Borsa
Nell’interesse di chi vengono decise le strategie di Pirelli?
L’Opa “cinese”su Pirelli dovrebbe è ufficialmente allo studio e il controllo del gruppo italiano di pneumatici rischia così di passare a un grande gruppo cinese, la China National Chemical Corporation. La conferma è arrivata dalla stessa Camfin, la holding che detiene il 26,13% di Pirelli. «Sono in corso trattative con un partner industriale internazionale per un’operazione relativa alla partecipazione detenuta da Camfin in Pirelli», si legge in un comunicato diffuso nella mattina di venerdì 20, su richiesta della Consob. L’operazione comporterà «il trasferimento dell’intera partecipazione detenuta ad un prezzo di 15 euro per azione a una società italiana di nuova costituzione», controllata dal partner cinese con un contestuale reinvestimento di Camfin nella stessa società. Una volta perfezionato il trasferimento, verrebbe lanciata un’Opa sulla totalità delle azioni di Pirelli. Nel complesso l’operazione valorizzerebbe Pirelli di 7,3 miliardi di euro, includendo nel computo anche le azioni di risparmio, mentre la sola Opa avrebbe un controvalore di 5,4 miliardi. [aggiornamento alle ore 9.15 di venerdì 20]
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Con un fatturato di 6 miliardi di euro e quasi 40mila dipendenti, il gruppo presieduto da Marco Tronchetti Provera è fra i leader mondiali nella produzione di pneumatici di alta gamma. Ma questo non sembra essere un titolo sufficiente perché un’azienda di tali dimensioni e prestigio possa sottrarsi alle capriole finanziarie che il suo presidente è costretto periodicamente a compiere pur di continuare a regnare incontrastato pur con una quota di ultra minoranza: smontando la piramide, Tronchetti avrebbe circa il 5 per cento.
La notizia, riportata dal Corriere, è che Pirelli sarebbe destinata a finire sotto offerta pubblica di acquisto lanciata dagli attuali soci di controllo riuniti nella holding Camfin cui fa capo il 26,19% della società operativa. Vale a dire – oltre a Tronchetti e le famiglie Rovati e Sigieri – le banche Intesa Sanpaolo e Unicredit, più la russa Rosneft: insieme hanno il 26,19% della Pirelli tramite la holding non quotata Camfin. Con loro entrerebbe in campo un nuovo “socio asiatico” la cui identità resta per ora avvolta nel mistero (pare China Chemical Corporation ma si fanno anche i nomi di Zhongce Rubber Co. e Yokoama). L’alleato d’Oriente interverrebbe per rilevare parte della quota Camfin in mano al colosso statale russo, e poi cofinanziare questa ipotetica Opa su Pirelli, con conseguente passaggio del controllo a un gruppo estero. Anche se non vi sono state conferme ufficiali, e la Consob ha lasciato sorprendentemente correre il titolo per tutta la seduta senza chiedere spiegazioni alle società interessate, la reazione della Borsa è stata tutto sommato modesta: poco meno del 5% in apertura, e +3% a fine seduta, con una quotazione a ridosso di 15 euro. Del resto, la speculazione va avanti da almeno una settimana, con il titolo Pirelli sostenuto da forti volumi e un palese scostamento dell’andamento rispetto all’indice Ftse Mib: che ci sia qualcuno che si sia approfittato di informazioni riservate?
Ad ogni buon conto, siamo nuovamente di fronte all’ennesimo rimescolamento di carte in casa Pirelli in cui la unica costante è il suo presidente Tronchetti, mentre tutto il resto è commodity, inclusi i soci rilevanti, le strategie industriali e pure il perimetro del gruppo. A differenza che nel passato, però, stavolta il riassetto non nasce da frizioni fra i maggiori azionisti, come fu al tempo dei Malacalza, ma dai problemi in casa del socio russo. Giusto un anno fa, Rosneft faceva il suo ingresso in Pirelli, investendo circa mezzo miliardo di euro per comprare il 50% di Camfin. Ma la questione ucraina e le sanzioni internazionali contro la Russia hanno cambiato le carte in tavola. E oggi Rosneft si ritrova nella necessità di vendere una parte della sua quota in Camfin (almeno la metà, si dice) stretta fra le pressioni del Cremlino, che ha chiesto alle controllate statali di fare cassa all’estero per sostenere l’economia nazionale, e le difficoltà dello stesso Igor Seichin, il potente capo di Rosneft che non sembra più così saldo al comando.
Quel che è più rilevante è che in conseguenza del riassetto potrebbe variare il perimetro di attività del gruppo. Sembra di capire che la ventilata ricerca di un partner per sviluppare il segmento “truck” (gomme per veicoli industriali), cui lo stesso Tronchetti aveva in passato accennato, possa risolversi invece in una cessione del ramo, che rappresenta il 20% delle vendite del gruppo. È stato fatto notare che il gruppo potrà concentrarsi nel segmento auto e moto, che già oggi fa il 77% del fatturato. In realtà, si dimentica il non trascurabile dettaglio che la produzione di gomme industriali presenta forti sinergie con il segmento cosiddetto “consumer-premium”, e che lo scorporo del “truck” produrrebbe diseconomie, come ben sanno dentro la Pirelli. L’astuzia di alludere ai più alti multipli di valutazione cui beneficerebbero i concorrenti concentrati solo sul segmento “consumer-premium” pare insomma solo una buona scusa per fare cassa alleggerendo i costi dell’eventuale Opa. Staremo a vedere.
Nella foto di copertina, Marco Tronchetti Provera alla cerimonia di assegnazione dalla laurea honoris causa in Relazioni Pubbliche da parte dello IULM di Milano (2009) – foto tratta dal profilo Flickr di Roberto Gimmi, Creative Commons
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