Industria
LA GRANDE BELLEZZA (INNOVATIVA) SALVERÀ L’ITALIA
Qualche giorno fa sono stato a Milano. Non per l’Expo, purtroppo, ma per motivi di lavoro. Dopo diversi anni, sono tornato a passare per piazza del Duomo, e mi sono accorto… della bellezza di Milano. Ho trascorso quasi 20 anni della mia vita, a Milano, e ho attraversato centinaia di volte piazza Duomo… ma senza notare, senza guardare con troppa attenzione. In realtà quella piazza è davvero un capolavoro: lo splendore gotico del Duomo, la statua di Vittorio Emanuele II e la Galleria, Palazzo Carminati e Palazzo Reale. Di piazze così belle, l’Italia ne è piena: da piazza Duomo a Trento a piazza Bra a Verona, da piazza Navona a Roma a piazza del Duomo a Firenze; senza dimenticarsi poi splendide piazze di provincia, come quella di Vigevano o di Badoere. Ed è solo la punta dell’iceberg. In realtà tutta la penisola trabocca di magnificenza: non c’è borgo, paesino, frazione che non celi qualche bellezza architettonica o artistica.
Sono convinto che ogni italiano, senza rendersene conto, ma semplicemente percorrendo le strade della sua città, riceva quotidianamente la sua sana dose di “educazione estetica”. Chiaro, noi italiani non sempre dimostriamo di apprezzare tutto questa bellezza. Siamo gente giramondo, quando possiamo andiamo all’estero, e forse facciamo pure bene, perché “ci sono solo due categorie di uomini, quelli che viaggiano e quelli che non viaggiano, e i primi sono più interessanti dei secondi” (non ricordo chi l’ha scritto).
Però l’Italia è davvero la terra della bellezza, e questa bellezza è una risorsa straordinaria, da valorizzare di più e meglio. Diciamolo fuori dai denti: la forza del Made in Italy non sta solo nell’eccellente lavoro di tantissime aziende che esportano; conta pure il fascino che il nostro paese continua a esercitare sull’immaginario collettivo globale, e i dipinti di Caravaggio così come le statue di Michelangelo sono ambasciatrici imbattibili dell’Italia. Dobbiamo puntare sulla bellezza, crederci, e non trascurarla, come invece facciamo troppe volte.
In Nord-Europa e in America hanno capito che la bellezza tira. Faccio un esempio. Qual è, con tutta probabilità, il brand di maggior successo del mondo? La Apple, che nel 2014, guarda caso, è stata anche l’azienda più capitalizzata del mondo. Ora, i prodotti della Apple saltano immediatamente agli occhi perché… sono belli. Anzi, bellissimi. Lo sguardo ti cade su un iPhone e ti viene subito voglia di averlo.
Mica scemi, quelli di Cupertino: sanno che il design conta, e non poco, quando si tratta di invogliare un cliente all’acquisto. Per le auto (lo dice uno che lavora nel settore automotive da due decenni) è lo stesso: un’auto deve essere, prima di tutto, bella da vedere.
“La bellezza salverà il mondo”, si legge ne “L’idiota” di Dostoevskij. Se non il mondo, in ogni caso, la bellezza può salvare almeno l’Italia. Magari sposandosi con un altro fattore-chiave: l’innovazione. E in effetti i prodotti della Apple sono, oltre a fantastiche opere di design, anche straordinari concentrati di tecnologia.
Offrire ai consumatori un prodotto bello e innovativo è davvero un colpaccio da maestro. Ed ecco perché credo che il concetto di “artigiani digitali”, descritto da Micelli nel suo già citato “Futuro artigiano” (si veda post precedente), sia un concetto rivoluzionario: coniugare l’ossessione per il bello e la passione per la forma tipica dell’artigiano, utilizzando anche le tecnologie del digital manufacturing che mandano in solluchero ingegneri e smanettoni. In questo modo si potrebbe dare nuova linfa a un’economia, quella italiana, che ha davvero bisogno di ossigeno.
Bellezza e tecnologia… non sarebbe la prima volta che succede, in Italia. Ho ricordato prima piazza del Duomo a Firenze. Il capoluogo toscano, effettivamente, è la “città d’arte” italiana per antonomasia. Ma qual è il simbolo di Firenze? Probabilmente la cattedrale di Santa Maria del Fiore, con la sua splendida cupola. Ne fu autore, come è noto perfino agli scolaretti, Filippo Brunelleschi. Ecco, secondo me (e non sono certo il primo a scriverlo, ovviamente) il Brunelleschi rappresenta un esempio luminoso: era un artista (uno scultore e un orafo in particolare), nondimeno padroneggiava matematica e geometria, ossia le basi dell’architettura, ed era un sapiente conoscitore di materiali e tecniche. E fu proprio grazie a questa sua eccezionale capacità di coniugare bellezza e tecnologia che riuscì a costruire la cupola di Santa Maria del Fiore.
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