Industria
Le città e la manifattura del futuro. Cosa stiamo facendo a Milano
Articolo di Cristina Tajani e Stefano Micelli, scritto a seguito del Manifattura Milano Camp, una giornata di talk, presentazioni, laboratori, esposizioni e attività interattive sul nuovo artigianato e la manifattura urbana, tenutasi al Milano Luiss Hub for Makers and Students lo scorso 16 Marzo.
In questi cinque anni ci siamo abituati a una Milano che cresce. I segni positivi non mancano. Tra il 2014 e il 2017, l’area metropolitana milanese ha conosciuto una crescita del PIL che è quasi doppia rispetto alla media nazionale, ha visto un aumento degli occupati nel settore privato di quasi dieci punti percentuali e ha dimostrato un dinamismo particolare in settori strategici come la ricerca, la formazione e la sanità.
Meno scontata, ma perseguita con politiche ad hoc e apprezzata dall’amministrazione, è la recente impennata registrata negli avviamenti del settore manifatturiero. Nella capitale del terziario, sempre tra il 2014 e il 2017, i nuovi contratti nelle diverse filiere della manifattura sono cresciuti del 63%. I dati raccolti dal centro PIM e presentati al Camp Manifattura Milano sabato scorso mettono in evidenza un sensibile aumento degli avviamenti in settori tipici del Made in Italy (nell’arredo l’aumento è superiore al 100%) e in settori in cui la città fa valere la propria capacità di promuovere ricerca e proiezione internazionale (meccatronica).
Sebbene le statistiche sugli avviamenti vadano trattate con la dovuta cautela, i numeri fanno riflettere. Una prima ricognizione qualitativa mette in evidenza tre spinte che concorrono a determinare questa crescita. Un primo fattore da tenere in considerazione è legato al rilancio di piccoli e medi produttori di prodotti di alta qualità che beneficiano di una Milano più orientata al turismo e all’offerta fieristica. Maurizio Marsico, responsabile della comunicazione di Fontana Milano 1915, ha raccontato alla platea del Camp di sabato scorso come lo spazio produttivo di Porta Romana costituisca oggi una vera e propria attrazione dove un pubblico selezionato punta a uno shopping speciale, lontano dalle destinazioni più conosciute. Un secondo fattore di crescita è determinato dalle start up locali e dai fab lab, entrambi oggetto di diverse misure specifiche adottate dall’Amministrazione Comunale negli ultimi anni, che mettono a punto nuovi prodotti e nuovi processi grazie a una combinazione originale di tecnologia e design. Il caso di Macchine soffici è emblematico: Massimo Gatelli ha creato una start up cresciuto nel sud di Milano grazie al successo di materiali che hanno incrociato il gusto di tanti protagonisti dell’interior design. Un terzo fattore di crescita è riconducibile ai tanti progetti avviati da imprese manifatturiere consolidate che ripensano la propria presenza in città grazie a partnership e joint venture per sostenere la ricerca e lo sviluppo. In area Bovisa, dove insieme all’incubatore Polihub sta prendendo forma un importante distretto della ricerca che ha come punto di riferimento il competence center del Politecnico, cresce la presenza di medie e grandi imprese decise a esplorare le potenzialità delle tecnologie 4.0.
Lanciando circa due anni fa il programma Manifattura Milano abbiamo scommesso proprio su questi numeri e su questo fermento per contribuire a qualificare la traiettoria di sviluppo che Milano ha imboccato. Il rilancio della vocazione manifatturiera della città, infatti, ha dal nostro punto di vista implicazioni rilevanti non solo in termini economici, ma anche sociali. Prima di tutto contribuisce a dare qualità inclusiva allo sviluppo della città. Il ritorno (e il rilancio) di attività manifatturiere consente di offrire opportunità di crescita professionale a un’ampia platea di profili che rientra in quella che a lungo abbiamo chiamato classe media. Milano offre possibilità di lavoro non solo a startupper e uomini della finanza, ma anche a tecnici qualificati, a artigiani di nuova generazione capaci di sfruttare Arduino per ripensare le proprie attività, a diplomati ITS che lavorano fianco a fianco di ingegneri e designer per inventare i prodotti del futuro. In altre parole, la manifattura avanzata è generatrice di lavoro buono per la classe media.
