato in Italia da genitori stranieri, il 47% è insufficiente in lettura e il 45% in matematica, mentre tra i nativi italiani le percentuali sono rispettivamente del 31,9% e del 38,6%.
Alle scuole superiori la situazione è la stessa : il 33,5% non raggiunge un livello sufficiente nelle competenze alfabetiche e il 41,6% in quelle numeriche. Gli studenti delle regioni del sud presentano statisticamente mancanze soprattutto in matematica. C’è differenza a seconda del tipo di istituto superiore frequentato: mentre il 17,7% dei liceali non raggiungono la sufficienza nelle competenze alfabetiche e il 29,2% in quelle matematiche, tra coloro che frequentano gli istituti tecnici, sono insufficienti in lettura e in matematica rispettivamente il 39,6% e il 42,3%.
Negli istituti professionali i risultati sono molto peggiori: addirittura sette ragazzi su dieci non raggiungono la sufficienza in lettura e il 77% in calcolo. Percentuali uguali a quelle del gruppo di stranieri non nati in Italia.
Infine, è emerso che gli studenti dei licei della Calabria, della Sicilia e della Sardegna hanno punteggi significativamente inferiori a quelli degli studenti degli istituti tecnici di alcune regioni del Nord.
Come è intuitivo comprendere, questi sono preoccupanti segnali di una scolarizzazione non adeguata a offrire a tutti gli studenti le competenze basilari.
Utilizzare metodi innovativi nell’insegnamento potrebbe essere la via d’uscita che ci serve per colmare il gap. Per farlo occorre investire sulla formazione degli insegnanti, su attività di supporto didattico e su apparecchiature tecnologiche per le scuole. Occorre intervenire su più fronti:
- avere personale docente adeguato e preparato ad occuparsi degli studenti con DSA e BES (bisogni educativi speciali ndr), condizioni che non sempre sono certificate, anche per una ritrosia delle famiglie a far accertare quello che pensano sia un deficit intellettivo tout court, quando nel caso dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (dislessia, disgrafia, disortografia, disturbo specifico della compitazione e discalculia) consistono in un modo diverso di assimilare i concetti e che va trattato con modalità di insegnamento diverso;
- ampliare le attività di supporto didattico nelle scuole agli studenti con difficoltà;
- dotare gli istituti scolastici di apparecchiature all’avanguardia e contemporaneamente di un sistema di allarmi efficace per evitare che si perpetrino i furti delle suddette apparecchiature (dati i continui furti nelle scuole);
Attraverso metodi dell’apprendimento innovativi e personalizzati per gli studenti si potrebbe colmare il divario e fare in modo che tutti gli studenti abbiano le competenze di base, che se non acquisite, “lasciano indietro” chi apprende in modo diverso, con pesanti ripercussioni, sulle future prospettive occupazionali.
Adottare un cambiamento rispetto all’insegnamento tradizionale attaverso l’innovazione: il ruolo del docente è fondamentale e l’attuazione del processo di rinnovamento può creare nel tempo occasioni e opportunità di crescita professionale continua, attraverso l’organizzazione di corsi di formazione in collaborazione con le università italiane su metodologie innovative e la didattica aumentata dalle tecnologie. Con una didattica digitale “aumentata” i docenti potrebbero disporre di dispositivi tecnologici e device multimediali avanzati, sia ad uso individuale che collettivo per un approccio cooperativo all’insegnamento.
I progetti di innovazione didattica a tutti i livelli e gradi dell’istruzione scolastica obbligatoria, non devono rimanere “casi speciali” o best practice come all’IC Pontecagnano S. Antonio (Salerno) in cui ci sono aule ripensate in ottica digitale, con la dotazione di tecnologie avanzate, un sapiente uso dei fondi e la formazione continua: sono questi i punti di forza della strategia adottata dall’istituto della provincia di Salerno che punta a farsi “laboratorio permanente” promuovendo un modello innovativo e socialmente inclusivo.
Progetti come questo devono diventare lead cases da implementare ed esportare per divenire ordinaria amministrazione nelle scuole.
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