Innovazione
Cosa ho imparato dopo tre settimane di webinar su Zoom e Meet
Da formatore professionista ho negli anni utilizzato molti software per organizzare ed erogare webinar, da Gotowebinar a Skype, da Microsoft Teams a Webex di Cisco, ma – come sa chiunque abbia partecipato in questi giorni a corsi e persino aperichat – i due software che vanno per la maggiore sono Hangout Meet di Google e Zoom, entrambi meritevoli di aver esteso le proprie funzionalità di fronte all’emergenza sanitaria oltre ad aver garantito la stabilità del sistema al crescere enorme dell’utilizzo: il CEO di Cisco Italia ha dichiarato che il Coronavirus ha prodotto un traffico superiore del 5.022%.
Anche chi vi accede dal cellulare dopo aver scaricato la app può partecipare alle videoconferenze, ma Meet riserva la condivisione dello
schermo e l’uso della chat solo agli utenti che lo usano un computer: la partecipazione attraverso un semplice link, senza il bisogno di un account Gmail o il download di file, rende pertanto questo software adeguato ad un’aula che consti di un massimo di 25 partecipanti. L’integrazione con Google Drive (su sui vengono registrati i video) e con Calendar lo rendono inoltre familiare ai più e quindi adeguato ai partecipanti meno avvezzi alla formazione a distanza.
Zoom richiede invece sempre il download di un file e, nella versione gratuita, permette di fare videochiamate con un massimo di 100 partecipanti (fino a 300 con 19 euro al mese). Le video-chiamate tra due persone hanno durata illimitata mentre quelle di gruppo si interrompono dopo 40 minuti, ma si possono far ripartire subito dopo. Anche Zoom consente agli utenti di partecipare attraverso un link o un codice numerico e permette di condividere il proprio schermo facilmente con il browser e una presentazione. Avere un doppio schermo aiuta a gestire al meglio la presentazione e la gestione della chat.
Fra le funzionalità che rendono Zoom più adeguato alla gestione di un webinar allargato vi sono:
– la facilità di registrazione del video, a disposizione su Hangout solo degli amministratori della Google Suite;
– la condivisione contemporanea degli schermi da parte di più partecipanti che possono peraltro essere silenziati dall’organizzatore;
– l’integrazione di una lavagna su cui scrivere, elemento che, in ogni aula di formazione, salva chi presenta poichè consente di evidenziare un ragionamento che non si era tradotto in una precedente slide;
– la possibilità di “pinnare” un partecipante;
– l’uso di background virtuali se si ha un greenback a disposizione;
La buona gestione di un webinar però non è solo una questione di software. Così come deve essere rispettato un codice di condotta per partecipare ad un’aula di formazione (per esempio, non uscire continuamente per rispondere alle telefonate o dilungarsi negli interventi) così occorre, anche da parte di chi li organizza definire alcune regole:
– inviare precedentemente la lista dei requisiti e della dotazione necessaria (es. il microfono e le cuffie, il download della app, …)
– condividere una netiquette da seguire: fare una domanda via chat prima di richiedere di intervenire in video, disattivare la webcam per ridurre il traffico dati, …);
– essere consapevoli del fatto che solo le versioni avanzate dei webinar restituiscono dati di accesso e partecipazione: Gotowebinar avverte per esempio del passaggio ad un tab diverso del browser da parte degli studenti;
– supportare il relatore con le buone pratiche da seguire: il check-in e l’accoglienza di chi entra prima dell’inizio, l’uso di oggetti di scena e
la pulizia di ciò che si proietta, la giusta luminosità dell’ambiente e la coerenza con il messaggio che vuole dare chi presenta, l’equilibrio fra
slide e volto e fra momenti frontali e momenti interattivi, la sospensione del meeting con fasi di esercitazione individuale.
Per concludere, un buon webinar richiede un check-out al termine del corso: è la stretta di mano, in questo caso digitale che ogni bravo formatore sa essere la vera conclusione della giornata: come diciamo noi di The Vortex, “non conterà infatti solo ciò che avrai detto, ma come li avrai fatti sentire”.
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