Innovazione
Dai social media alle competenze digitali: il futuro digitale della PA
Comunicare è bello, comunicare è semplice.
Vero, ma non sempre. Dipende da cosa e da come si deve comunicare, soprattutto se a farlo deve essere una pubblica amministrazione, la quale non deve trasmettere un’emozione, raccontare una storia, sponsorizzare un prodotto, bensì, ad esempio, informare su un (noiosissimo) nuovo servizio per i cittadini, l’apertura di un cantiere, la firma di un documento.
Pensate se, oltretutto, essa si vede costretta a farlo tramite i social media, ormai uno dei canali più utilizzati dai cittadini per reperire informazioni, ma certamente non usuale per un’amministrazione pubblica.
Comunicare sui social media diventa, infatti, un vero e proprio percorso ad ostacoli per una PA, principalmente per due ordini di motivi fra loro strettamente collegati: il primo è che anche la comunicazione istituzionale deve rientrare all’interno dell’imperituro processo burocratico. Chiaro che quando le regole della macchina burocratica furono fissate dal pensiero weberiano di certo i social media non erano ancora apparsi sulla scena. Avere quindi uno strumento per cui non deve essere firmata nessuna determina o protocollato nessun atto crea sempre dei momenti di ansia fra le pareti delle amministrazioni.
Il secondo motivo è che i social media costringono la pubblica amministrazione ad aprirsi ad un processo di interazione il più delle volte peer to peer, dove la voce del singolo conta quanto la voce di molti, dove la trasparenza è elemento fondante del rapporto, e così la volontà dell’amministrazione di ascoltare e rispondere.
Come far funzionare quindi questo gioco di procedure, equilibri di potere e trasformazioni? Il cerchio si chiude soltanto se la pubblica amministrazione non si sente costretta dagli eventi contingenti ad utilizzare i social media ma riesce a concepirli come un nuovo ed efficace metodo di interazione con la collettività, oltre che di erogazione di un servizio pubblico.
Da questa premesse nasce il gruppo di lavoro PA social che ha come promotore Francesco Di Costanzo, giornalista, direttore della testata cittadiniditwitter.it e collaboratore della Presidenza del Consiglio. Il gruppo conta ormai più di 50 dipendenti delle pubbliche amministrazioni centrali e locali che si occupano di social media e nuova comunicazione all’interno delle loro realtà e trasmettono, attraverso eventi in tutta Italia, il messaggio che “i social e le chat non sono solo un passatempo ma sono uno straordinario strumento di servizio pubblico” (dal libro PA Social. Viaggio nell’Italia della nuova comunicazione tra lavoro, servizi e innovazione).
Ieri, a Reggio Emilia, grazie all’organizzazione del Comune e di Fondazione Ora, si è tenuta una delle tantissime tappe di PA social. Numerosi gli interventi di spessore, da Roberta Maggio, responsabile editoriale del sito e dei social media di Palazzo Chigi, ad Ernesto Belisario, avvocato ed uno dei principali esperti in Italia di trasparenza e Foia, a Valeria Montanari, assessore all’Agenda Digitale di Reggio Emilia, a Gianluca Garro, ufficio stampa di Italia Sicura e tanti altri (qui il programma completo).
Dai racconti di ognuno dei relatori sono emerse delle linee di riflessione comuni che si spingono oltre l’affermazione lapalissiana per cui “la pubblica amministrazione deve stare dove sta il cittadino, ovvero sui social media.”.
Prima fra tutte, suggerita anche dal competente e preciso intervento di Luisa Gabbi, capo ufficio stampa del Ministro Delrio, è che la comunicazione social delle pubbliche amministrazioni centrali è e deve essere notevolmente diversa da quella delle amministrazioni locali, dato che le prime non producono direttamente beni e servizi per cittadini ed imprese. Ecco quindi come nel primo caso diventa preponderante il messaggio istituzionale che si comunica, che deve essere reso allo stesso tempo interessante e coinvolgente. Perché quindi, come detto da Gianluca Garro, non utilizzare lo storytelling per rendere emozionante persino il lavoro di prevenzione del dissesto idrogeologico di Italia Sicura, attraverso l’uso dei social e delle mappe interattive dei cantieri in atto?
Per le amministrazioni locali, invece, fondamentale è rendere i canali social uno strumento di erogazione di servizi al cittadino, oltre che una piattaforma di costruzione di una comunità. Attenzione, infine, a tenere sempre presente che la comunicazione dell’amministrazione deve rimanere nettamente separata dalla comunicazione del livello politico dell’ente.
La seconda riflessione è quella suggerita da Dimitri Tartari, coordinatore dell’Agenda Digitale dell’Emilia Romagna: i social media sono, oltre che un canale di informazione e di dialogo, un mezzo per connettere attori diversi e creare reti. Le nuove infrastrutture fisiche e digitali, come suggerito da Fabio Malagnino, Digital Officer del Consiglio Regionale del Piemonte e socio di RENA, ci portano infatti a ripensare il nostro concetto di confini e, conseguentemente, quello di comunità. Tramite la tecnologia è quindi possibile per la PA farsi piattaforma abilitante nella costruzione di network che coinvolgano cittadini, imprese, associazioni, fondazioni, enti non-profit, a seconda delle esigenze di policy e di servizio.
Inoltre, riflessione imprescindibile è quella di immaginare e realizzare un unico punto di riferimento per tutta la comunicazione istituzionale di ogni pubblica amministrazione: un ufficio che abbia una visione strategica e d’insieme della gestione coi media, dalla stampa, ai social, ai siti web.
Infine da ultimo, ma non per importanza, il pilastro su cui si regge qualsiasi ragionamento sin qui presentato: senza colmare il gap di competenze digitali attualmente presente, sia nella società che all’interno delle pubbliche amministrazioni, ogni considerazione sin qui espressa perde completamente di valore, come convintamente affermato anche dall’assessore al comune di Reggio Emilia, Valeria Montanari.
Proprio per questo motivo, durante la tappa di ieri di PA social, RENA ha simbolicamente lanciato il progetto emPAtia, per una formazione innovativa dei dipendenti pubblici che porti un cambiamento di mentalità e cultura all’interno della pubblica amministrazione.
Il progetto prevede tre azioni: una prima di esposizione, ovvero un outdoor training, organizzato in luoghi densi di innovazione, per decontestualizzare, ispirare e sviluppare capacità gestionali, decisionali e di leadership.
Una seconda fase di immedesimazione, un gioco di ruolo finalizzato a far conoscere e sperimentare «in prima persona» ai partecipanti i luoghi e le procedure su cui il proprio lavoro produce effetti tangibili, al fine di comprendere e apprezzare l’importanza del proprio lavoro.
Infine, come ultima la fase, sfruttando l’idea della celebre policy dell’alternanza scuola-lavoro, è stata concepita una vera e propria Alternanza PA-Paese: capitalizzando le esperienze delle precedenti azioni, si formulerà una proposta di policy per l’istituzionalizzazione di percorsi obbligatori di formazione dei dipendenti pubblici nel mondo esterno all’amministrazione e, se possibile, anche viceversa.
La volontà di RENA e di questo progetto è quella di far immergere i nostri public servants nella realtà quotidiana di cittadini e imprese, per renderli nuovamente e fortemente consapevoli di quanto sia fondamentale il loro lavoro nella vita delle persone. Ridare valore al ruolo dei dipendenti pubblici nella società e calarli all’interno di realtà innovative è un primo passo, insieme a tutti gli altri strumenti di formazione già in atto, per andare a colmare quel gap di competenze e di visione senza cui un reale cambiamento di passo della PA verso un futuro più digitale è impossibile.
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