Innovazione

L’Italia deve investire in start-up come Israele. Intervista a Tony Gherardelli

6 Marzo 2018

«Il ritmo di crescita delle startup in Italia è pari a quello del resto del mondo tuttavia con esiti diversi». Ad affermarlo è Tony Gherardelli, Head of Innovation Promotion dell’Innovation Center Intesa Sanpaolo, che di innovazione si occupa ormai dal 1995. Docente e giornalista, passando per Telecom Italia, Gherardelli è stato direttore marketing di I.Net, Kataweb, Internet Company del Gruppo L’Espresso per poi approdare con la stessa carica al Gruppo Inferentia DNM, ora Fullsix. Si è occupato dell’agenzia Gas Communication come managing director e partner e nel 2007 è diventato amministratore delegato di Quintessentially Italia, filiale italiana della multinazionale leader al mondo nei servizi di personal concierge. In seguito alla sua partecipazione, durante il Brains day de Gli Stati Generali dello scorso primo dicembre, al tavolo “Mentes et manus: un dialogo umanista tra design, tecnologie, artigianato e manifattura”, con il nuovo anno agli abbiamo posto qualche domanda sullo stato dell’innovazione nel nostro Paese.

L’Italia è un paese per innovatori?

Il ritmo di crescita delle startup in Italia è pari a quello del resto del mondo tuttavia con esiti diversi. Nel nostro Paese alcuni fattori rendono critica la vita delle startup, tra cui pochi investimenti in venture capital, un sistema industriale non aperto all’innovazione tramite investimenti in startup, un sistema di incubatori atomizzato, una cultura nazionale che valorizza poco il rischio e soprattutto il fallimento, vero motore invece dell’innovazione tipica da Silicon Valley, dove se non sei fallito almeno una volta vuol dire che non ci hai mai provato.

Tuttavia, i recenti provvedimenti governativi nel piano Impresa 4.0 a favore degli investimenti innovativi in digital transformation stanno provocando un ritrovato interesse che fa ben sperare per l’immediato futuro.

Intesa Sanpaolo, come indicato più volte dai vertici del Gruppo, vuole dare spazio ai sogni delle persone e all’imprenditoria medio piccola, che si vede poco ma che conta molto per il nostro Paese. Intendiamo continuare a essere il motore dell’innovazione e della crescita del tessuto imprenditoriale italiano, sostenendo nuove idee e nuove aziende, promuovendo l’Open Innovation e l’interscambio tra nuovi e vecchi imprenditori anche attraverso le competenze dell’Innovation Center e del relativo fondo di Corporate Venture Capital Neva Finventures.

Quale è il modello di innovazione a cui potrebbe ispirarsi l’Italia?

Anni fa il fenomeno delle startup cominciava a strutturarsi in tutta Europa. Allora Paesi come la Francia, la Spagna, e in qualche misura anche la Germania partivano da condizioni simili. Ma oggi, mentre in quei Paesi si investono miliardi di euro in aziende innovative capaci di generare fatturato e posti di lavoro altamente qualificati, in Italia gli investimenti sono rimasti ancorati intorno ai cento milioni l’anno, 110 nel 2017. Oltre i confini europei, dopo la Silicon Valley, altro esempio è Israele con oltre 2,7 miliardi di dollari di investimenti destinati al settore e circa 2.700 startup presenti nella sola città di Tel Aviv.

Per l’Italia, è necessario rafforzare il posizionamento dei venture capitalist come sostenitori dello spirito imprenditoriale italiano, aprire il mondo delle imprese tradizionali alla open innovation, favorire l’interscambio tra “nuovi” e “vecchi” imprenditori, sensibilizzare il paese ai temi dell’imprenditorialità e dell’innovazione come fattore critico di sviluppo economico e sociale, adottare degli strumenti che facilitino gli investimenti in startup, come un fondo di investimento che faccia da supporto agli investimenti degli operatori istituzionali di venture capital, così da portare maggiori risorse alle aziende, e consentirne una crescita di mercato più solida e proficua.

Cosa fa la banca per promuovere l’innovazione sul territorio e nel tessuto di Pmi clienti attive nel mondo della manifattura?

Il tessuto di Pmi in Italia è rappresentato per un 67% da imprese individuali. L’ambizione del nuovo Innovation Center di Intesa Sanpaolo è quella di rappresentare una leva per accelerare lo sviluppo economico delle imprese italiane con specifico riguardo ai mega-trend della nostra società attraverso i quali si svilupperanno sempre più le nostre attività l’Industry 4.0 e l’Economia Circolare. Attraverso un network di specialisti sul territorio ed una serie di piattaforme digital e non che fanno da punto di contatto per favorire l’incontro e lo scambio in chiave di sviluppo tra startup tecnologiche e clienti alla ricerca d’innovazione.

In che modo la banca fa innovazione al proprio interno?

Innanzitutto favorendo uno sviluppo della cultura dell’innovazione che è il primo presupposto per creare un orientamento all’innovazione nei dipendenti di tutto il Gruppo. Dal 2014 le diverse aree che si occupavano d’innovazione all’interno di Intesa Sanpaolo sono state riunite in un Innovation Center che facesse sintesi delle diverse esperienze definendo una strategia organica per aumentare il posizionamento del Gruppo e l’impatto di alcune scelte. L’innovazione in Intesa Sanpaolo rappresenta da un lato uno strumento al servizio delle Business unit del Gruppo per favorire l’innovazione incrementale di prodotti e servizi che aiutino la banca ad essere sempre più competitiva e vicina ai clienti, dall’altro guardando, in un orizzonte prospettico di medio-lungo termine, all’evoluzione dei modelli di business della Banca e dei suoi clienti nelle varie industry.

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Nell’immagine di copertina Tony Gherardelli durante il Brains day in Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

 

 

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