Industria
La Stampa 3D è la rivoluzione che serve alle PMI manifatturiere italiane
Il manifatturiero additivo ha rivoluzionato, e sta continuando a rivoluzionare, il globo. Tutti noi ricordiamo la visionaria copertina del settimanale Economist, che con la consueta lungimiranza nel 2012 annunciava nientemeno che la “third industrial revolution”; la testata più iconica del Regno Unito, patria della rivoluzione industriale nel ‘700, riconosceva che una nuova, potente trasformazione si accingeva a cambiare le nostre vite, e milioni di imprese manifatturiere (e non solo) in Europa e negli altri continenti.
È trascorsa più di una decade da quella copertina profetica, ma il manifatturiero additivo non è per nulla “invecchiato”. Quella che molti chiamano Stampa 3D ha saputo evolvere, trovando degna accoglienza in ogni economia manifatturiera, in ogni hub dell’innovazione: da Boston a Singapore, da Dresda a San Paolo. E dal momento che l’Italia, la terra del Rinascimento, è uno dei grandi paesi manifatturieri dell’Occidente, a dispetto di chi da tempo intona un gramo de profundis per il nostro preziosissimo patrimonio industriale, ecco che il manifatturiero additivo ha messo profonde radici anche noi, crescendo grazie a un humus di creatività e sapienza tecnica che ha pochi rivali nelle altre nazioni.
Il manifatturiero additivo ha portato in Italia al moltiplicarsi dei fablab, fucine hi-tech per studenti universitari, tecnologi, designer, startupper, professionisti e “smanettoni”, dove le stampanti 3D (e le frese a controllo numerico, e gli scanner 3D, e computer di ogni tipo) sono a portata di mano, per trasformare in realtà intuizioni, idee e progettualità. E nelle grandi/grandissime aziende il manifatturiero additivo ha trovato ampio spazio, giacché le large corporates sono per natura inclini ad accogliere l’innovazione, e hanno le risorse per farlo.
Ma poiché è arcinoto anche a chi frequenta poco le aziende che l’economia italiana si regge sulle PMI (le quali, a dispetto delle dimensioni contenute, sono miniere inesauribili di genio e capacità di innovare), per capire dove si colloca l’Italia nello scenario plasmato dalla rivoluzione del manifatturiero additivo bisogna confrontarsi con chi, in purezza, tutti i giorni lavora con le piccole e le medie imprese della nostra lunga penisola.
Simona Arena è manager e cofondatrice di PUNTOZERO 3D, una startup innovativa che si occupa di progettazione per il manifatturiero additivo che è sita a Milano, metropoli che per secoli è stata industriale e che, dopo la sbornia della finanza e dell’edilizia, sta riscoprendo in questi ultimi anni la sua vocazione artigiana e demiurgica a tutto tondo. Conferma quanto ha anticipato Boschetti: «Fino a pochi anni fa le tecnologie di Stampa 3D erano principalmente utilizzate da settori come l’aerospace e l’automotive, mentre oggi anche settori come la moda, l’arredo, il medicale utilizzano queste tecnologie sfruttandone l’enorme potenziale. Infatti qualunque settore industriale necessita di innovare prodotti e processi produttivi e la Stampa 3D può essere strategica poiché permette di innovare il prodotto creando forme impossibili da realizzare con tecnologie tradizionali e il processo produttivo rendendolo lean e più sostenibile grazie all’assenza di attrezzature, alla possibilità di delocalizzare la produzione e di produrre anche pezzi singoli».
Anche Arena sottolinea con grande forza che il manifatturiero additivo non è e non deve essere prerogativa delle large corporates: «Esistono stampanti per tutte le tasche e nel caso non si avesse la possibilità di internalizzare una tecnologia si può sempre ricorrere ai service, sempre più numerosi e competitivi. L’unico limite che vedo oggi è la possibilità per le aziende di comprendere e conoscere lo stato dell’arte (tecnologie, materiali, software); per questo motivo anche un’attività consulenziale è indispensabile per chi approccia per la prima volta questo mondo».
Fino a qualche anno fa «l’utilizzo della Stampa 3D rappresentava una leva di marketing; oggi è sempre più frequente l’utilizzo di questa tecnologia per risolvere problematiche produttive, migliorare i prodotti e innovare», nota Arena. La copertina succitata dell’Economist non è più, pertanto, solo l’ennesimo colpo di genio del più influente settimanale del globo, bensì la fotografia di una realtà concreta, che prende corpo ogni giorno nei capannoni della provincia lombarda e nelle fabbriche e fabbrichette che punteggiano la Pianura padana, la cintura romana, la costa adriatica – la testimonianza che le rivoluzioni avvengono anche qui, in Italia, e non occorre prendere un aereo e volare in Silicon Valley o a Pechino.
Le parole di Arena rincuorano, perché in un’economia globalizzata e che corre sempre più frenetica verso nuovi, sfidanti orizzonti, il fatto che le PMI italiane siano “sul pezzo”, per rifarsi al gergo manageriale, è un bel segnale per tutti. E proprio sul futuro Boschetti osa fare una previsione di grande interesse: «L’integrazione con l’Intelligenza Artificiale sarà una frontiera che già il manifatturiero additivo sta già iniziando a percorrere. Sempre più software necessari alla pianificazione preliminare della Stampa 3D iniziano ad avere algoritmi in grado di analizzare la geometria del pezzo da realizzare e suggeriscono i migliori parametri. Nella preparazione della Stampa 3D oggi è richiesto all’operatore di scegliere e inserire molteplici parametri (relativi al materiale e alla funzionalità che l’oggetto avrà) la cui combinazione concorre al risultato finale (se il componente deve avere uno specifico profilo estetico, oppure sopportare uno stress meccanico o essere perfettamente in linea con le tolleranze del disegno). Immagino un futuro non molto lontano in cui l’IA sarà in grado di analizzare le innumerevoli combinazioni di questi parametri e suggerire quelli che nel loro insieme garantiscono un risultato finale ottimizzato e che possa rispondere all’esigenza specifica da soddisfare».
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