Innovazione

Lo Smartworking nella Fase 2

18 Maggio 2020

Con la giornata di oggi, si è finalmente entrati nella Fase 2 e la riaperture dei negozi dovrebbe riportare una certa normalità nelle nostre vite. In attesa di vedere riaprirsi anche i confini regionali e nazionali, occorre però capire quante persone rimarranno – ed in che misura – ad adottare forme di lavoro a distanza mentre i più giovani già sono chiamati a terminare il proprio anno scolastica con la didattica online.

Non c’è dubbio infatti che la vita in ufficio e gli incontri professionali riprenderanno, ma oltre due mesi di “smart working” – termine forse impropriamente usato per l’esperienza che abbiamo vissuto – offriranno un lascito importante sul piano dell’organizzazione del lavoro e dell’equilibrio personale del tempo dedicato alla famiglia ed alla propria vita professionale.

Intanto, Talent4Business, divisione di Valtellina Lavoro, ha condotto un’indagine su 245 persone per capire come il lavoro a distanza sia stato vissuto dagli imprenditori e dai loro collaboratori.

Analizzando i risultati, si nota una differenza notevole a seconda delle dimensioni dell’azienda: mentre per le aziende con più di 500 dipendenti, una flessibilità lavorativa e la gestione per obiettivi erano già in parte implementate (79% qualche forma di flessibilità, 85% gestione per obiettivi di almeno una parte dello staff), questo dato si riduce notevolmente per le aziende con dimensioni più ridotte: solo il 50 % circa ha acconsentito qualche flessibilità, soprattutto per esigenze particolari o a certi profili aziendali (commerciali, amministratori), per quanto riguarda una gestione per obiettivi si passa dal 70% delle azienda con 101-500 dipendenti al solo 30% delle microaziende fino a 15 dipendenti.

Figura 1. Prima dell’emergenza la tua azienda adottava misure volte a favorire la flessibilità lavorativa, nei tempi e luoghi di lavoro?

Nel gestire l’attuale emergenza, la maggior parte delle aziende si è focalizzato sugli aspetti tecnologici, dall’accesso da remoto alla rete aziendale (74%) alla fornitura di dispositivi elettronici (39%) all’organizzazione di video-conferenze (63%) e formazione in remoto per utilizzare al meglio le tecnologie (39%) mentre solo una minima parte delle aziende ha introdotto o esteso strumenti gestionali, quali revisione dell’organizzazione (36%), formazione manageriale (19%) o l’introduzione di una gestione per obiettivi (11%), tutti strumenti importanti per veramente implementare e sfruttare al meglio lo smartworking.

La maggior parte delle persone hanno affrontato questo cambiamento in modo positivo e propositivo, adattandosi in tempi rapidi alla nuova
situazione nonostante che il 52% degli intervistati ha dichiarato di avere avuto difficoltà nell’applicare questa modalità: soprattutto nella gestione famigliare (23%, esempio figli minorenni), seguito da difficoltà gestionali-relazionali (22%) ed infine problemi tecnici da superare (18%). Due terzi degli intervistati sono convinti che alcune delle misure operative prese in questo periodo resteranno: oltre il 37% degli intervistati è convinto di rimanere in smartworking, altrettanti sono “in forse”.

Oltre il 80% di chi lavora in smartworking ha scoperto i vantaggi di questa modalità, soprattutto una volta “superato” le difficoltà iniziali tecnici e trovato un modo per organizzarsi al meglio “a casa” soprattutto per il “guadagno di tempo” ottenuto eliminando gli spostamenti e usato per poter meglio conciliare lavoro e famiglia. Da migliorare invece l’organizzazione propria: quasi un quarto delle persone non evidenzia un vantaggio nella autogestione (orari di lavoro, luogo), e ben il 27% dichiara di lavorare in modo meno efficiente in
smartworking.

Figura 2. Probabilmente, anche al termine dell’emergenza, continuerò a lavorare almeno in parte in smartworking / da casa.

Valerie Schena Ehrenberger, fondatore di Valtellina Lavoro, commenta così i risultati della ricerca: “Lo stato di emergenza è stato gestito molto bene, la proprietà e il management hanno svolto un ruolo importante, i dipendenti e collaboratori si sono adattati in modo proattivo ai cambiamenti e hanno così permesso – dove possibile – una continuità del business. Dal sondaggio però emerge, che nella maggior parte delle aziende proprietà e management non hanno cambiato il loro stile di leadership – indispensabile una volta superato il momento di emergenza e crisi”. Nell’affrontare la fase 2, “al primo posto si pone la cultura aziendale, che deve cambiare per accogliere i vantaggi di questa modalità come ne sono convinti il quasi 60% degli intervistati. Ne fanno parte chiare regole e linee guida, tool concreti ed una organizzazione adeguata, ma soprattutto una leadership innovativa in grado di gestire e motivare non più persone, ma personalità anche a distanza. La sfida del futuro sarà quindi soprattutto culturale“.

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