Innovazione
Nel XXI secolo i dati sono il nuovo petrolio
Michele Barbera è il CEO di SpazioDati, startup dietro Atoka. Questo post è sponsorizzato da:
Prima di tutto, mi presento. Mi chiamo Michele Barbera, sono toscano, e faccio il CEO di SpazioDati, startup con sede a Trento e Pisa. Si tratta di un’azienda nata nel 2012 con un grande sogno: garantire a tutti l’accesso ai dati, “il nuovo petrolio dell’era digitale” (copyright dell’ex presidente della Commissione Europea Neelie Kroes). Perché se è vero, per dirla con uno slogan celebre, che sapere è potere, allora i dati sono la condicio sine qua non per sapere davvero. So che può sembrare utopico (specie in un momento storico un po’ cinico come questo), ma io sono convinto che democratizzare l’accesso alle informazioni sia la cosa giusta da fare. Il tutto al costo più basso possibile (in termini economici, di tempo ecc…)
Vorrei sottolineare un punto a mio parere abbastanza rilevante. Oggi esistono forti asimmetrie informative tra le grandi/grandissime aziende, e tutti gli altri attori economici. Grazie ai loro ingentissimi mezzi, a enormi banche-dati e al “capitale sociale” dei loro manager, i colossi del business hanno un significativo vantaggio informativo rispetto a PMI, liberi professionisti, artigiani, startup, cooperative e così via. Ma le asimmetrie informative non sono “soltanto” ingiuste; fanno anche molto male all’economia. Inceppano i mercati, generano distorsioni e inefficienze, soffocano creatività e innovazione. Gli economisti lo sanno bene: basti pensare ai lavori di studiosi come George Akerlof o Josef Stiglitz, che nel 2001 hanno vinto il Nobel per l’economia proprio per le loro analisi sui mercati con informazione asimmetrica.
Insomma, cuore e portafoglio sono dalla stessa parte, per una volta. Le asimmetrie informative sono un guaio soprattutto in Italia, un paese con un tessuto produttivo composto in gran parte da aziende medie, piccole e piccolissime. Ecco perché SpazioDati, nel suo piccolo (siamo in tutto una trentina) vuole contribuire a livellare il terreno di gioco, nella convinzione che il mercato debba premiare chi vende il prodotto o il servizio migliore, non chi è avvantaggiato grazie alle sue dimensioni o al fatto che il suo CEO ha un’agenda telefonica particolarmente spessa. Offrendo l’accesso ai dati, e la possibilità di usarli per innovare, speriamo di offrire qualche opportunità di crescita in più a PMI, giovani professionisti e startup.
SpazioDati si posiziona all’incrocio di tre discipline: big data, analisi del linguaggio naturale e business information. Si tratta di nuovi saperi che hanno sempre appassionato i fondatori di SpazioDati, incluso il sottoscritto, che sino al 2004 ha collaborato con ricercatori di questi settori. Lanciando nel 2012 SpazioDati, Gabriele Antonelli, Andrea Di Benedetto, Giovanni Tummarello, Luca Barsotti, Luca Pieraccini e io abbiamo deciso di accettare una sfida: quella di coniugare ricerca e impresa, e trasformare competenze scientifiche e manageriali in innovazione. Non è stata una scelta facile, anche a livello emotivo. Personalmente, ho avuto paura. E d’altra parte sarebbe stato da pazzi non averne. Creare una startup non è facile, tantomeno in Italia, dove burocrazia e complicazioni abbondano. E infatti la primissima cosa che ho dovuto imparare è stato proprio come gestire la paura, e possibilmente vincerla (ne scriverò magari su un prossimo post).
