Innovazione
Impatto sociale: meglio tetris o space invaders?
L’impatto sociale rimane un ottimo argomento di confronto – e anche di scontro – tra gli addetti ai lavori del terzo settore italiano. Complice la riforma normativa che l’ha introdotto come criterio per valutare l’efficacia di questi soggetti (in particolare di quelli di natura imprenditoriale e di dimensioni maggiori). Ma complice anche la strategia adottata da un numero crescente di attori filantropici e finanziari rispetto alle modalità di assegnazione delle risorse. Inoltre esiste un’esigenza interna a molte organizzazioni sociali, soprattutto mature, di fare il punto della situazione rispetto agli effetti generati nel corso del tempo e a un raggio più ampio rispetto a quello rappresentato dai beneficiari diretti delle loro attività, in un quadro in cui la loro legittimazione è sempre più messa in discussione dalla “pancia del paese” soprattutto per quanto riguarda la capacità di fare la differenza in senso migliorativo. Bastano queste (e forse anche altre) ragioni per rinfocolare un dibattito che di solito parte dalle definizioni per poi passare alle metriche risalendo la corrente fino a questioni strategiche che delimitano il perimetro – spaziale, temporale, settoriale – della misurazione e gli effetti di quest’ultima in termini di apprendimento a livello organizzativo e soprattutto di policy.
Da questo punto di vista si possono riconoscere due approcci sottostanti all’impatto sociale e che si possono ricondurre, pur con il rischio di semplificare troppo, a due video game generazionali: space invaders (nato ormai 40 anni fa) e il più giovane (ma di poco) tetris (35). La metafora di space invaders è quella dell’impatto come intenzionalità radicale che rompe gli schemi puntando a generare mutamenti di sistema. Una spinta che viene soprattutto da settori sociotecnologici ed economici mainstream che mirano a realizzare un “salto di paradigma” non riassorbibile dalle dinamiche che caratterizzano questi stessi ambiti. Da qui, ad esempio, le indicazioni a superare, grazie a un esplicito orientamento impact, gli approcci tradizionali alla responsabilità sociale, modificando alla radice le catene di produzione del valore delle imprese for profit. La metafora di tetris è invece più in voga tra soggetti del terzo settore e degli attori locali e si basa sull’integrazione di apporti esistenti raggiungendo obiettivi di natura trasformativa attraverso l’accostamento di diversi building blocks che corrispondono a bisogni, risorse, attività solitamente rilevabili e reperibili a corto / medio raggio.
I modelli sono molto diversi nella logica di funzionamento: il primo animato da intenti disruptive (tipici dell’agire pulsionale del capitalismo), il secondo invece è incrementale (con un rimando al passo lento dello sviluppo locale). Hanno entrambe, ovviamente, punti di forza e di debolezza: il modello space invaders ha il merito di creare le condizioni per cambiamenti inediti ma quindi incerti e dagli esiti rischiosi (e per di più in una fase già di per sé turbolenta). L’approccio tetris valorizza le risorse dal basso ma può cadere vittima di un approccio conservativo che inverte i fini dell’impatto sociale. Ma forse la vera questione riguarda le condizioni di applicazione: quando e dove si possono apprezzare i vantaggi e minimizzare le fragilità dell’uno e dell’altro. La risposta, una volta tanto, è nello strumento e nella sua cultura d’uso: l’impatto sociale rimanda infatti alla valutazione che come ricordano autorevoli osservatori non significa giudicare ma dare valore. In questo senso, gettando uno sguardo alle progettualità in atto e più in generale al modo in cui si fanno le cose in questo Paese, forse dovremmo alzare il livello di difficoltà di tetris realizzando più velocemente incastri complessi e giocare qualche partita in più a space invaders.
Devi fare login per commentare
Accedi