Innovazione
La rivoluzione della Smart Home, la casa comoda, sicura e più sostenibile
Nel 2020 il mercato della Smart Home in Italia vale circa 566 milioni di euro, in lieve decrescita rispetto al 2019 (-6 percento) a causa del Covid, ma con crescita futura stimata del 26 percento l’anno fino a superare 1 miliardo al 2023, in conseguenza di una nuova attenzione alla casa da parte degli italiani anche per effetto dei comportamenti post-Covid. È questa una delle evidenze emerse dal rapporto Smart Home Internet of Things nelle case italiane, elaborato dal Centro Studi TIM e presentato questa mattina nel corso di un evento online che ha visto la partecipazione di Carlo Nardello, Chief strategy, business development & transformation officer di Tim, Luca Josi, direttore Brand strategy, media & multimedia entertainment Tim e Lorenzo Fogli, responsabile Tribe devices Tim.
L’azienda di telecomunicazioni punta (oltre a prevedere il miglioramento del business tradizionale, allo sviluppo della fibra con Fibercop, il cloud e maggiori investimenti su Timvision) anche a dedicarsi attivamente attraverso e grazie al suo Centro Studi a diffondere e creare maggiore consapevolezza nel paese rispetto a contenuti e soluzioni che possono migliorare la qualità di vita e avere un impatto positivo sull’ambiente, come la smart home. Si tratta di un’abitazione dotata di uno o più dispositivi interconnessi per l’automazione della casa, collegati al web e comandabili da remoto.
«La ricerca sulla Smart Home, che abbiamo elaborato con il Centro Studi TIM, evidenzia come la disponibilità di una casa intelligente, connessa con la banda ultralarga e dotata dei moderni dispositivi di domotica, non solo rende più comoda e sicura la vita di chi vi abita ma contribuisce a migliorare l’ambiente supportando anche la transizione ecologica del Paese» spiega Carlo Nardello. Le smart home, rivela il rapporto di Tim, possono contribuire a ridurre in maniera significativa il consumo energetico delle famiglie italiane e quindi le emissioni di CO2. In particolare, i sistemi di controllo e monitoraggio dei consumi energetici possono generare un risparmio fra i 3 e i 3,5 miliardi di euro annui se usati in maniera massiva. Una riduzione del 10-15% dei consumi elettrici nazionali domestici legata ai dispositivi di energy management può portare inoltre ad una riduzione complessiva di CO2 di circa 1,7- 2,5 milioni di tonnellate l’anno.
«Si tratta di un mercato ad elevata potenzialità che stimiamo raddoppierà il giro d’affari in pochi anni in Italia, fino a superare il miliardo di euro entro il 2023. Con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei clienti, vogliamo porre l’accento sull’Internet of Things nella convinzione che la connettività sia un abilitatore di servizi, applicazioni e tecnologie. La smart home rappresenta un banco di prova fondamentale per questo mercato e noi siamo impegnati per ricoprire un ruolo di primo piano», conclude Nardello.
E il mercato peraltro, sembra essere in via di espansione, complice la pandemia. Se da un lato, infatti, si sono venduti meno oggetti smart, dall’altro sono stati venduti però ad un numero più ampio di famiglie rispetto al passato. Passiamo molto più tempo a casa, anche e soprattutto a lavorare. Secondo Luca Josi la smart home costituisce la terza rivoluzione storica del vivere quotidiano, la rivoluzione della connessione. «Oggi si apre una stagione in cui questi oggetti dialogano tra di loro, e completano la nostra vita quotidiana ottimizzandola e portandola a livelli che ancora non riusciamo a immaginare, perché la cosa straordinaria di questa cavalcata è che è chiaro il punto di partenza ma scopriremo solo giorno dopo giorno le novità», afferma Josi.
A fare da traino sono gli smart speaker, altoparlanti dotati di assistenti vocali, che hanno registrato una vertiginosa crescita negli ultimi due anni (+59% nel 2019, +11% nel 2020). Tra gli altri dispositivi interconnessi per l’automazione della casa, collegati al web e gestibili da remoto, ci sono gli elettrodomestici smart piccoli e grandi e i dispositivi di controllo e connettività locale, quali gateway e hub, prese smart e comandi. Ma c’è spazio anche per telecamere, sensori e altri sistemi di sicurezza e protezione fino a home entertainment, illuminazione smart e sensori per migliorare il comfort domestico, sistemi e prodotti per il controllo dei consumi energetici domestici.
A guidare la classifica dei principali paesi europei per diffusione degli oggetti smart nelle case è il Regno Unito, dove per ogni 10 case ci sono 18 oggetti smart. Seguono la Germania (16 oggetti) e la Francia (12). Con 6 oggetti smart ogni 10 case, inoltre, l’Italia precede la Spagna che ne registra solo 4. Possiamo migliorare, insomma.
