Innovazione
Il digitale per seguire la vita liturgica e pastorale
Ricorderemo, presumibilmente senza alcun rimpianto, il 2020 non solo come l’anno della pandemia, ma anche come il tempo che ci ha permesso di comprendere l’importanza della Rete come strumento di studio e di lavoro, come tessuto che ha permesso alle famiglie di restare vicine nonostante le restrizioni alla mobilità ed infine come tecnologia che ha consentito a molti di continuare a partecipare a messe, momenti liturgici e iniziative pastorali che, se non hanno colmato la solitudine che ha invaso le nostre vite, hanno però avuto il merito di mantenere vive le comunità proprio quando le distanze sono apparse più grandi.
Come afferma don Luca Peyron, docente di teologia e coordinatore del Servizio per l’Apostolato Digitale dell’Arcidiocesi di Torino, vi è differenza fra “pastorale digitale” e “apostolato digitale“: molti possono partecipare alla prima curando la newsletter della propria parrocchia o aggiornandone i profili social mentre tutti, come fedeli, siamo ormai chiamati a trasmettere, attraverso la nostra vita online, i valori della fede cristiana. L’educazione al digitale, l’amore per il prossimo – che si presenti come l’interlocutore di una conversazione su Facebook o come il lavoratore che si occupa di evadere e consegnare l’ordine di un acquisto fatto online – ed infine la consapevolezza che, come dice Papa Francesco, la tecnologia mentre la usiamo ci cambia sono parte di un sentiero personale, familiare, comunitario di cui si avverte sempre più il bisogno.
Se è difficile vedere nell’esperienza che abbiamo vissuto un’opportunità – troppo aspri i risvolti umani, economici e sociali ancora lontani dall’essere terminati – questo non significa che non sia il Kairòs, il tempo propizio per la responsabilità, anche di un uso consapevole della Rete e di una evangelizzazione che passa per un modo cristiano di viverla: astenersi dal condividere le notizie false, segnalare le affermazioni dettate dall’odio, assumere comportamenti improntati alla sostenibilità sociale ed ambientale del commercio elettronico sono solo alcune delle azioni che possiamo includere nella quotidianità digitale della nostra vita.
Allo stesso modo, l’apostolato digitale passa dal superare l’idea secondo la quale i “nativi digitali” padroneggino al meglio la Rete perchè vi sono cresciuti dentro: in realtà, l’intuitività con cui se ne servono è merito di chi ha progettato le interfacce degli strumenti che adottano. E’ compito degli adulti – in famiglia e non solo – dare l’esempio e contribuire ad un’educazione al digitale che riguarda tutti così da accrescere la consapevolezza della “realtà”, anzichè della presunta “virtualità”, delle azioni che si compiono online e la cui sottovalutazione può condurre ai fenomeni distorsivi che, dal revenge porn al cyberbullismo, sempre più occupano le pagine di cronaca dei giornali e la vita degli adolescenti.
Il digitale, esattamente come la pandemia, ha un potere trasformativo: la nuova normalità che ci apprestiamo a vivere avrà contorni, sul piano individuale e civile, che richiedono i valori della persona di cui sono portatrici la Chiesa e la comunità dei fedeli.
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