Un tema su cui riflettere è il rapporto fra Milano e l’Italia manifatturiera nel suo complesso. Il rilancio di una Milano produttiva suggerisce nuove forme di divisione del lavoro fra il capoluogo lombardo e il Made in Italy a scala nazionale. Se la città diventa lo spazio di contaminazione fattivo fra una tradizione manifatturiera di qualità, di cui la provincia italiana è da sempre portatrice sana, e un’innovazione che si sviluppa sul piano della tecnologia e del design il contributo di Milano alla crescita del paese si fa più chiaro e leggibile. Gli insediamenti, non solo italiani, nel nord della città raccontano già oggi del potenziale legato alla combinazione di saperi, di competenze e di opportunità che concorrono alla competitività del paese nel suo complesso.
Come favorire un consolidamento di queste trasformazioni? L’esperienza di altre città internazionali che in questi anni hanno puntato a consolidare una manifattura urbana offre indicazioni interessanti su ciò che è possibile fare. Una prima linea di intervento riguarda l’offerta di spazi a prezzi calmierati su contratti a medio-lungo termine. A New York, lo sviluppo di una vivace manifattura urbana nel quartiere di Brooklyn ha molto beneficiato dell’azione di istituzioni come Greenpoint Manufacturing and Design Center e di Navy Ship Yards che hanno avuto il merito di offrire a piccoli produttori spazi di lavoro a prezzi contenuti con contratti di medio termine. Si tratta di una traccia di lavoro su cui si sta muovendo anche Milano attraverso strumenti urbanistici, come nel caso del nuovo PGT, e accordi con privati, come nel caso della collaborazione con Grandi Stazioni per la riqualificazione dei Magazzini raccordati di Stazione Centrale.
Un secondo aspetto riguarda il marketing territoriale e la comunicazione. Parigi, in questo senso, ha fatto molto per favorire una nuova immagine di sé come capitale della creazione (per assecondare l’insediamento di una nuova generazione di designer e artigiani di alto livello) e per proporsi come punto di riferimento del network Fab City (promuovendo una azione radicale verso i temi della sostenibilità e del riciclo). I risultati sono visibili: l’Est di Parigi, fino a pochi anni fa considerato periferia, è oggi il teatro di un processo di rigenerazione urbana sorprendente grazie agli insediamenti produttivi di grandi marchi del lusso così come di iniziative bottom up come fab lab e spazi di coworking per artigiani tecnologici. Processi analoghi a quelli avvenuti nell’area di via Tortona cui l’Amministrazione ha contribuito con l’importante progetto di riqualificazione dell’ex-Ansaldo, oggi Base.
Rispetto ad altre città internazionali, Milano ha dalla sua parte maggiori opportunità e maggiori responsabilità. La città ha sempre conservato una solida cultura del fare e il rilancio della manifattura non rappresenta una discontinuità culturale con il suo passato. Una parte significativa della “classe creativa” milanese – i designer prima di tutto – ha da sempre sposato la causa dei produttori riconoscendo il valore della conoscenza mantenuta da artigiani competenti. Oggi questa saldatura diventa la cifra di uno sviluppo inclusivo che si traduce in maggiore integrazione sociale. La scommessa per una manifattura urbana di qualità, tuttavia, non riguarda solo la città e la sua amministrazione. Riguarda la competitività del sistema Paese nel suo complesso. Laboratori e luoghi di sperimentazione possono diventare l’epicentro per una rinnovata competitività del Made in Italy, innescando crescita e opportunità di lavoro in tutto il Paese. E’ una responsabilità di cui la città è consapevole e che vorremmo poter condividere, in un ragionamento strategico, con una Regione ed un Governo che si pongano davvero queste sfide.
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