Per il 90 percento degli italiani intervistati da Doxa dopo il lockdown la casa è in cima alla lista delle priorità, ma quasi la metà degli italiani (48 percento) non è pienamente o è solo parzialmente soddisfatto della propria abitazione, con una differenza legata all’età e al reddito oltre che alla tipologia di casa e al titolo di godimento dell’immobile. Il 23 percento degli italiani ritiene che la casa ideale è quella tecnologica, con un collegamento Internet veloce e stabile, è connessa con il Wi-Fi e controllabile dall’esterno attraverso lo smartphone, con sistemi di sicurezza avanzati e rilevatori di perdite e guasti.
La pandemia ha segnato e cambiato profondamente il nostro rapporto con la casa. Molte famiglie italiane hanno riconvertito le proprie abitazioni in uffici, aule per la didattica a distanza e perfino in palestre dove poter svolgere attività fisica. Grazie agli incentivi statali per l’efficienza energetica e alla diffusione delle connessioni broadband e ultrabroadband nel paese, inoltre, sembra essere aumentata la consapevolezza dei consumatori sugli oggetti smart nelle case. La permanenza prolungata nella propria abitazione durante il lockdown, spesso connessa al fenomeno dello smart working, ha stimolato il ripensamento degli spazi domestici in ottica smart, tanto che il 46 percento degli intervisti vorrebbe apportare modifiche alla propria casa, il 16% lo farebbe per migliorarne le dotazioni tecnologiche, mentre l’11% per aumentarne l’efficienza energetica. E il fenomeno ha riguardato anche le aree meno abitate del paese.
L’interesse per la “casa intelligente” è quindi aumento. Secondo una ricerca effettuata per Energy@Home raccoglie l’interesse dell’85 percento della popolazione. I principali driver di acquisto sono la ricerca del benessere, dell’efficienza e della sicurezza e la presenza in casa di almeno un oggetto smart cresce all’aumentare dei componenti della famiglia, dal 28 percento del single fino al 56 percento di un nucleo di almeno cinque persone, mentre la propensione al primo acquisto sembra variare intorno al 40 percento in modo meno sensibile, con un picco del 48 percento per nuclei familiari di tre persone. In altri termini, le famiglie con figli, più giovani e mediamente più istruite hanno già almeno oggetto smart home. Con l’aumentare della numerosità del nucleo familiare aumenta la propensione ad avere oggetti smart. Al contrario i non interessati sono più numerosi tra i single. E, ovviamente, chi ha una connessione dati stabile e veloce possiede più facilmente un oggetto smart.
La smart home, inoltre, dà valore al mercato immobiliare ed è un fattore trainante anche del mercato assicurativo. Si è disposti a pagare fino al 3 percento in più per l’acquisto di una nuova casa e ad assicurarla.
Ma c’è un tema che preoccupa gli italiani: la privacy, in particolare rispetto agli smart speaker che ascoltano e apprendono dall’interazione con le persone e che abitualmente vengono collocati in salotto, cucina e perfino in camera da letto. Anche per questo motivo si arricchisce il livello di sicurezza delle nuove tecnologie di connessione wireless tramite le quali i dispositivi della smart home si scambiano le informazioni (es. standard WiFi 6), si sperimentano nuove soluzioni assicurative e si rafforza il livello di sensibilizzazione dei cittadini attraverso campagne informative mirate delle istituzioni europee e nazionali.
In parallelo stanno nascendo anche start-up che cercano di avvicinare le famiglie alla domotica, selezionando tecnologie e servizi con un approccio integrato (dall’installazione, alla cybersecurity) che risponde alle specifiche esigenze abitative delle singole famiglie.
«Molte soluzioni sono gestibili attraverso un collegamento wireless molto semplice per cui si tratta di conoscere e capire quali sono le regole e adottarle. È possibile però anche affidarsi a un esterno, un esperto e questo lo vediamo dai consumi. Il canale degli installatori nel mondo della smart home è il primo in termini di fatturato e la maggior parte degli italiani chiede a un esperto la creazione di questo tipo di soluzioni anche se nel 2020 è stato il canale online ad avere maggiore successo. Da una parte il consumatore si muove autonomamente, dall’altra chi è meno pronto si rivolge agli installatori. Sono soluzioni che richiedono interventi strutturali ma non sempre: oggi la possibilità di trasformare la propria casa in una smart home è raggiungibile da tutti, anche investendo circa trecento euro», spiega Fogli.
Nello stesso momento è necessario affrontare anche i temi legati all’integrazione di dispositivi e soluzioni proprietarie attraverso una maggiore interoperabilità dei sistemi e dei prodotti di domotica delle diverse aziende produttrici. Un primo passo importante in questa direzione è rappresentato dall’accordo raggiunto a fine 2019 dai tre colossi Amazon, Apple e Google in collaborazione con la Zigbee Alliance (Progetto CHIP Connected Home over IP), che annovera tra i suoi membri non solo imprese digitali ed elettroniche, ma anche di settori dell’arredamento (come ad esempio IKEA) e dell’illuminazione, comparti storici del Made in Italy. Per non perdere competitività nel mercato, anche le imprese italiane di settori storici dovranno riuscire a fondere design e qualità con l’innovazione digitale e proporre soluzioni per il segmento delle smart home.
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