Come sedi della nostra startup abbiamo scelto due città particolari: Trento e Pisa. La prima offre un ottimo ecosistema dell’innovazione, incluse un’università (DISI) e un centro di ricerca (FBK) che hanno puntato molto sulle scienze informatiche e il nodo italiano dell’iniziativa digitale dello European Institute of Innovation and Technology (EIT Digital). Quanto a Pisa, il polo tecnologico di Navacchio e tre atenei di altissimo livello ne fanno uno dei serbatoi di intelligenza del nostro paese. E in effetti se abbiamo deciso di fondare SpazioDati, è perché non confidavamo solo nelle nostre idee, ma nelle risorse umane che contavamo di trovare qui in Italia: tecnologi, ricercatori e studenti, asset straordinari per qualsiasi azienda che voglia innovare sul serio. E d’altra parte sia Trento che Pisa sono centri di sapere leader (in Italia ma anche in Europa) proprio negli ambiti tecno-scientifici che a noi più interessano, quali la semantica e i big e open data.
Volevamo creare una startup che fosse, per così dire, un magazzino della conoscenza, dove trovare dati ben impacchettati su scaffali di facile accesso. Naturalmente gran parte dei dati in circolazione non si trovano in forma strutturata, ma in documenti non-strutturati come contratti, pagine web, articoli scientifici, tweet, post su Facebook ecc… Ecco perché la nostra prima linea di azione è stata sviluppare delle tecnologie che ci permettessero di estrarre l’informazione da questi documenti, e condensarla in dati strutturati. E dato che queste tecnologie in effetti erano utili e venivano richieste da clienti in tutto il mondo, le abbiamo rese disponibili con il nostro Dandelion API, strumento pensato apposta per sviluppatori e altri tipi di professionisti.
A questo punto, colpo di scena (super-positivo). Nella primavera del 2014 il gruppo Cerved è entrato nell’equity, come si dice in gergo, di SpazioDati. In altre parole è diventato nostro socio, portando capitali (1,35 milioni di euro), grande esperienza e una fortissima conoscenza dei mercati. Grazie a Cerved abbiamo imparato davvero cosa vuol dire business information, come funziona questo settore, quali sono le sue caratteristiche e le sue dinamiche. E proprio dopo l’incontro con Cerved abbiamo cominciato a pensare a quella che nell’ultimo anno è diventata la croce e delizia delle nostre esistenze: Atoka.
Atoka non è l’omonima contea dell’Oklahoma, ma uno strumento di sales intelligence che aiuta PMI, professionisti e artigiani a vendere, trovando nuovi clienti. In poche parole, è un enorme database con informazioni su 6 milioni di imprese italiane. Grazie a questo strumento l’utente può sapere cosa fa una data azienda, che prodotti vende, chi è che la guida e così via. Ad esempio, se un imprenditore ligure cerca aziende di meccatronica nel comune di Torino, che abbiano 5-10 dipendenti e un fatturato in crescita rispetto al 2014, usando Atoka può avere una lista di nomi al caso suo. Allo stesso modo, un maker di Vicenza che ha sviluppato un sistema innovativo per la gestione di piante di appartamento, e ha bisogno di un elenco di vivai lombardi da contattare (non tutti i vivai, solo quelli specializzati), con Atoka risolve in due secondi il suo problema.
Insomma, vediamo Atoka come una bussola per aiutare il piccolo imprenditore, il giovane professionista agli inizi, lo startupper o l’artigiano digitale a orientarsi in un mercato enorme ma ultra-frammentato come quello italiano, che è fatto in larghissima parte da imprese con meno di 10 dipendenti. È una specie di labirinto, e altro che filo di Arianna… anche soltanto riuscire a capire di cosa si occupa questa o quell’azienda è tutt’altro che semplice. Se poi si aggiunge che le informazioni sono sparpagliate in luoghi diversi (dai registri pubblici delle imprese ai siti web, dai social media agli articoli di giornale), districarsi in un tale marasma è un’operazione molto complicata e costosa. Noi cerchiamo di renderla possibile con un paio di clic. Ma questo è solo l’inizio. In realtà vorremmo trasformare Atoka in una piattaforma, in un broker d’informazione grazie al quale sviluppatori e startupper possano sviluppare nuove app e nuovi strumenti per aiutare aziende e professionisti a fare business. Insomma, la sfida per noi è solo cominciata…
Michele Barbera, autore di quest’articolo, è il CEO di SpazioDati.
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