Innovazione

Il Trentino è la Silicon Valley d’Italia

6 Febbraio 2017

Michele Barbera è il CEO di SpazioDati, startup dietro Atoka. Questo post è sponsorizzato da:

 

Negli ultimi anni varie testate internazionali hanno definito il Trentino una piccola “Silicon Valley”. E in effetti i dati sembrano confermarlo: questo territorio di montagna si sta trasformando nella “Silicon Valley d’Italia”. In particolare, si guardino le due mappe sotto, tratte dal Rapporto Cerved PMI 2016:

Sia chiaro, non si intende certo paragonare un piccolo territorio con un PIL di circa 18 miliardi di euro e una popolazione di neanche 540mila abitanti al colosso californiano dell’innovazione globale; in realtà la Silicon Valley resta un modello inarrivabile non solo per la provincia alpina, ma per qualsiasi altro ecosistema innovativo del mondo.

Piuttosto, si vuole richiamare l’attenzione su una provincia che ha saputo, più di altre realtà, puntare sull’innovazione, la tecnologia e la ricerca come leve per promuovere la crescita e, soprattutto, la creazione di nuove imprese. Emergendo in un panorama nazionale che, nel suo complesso, dovrebbe scommettere di più sull’innovazione (anche se, come si è scritto in un post di alcuni mesi fa, il paese che non innova è ricco di innovatori).

L’Italia infatti investe appena l’1,3% del PIL in ricerca e sviluppo, il più basso livello di spesa tra le grandi economie mondiali, con l’eccezione della Russia; in particolare, è bassa la spesa in R&D effettuata dai privati. In Trentino le cose sono un po’ diverse, dato che qui si investe in ricerca e sviluppo, complessivamente, l’1,8% del PIL; un dato che supera quello italiano, e che non è troppo lontano dalla media europea, pari al 2%.

In questo territorio si è compreso che destinare risorse finanziarie all’R&D significa non solo operare a vantaggio del progresso scientifico e culturale, ma anche stimolare l’economia. Infatti centri di ricerca e innovazione con sede nel territorio come la FBK e il nodo italiano dello EIT Digital, nonché un ateneo d’eccellenza quale l’Università di Trento, sono veri e propri magneti per i giovani talenti tecno-scientifici dall’Italia e dal mondo. E questi, a loro volta, rappresentano dei magneti per le imprese innovative.

Il caso di SpazioDati può essere un (piccolo) esempio di ciò: se abbiamo deciso di aprire qui, ai piedi delle Dolomiti e a 400 chilometri da Pisa, una delle nostre due sedi è proprio in forza della grande concentrazione di ricercatori e tecnologi specializzati in intelligenza artificiale, big data ecc… Perché quando si parla di innovazione, alla fine il capitale umano resta sempre l’asset strategico, tanto per le imprese ICT che per quelle biotech, per le aziende operanti nel settore della meccatronica come per quelle attive nel green tech.

Naturalmente anche la presenza di infrastrutture all’altezza, un mix di politiche economiche e incentivi lungimiranti (ad es. un bando di seed money che si sarebbe rivelato essenziale per il lancio di SpazioDati), una P.A. proattiva e un alto livello della qualità della vita hanno giocato un ruolo significativo nell’“attirarci” in Trentino. Noi, come altri. Capita sempre più spesso di leggere, sulla stampa economica trentina, di investitori italiani o addirittura stranieri che decidono di puntare sulle aziende e gli acceleratori di startup locali. Conferendo nuova linfa a un ecosistema che sta crescendo, tanto in qualità che in quantità.

All’inizio di questo post il lettore ha avuto modo di vedere due mappe. Esse sono il risultato di uno studio che abbiamo realizzato in questi mesi con il nostro socio Cerved Group, allo scopo di fotografare l’ecosistema dell’innovazione italiano. Rispetto alle solite fotografie, in questo caso si è voluto descrivere l’ecosistema nazionale nella sua interezza, senza accontentarsi delle cifre ufficiali, che annoverano solo le startup e le PMI innovative, cioè quelle iscritte nelle apposite sezioni speciali del Registro delle Imprese. Esistono infatti molte newco e PMI che, pur offrendo ai clienti servizi e prodotti innovativi, non figurano nelle sezioni speciali del Registro.

Abbiamo dunque fatto ricorso a due approcci diversi e complementari. Il primo è consistito nell’esaminare le startup partecipate da investitori specializzati in imprese innovative, e censiti da Cerved con Italia Startup; il secondo è consistito nell’usare i big data e le tecnologie semantiche (secondo modalità in parte simili a quelle già viste nel precedente post, dedicato al nostro lavoro nel Regno Unito) per profilare otto cluster innovativi:

1. Big data e internet app
2. Ricerca e sviluppo
3. Modellazione e stampa 3D
4. Software e internet delle cose
5. Mobile
6. Ecosostenibilità
7. Ingegneria e automazione
8. Biotecnologie

In questo modo sono state individuate, nel complesso, oltre 16mila imprese innovative italiane, di cui 12mila tra startup e potenziali startup, e 4mila PMI, come si può vedere più dettagliatamente in questa mappa (cliccarla per approfondire):

Spicca la provincia autonoma di Trento, ma emergono anche altre realtà, quali Torino e Pordenone per le PMI, Trieste e Ancona per le startup. Due elementi meritano di essere citati, in particolare: il primo è che la mappa dell’innovazione coincide, almeno in parte, con quella dei distretti industriali, dove maggiore risulta essere la densità di capitale imprenditoriale e know-how aziendale; la seconda è che le imprese innovative si concentrano in aree del Paese dove esistono fattori di contesto in grado di favorirle (è emersa, per esempio, una correlazione tra la specializzazione di un territorio in startup e le presenza di buone università nella zona). È ciò che succede in Trentino, ma niente impedisce che altre province e regioni seguano l’esempio di questa piccola realtà alpina.

 

La foto in copertina è un panorama della città di Trento realizzato da Franco Visintainer (CC www.wikipedia.org). Michele Barbera, autore di quest’articolo, è il CEO di SpazioDati.

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