Innovazione

I trasporti del futuro sono già qui…

17 Settembre 2017

«Il futuro è già qui, è solo distribuito male»

William Gibson

 

Il mondo sta cambiando, e anche il settore dei trasporti è destinato a cambiare. I fattori dietro questo cambio di paradigma (probabilmente il più importante dal 1908, anno in cui apparve la storica Ford T) sono molteplici. Di sicuro gioca un ruolo di assoluta rilevanza e urgenza la crescente attenzione per il cambiamento climatico, specie nelle economie avanzate. A ragione si vogliono abbattere le emissioni di gas serra, come l’anidride carbonica (CO2) e il protossido di azoto (N2O). Tra i settori a cui si chiede un cambio di passo ci sono i trasporti, in particolare l’auto.

In Norvegia, per esempio, si sta valutando la possibilità di bloccare o almeno disincentivare la vendita di auto con motore a combustione interna (MCI) per il 2025. In Svezia il ministro per l’ambiente ha chiesto all’Unione Europea di vietare la vendita di veicoli con MCI a partire dal 2030, e una nota azienda locale del settore automotive ha dichiarato che dal 2019 produrrà solo auto elettriche o ibride. Ancora, anche in Francia si è parlato di bloccare le auto con MCI entro il 2040, e sembra che pure il Regno Unito si stia muovendo in quella direzione.

Occorre non cedere alle semplificazioni e alle banalizzazioni. Per esempio, le auto non sono certo l’unica tecnologia umana a emettere i dannosi gas serra. Le grandi navi portacontainer, veri e propri colossi del mare responsabili del commercio internazionale, arrivano a emettere più esafluoruro di zolfo (SF6) e N2O di tutto il parco-auto mondiale, dato che queste navi non usano solo diesel ma il cd bunker, un olio combustibile ad alto tenore di zolfo. Ancora, passare dalle auto con MCI agli EV (electric vehicles) in certi casi potrebbe significare semplicemente “spostare” il luogo di emissione dei gas serra. Infatti anche produrre elettricità può avere gravi effetti inquinanti, ad esempio se si usano centrali termoelettriche alimentate a carbone.

Il mondo però va verso l’auto elettrica, e questo è un fatto. Così come è un fatto che gli EV sono diventati uno dei settori di investimento prediletti dai grandi imprenditori della Silicon Valley, che grazie alle loro importanti risorse finanziarie e tecno-scientifiche hanno conferito fortissimo slancio al settore (anche se, è bene notarlo, i primi rozzi esemplari di EV furono concepiti in Europa alla fine del XIX secolo, e nel 1971 il Lunar Rover utilizzato sulla Luna dagli astronauti americani David Scott e Jim Irwin era, appunto, un EV).

E senz’altro vero che gli EV possono essere cruciali nel rendere più verdi, agibili e salubri le grandi (e piccole) metropoli del pianeta, specie considerando che oggi ormai più di un essere umano su due vive in città (e questo dato potrebbe sfiorare il 70% nel 2050). Non a caso in parallelo con lo sviluppo degli EV ha luogo anche il boom delle bici, elettriche o meno: le cargo bike, ad esempio, sono sempre più utilizzate dalle aziende specializzate nella consegna di merci; in Nord Europa, ad esempio in Germania, si inaugurano autostrade esclusivamente per ciclisti (Radschnellweg); e città come Amsterdam, Berlino o Copenaghen sono ormai più a misura di bicicletta (e pedone) che di auto.

Non è tuttavia solo questione di sostenibilità ecologica. Un altro fattore destinato a cambiare il settore dei trasporti sono le nuove esigenze sociali. Da un lato, come si è detto, il mondo è sempre più urbanizzato: già nel 2020, secondo delle stime, Tokyo avrà quasi 40 milioni di abitanti, Delhi rasenterà i 30 milioni, Pechino i 25 milioni. Megalopoli come queste, già oggi sempre sull’orlo della congestione, non potranno prescindere da trasporti intelligenti, tanto a livello di veicoli privati, che di mezzi pubblici. E questo varrà anche per i centri urbani (assai più piccoli ma sempre più strategici) dell’Occidente.

In Europa e Nord America (ma anche in Giappone, Corea del Sud, e financo la Cina costiera) i grandi temi sono due. Il primo è l’invecchiamento di una popolazione che però non rinuncia, giustamente, alla mobilità. Dall’altro economie avanzate di crescente complessità, dove l’auto viene sempre più percepita come una commodity, non come un asset chiave. Oggi un giovane può spostarsi con facilità anche senza possedere un auto, a differenza di quando ero giovane io, grazie a una vastissima gamma di opzioni: dalla bici (elettrica o normale) ai treni veloci, dal car pooling (concarreggio) ai bus super-economici, sino ai nuovi, e controversi, servizi di trasporto privato. In Giappone, patria di alcuni dei colossi dell’automotive globale, già oggi molti giovani non si degnano neanche di prendere la patente.

Questi trend spingono verso l’automatizzazione dei mezzi di trasporto, e la condivisione degli stessi. E potrebbero confluire in un nuovo mezzo di trasporto che alcuni esperti americani di altissimo livello descrivono con l’acronimo SAEV: shared autonomous electric vehicle. Sia chiaro, queste sono previsioni, e nulla è da dare per scontato. Una lunga fase di prezzi bassi del petrolio, per esempio, potrebbe allungare la vita delle auto con MCI. Gli EV, come ha detto qualcuno, sono batterie su ruote, e quindi le materie prime con cui si costruiscono queste batterie, ad esempio il litio, diventeranno sempre più strategiche.

Credo però di poter dire con una certa sicurezza che nei prossimi venti o trent’anni due concetti spiccheranno nel settore dei trasporti: sostenibilità e intelligenza. Ciò si tradurrà, per esempio, in auto con una minore impronta ambientale, non solo grazie a nuovi tipi di alimentazione ma in virtù di nuovi materiali e nuove modalità di progettazione e costruzione (il CAE, tanto per dire, consente mirabilie); e significherà una progettazione ancora più intelligente dei mezzi, e allo stesso tempo più software ed elettronica a bordo. Aggiungo, ma con un serio beneficio d’inventario, un terzo concetto: personalizzazione. Che potrebbe significare, almeno per i più benestanti, auto sempre più costruite intorno al cliente e ai suoi desiderata, e che tenderanno a trasformarsi in piattaforme hardware da customizzare con il software (e altro hardware).

Ecco perché le aziende del settore dei trasporti, a cominciare da quelle che ruotano attorno al mondo dell’automotive, hanno di fronte a sé sfide immense. Serviranno, io penso, sempre più “fabbriche duttili”: ossia aziende polivalenti, dotate di un’intelligenza multiforme e rapida ad apprendere, multi-specializzate e capaci di unire fortissimi know-how tecnologici con ottime competenze tecniche (e artigiane, per chi opera nelle piccole produzioni), contraddistinte da un approccio flessibile, multidisciplinare e contaminante.

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