Innovazione
Nuovi oggetti del desiderio: i semiconduttori
Tutti li vogliono, tutti li bramano, tutti li desiderano. Si tratta dei semiconduttori. Parliamo di minuscoli – ma veramente – prodotti di silicio che troviamo ormai dappertutto. Vengono prodotti per la maggior parte in Asia, soprattutto a Taiwan dove c’è grande expertise relativamente a questi microcomponenti.
Chi guida il settore
La TSMC, azienda con sede a Taiwan, detiene quasi il monopolio sui semiconduttori di alta gamma. La sigla sta per Taiwan Semiconductor Manufacturing Company. La più nota INTEL, statunitense, era leader assoluta del mercato fino a 10 anni fa ma oggi è stata soppiantata. Si calcola che l’80% dei semiconduttori di alta gamma utilizzati nel mondo sia uscito da uno stabilimento TSMC.
L’azienda è in grado di mettere in commercio semiconduttori misuranti fino a 2 nanometri; una dimensione davvero minuscola. Consideriamo che il nanometro – unità di misura del settore – ha lo stesso spessore di un capello. In Corea del Sud sono presenti maestranze che provano a tenere il passo dei leader ma sono gli unici con una certa rilevanza, neppure la Cina riesce a mettersi in scia poiché le sanzioni americane ne limitano l’accesso all’industria.
L’ex presidente USA Donald Trump, forzando la mano in una mossa non troppo diplomatica, aveva pagato 12 miliardi di dollari per costruire una fabbrica TSMC in Arizona ma l’azienda non ha alcuna intenzione di spostare la sua produzione da Taiwan, dov’è un’industria colossale. Per l’economia isolana, infatti, i semiconduttori sono la prima risorsa nazionale.
Il piano Breton
Quello dei microprocessori diverrà sempre più un settore chiave, visto quanta importanza hanno questi elementi in tutto quel che utilizziamo consuetamente: dal pc allo smartphone, dalla tv al tostapane. Com’è il caso per numerosi altri ambiti, l’Europa è abbastanza indietro su questa produzione e si muove acquistando dall’estero.
Il commissario europeo Thierry Breton, però, intervistato da Les Echos, ha voluto chiarire come intenda rimediare al più presto. Breton è responsabile della politica industriale UE e sa bene quanto muova questo settore.
“Nell’industria dei semiconduttori l’Europa si è lasciata distanziare. La mancanza di investimenti ha causato il ritardo.” È una affermazione valida per numerose altre filiere tecnologiche, naturalmente, ma la questione scottante è quella dei semiconduttori adesso. Da qualche settimana, diciamo pure da qualche mese, si registra una penuria di questi componenti sul mercato. Svariate industrie, tra cui numerose elettroniche e qualcuna automobilistica, hanno dovuto interrompere la loro attività.
La sfida di Breton dunque è puntuale ma l’Europa può davvero vincerla? La situazione ricorda molto la biblica sfida tra Davide e Golia con la UE (Davide) pronta a investire 10 miliardi di dollari suoi – dunque nostri – e altrettanti di imprenditori privati, nei prossimi tre anni per i semiconduttori. Nello stesso periodo, TSMC (Golia) da sola si priverà di cento miliardi per sostenere la sua produzione. Come andò la biblica sfida lo sappiamo, per questa abbiamo qualche dubbio in più; sembra difficile ridurre la forbice del ritardo investendo il 20% di quanto spendano i leader del mercato.
La UE ha imprese con un know-how capace di supportare questa produzione – una è StMicroelectronics, impresa franco-italiana di assoluto spessore – ma abbiamo visto quanto largo sia il divario. Breton vuole azzardare per ottenere una posizione di vertice e, magari, addirittura la leadership in questo ambito. Il ragionamento lo comprendiamo, nel mondo di oggi a sovranità tecnologica corrisponde sovranità economica in fondo, eppure non ci viene troppo facile essere ottimisti sull’esito di questa strategia.
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