Industria

La crisi del manifatturiero comincia adesso. La vera ripresa arriverà nel 2024

26 Ottobre 2022

«La crisi del manifatturiero comincia adesso», spiega Gregorio De Felice, capoeconomista di Intesa Sanpaolo presentando, insieme a Prometeia, il 102° rapporto sui settori industriali che ci restituisce però buoni segnali perlomeno al 2024, con l’augurio che le imprese siano reattive e pronte ai cambiamenti di un periodo storico molto complicato, segnato dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina.

A commentare il rapporto, intitolato “Le sfide per il manifatturiero italiano: lo scenario al 2024”, con De Felice, Alessandra Lanza, senior partner Prometeia, Stefania Trenti, responsabile Industry Research, Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, Ilaria Sangalli, senior Economist Industry Research, Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo e Alessandra Benedini, principal Prometeia.

La prima parte dell’anno in corso è stata brillante, più delle attese, nel quadro di ripresa post-Covid ma già la seconda è caratterizzata da un deterioramento del contesto operativo interno ed estero, condizionato dalla forte incertezza globale.

L’industria manifatturiera italiana potrà chiudere infatti il 2022 con un fatturato a prezzi costanti in crescita tendenziale del 2,1 percento, un tasso rivisto al rialzo rispetto alle stime di maggio e decisamente robusto dopo il rimbalzo del 15,9 percento registrato lo scorso anno. La performance vede in testa il Sistema moda, trainato dalla ripresa della socialità e del turismo. Fanno eccezione gli Autoveicoli e moto, ancora alle prese con criticità dell’offerta e con una lenta ripartenza della domanda interna e alcuni produttori di intermedi, quali Metallurgia e Intermedi chimici, che scontano però il confronto con un 2021 record.

Ancor più brillante la dinamica del fatturato 2022 a prezzi correnti, +25,2 percento tendenziale, sostenuta da un rialzo dei prezzi diffuso tra i settori, con punte di maggior intensità per i produttori di intermedi. Lo shortage delle materie prime causato dalla ripresa economica mondiale e dai colli di bottiglia lungo le catene globali del valore, e gli eccezionali rincari delle commodity energetiche, conseguenza del conflitto tra Russia e Ucraina, hanno determinato un aumento dei costi operativi senza precedenti storici recenti, con riflessi di accelerazione dei prezzi lungo le filiere.

L’anno in corso è però un anno a due velocità. La spirale inflativa innescata dal caro commodity ed energia e le conseguenti azioni delle banche centrali stanno determinando un progressivo raffreddamento della domanda per consumi e investimenti, che si sta dimostrando più intenso delle attese maturate fino all’estate. L’indice Istat che sintetizza il clima di fiducia delle imprese mostra, infatti, un generale aumento delle giacenze di prodotti finiti e un contestuale ripiegamento delle componenti attese sugli ordini e sulla produzione.

La fase di rallentamento è già visibile nei dati di produzione industriale, che in Italia mostra comunque un andamento tendenziale (+1,1 percento nei primi otto mesi dell’anno) di gran lunga migliore rispetto alla Germania (-0,7 percento) e simile a quello della Francia (+1,4 percento). Francia e Germania hanno avuto, peraltro, una crescita della produzione nettamente inferiore a quella italiana negli ultimi due anni a mezzo: rispetto ai livelli pre-pandemici, infatti, il manifatturiero italiano segna un incremento dello 0,3 percento a fronte, rispettivamente, di un gap di -6 percento e -5,3 percento dei nostri maggiori competitor europei.

Nel 2023 le pressioni al ribasso su consumi e investimenti penalizzeranno l’attività industriale. I fattori di freno al quadro di domanda sono destinati a permanere nel corso del 2023: saranno massimi per tutto il periodo che coinciderà con l’anno termico 2022-23, durante il quale assisteremo a una volatilità ancora elevata dei prezzi energetici, per poi distendersi gradualmente a partire dal secondo trimestre del prossimo anno, ma senza lasciar spazio a un andamento tonico come quello che ha contraddistinto la prima parte del 2022.

La compressione dei consumi e il rallentamento del ciclo degli investimenti, che non potrà essere pienamente controbilanciato dal sostegno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), portano verso una stima di contrazione del fatturato a prezzi costanti dell’industria manifatturiera nella media del 2023 (-1,1 percento) e di crescita modesta a prezzi correnti (+4,2 percento).

Pochi settori manterranno un’intonazione positiva nel 2023, ad iniziare dalla Farmaceutica (+1,6 percento la nostra stima di fatturato a prezzi costanti) e dai settori più attivati dalla transizione digitale ed energetica, Elettronica (+0,7 percento) ed Elettrotecnica (+0,6 percento). Flessione inferiore alla media manifatturiera per Alimentare e bevande (-0,3 percento), sostenuto da una componente di spese incomprimibili e Autoveicoli e moto (-0,5 percento), dopo la mancata ripartenza del 2022.

I cali più consistenti riguarderanno, invece, i produttori di beni voluttuari del Sistema moda (-2,1 percento), sebbene in un quadro di maggiore tenuta della domanda internazionale di beni di lusso, e di durevoli per la casa, soprattutto Mobili (-1,8 percento), che scontano però anche un calo fisiologico dopo l’exploit registrato negli anni pandemici, quando hanno beneficiato di un’impennata dei consumi determinata da una nuova percezione del vivere l’ambiente domestico. In contrazione moderata gli Elettrodomestici (-0,6 percento), dove alcuni segmenti di spesa continueranno a restare trainanti, in particolare elettrodomestici e apparecchi a basso consumo energetico.

In difficoltà anche i produttori di intermedi, a iniziare ancora una volta da Intermedi chimici (-2,1 percento) e Metallurgia (-1,4 percento), penalizzati dalla prudenza nella ricostituzione delle scorte dei settori a valle. Tra questi citiamo in particolare la Meccanica (-1,9 percento), che sconterà gli effetti del rallentamento del ciclo degli investimenti sui mercati internazionali e su quello interno, dove molti segmenti hanno raggiunto livelli record nel 2022, per poi tornare a beneficiare di un quadro di domanda più espansivo a partire dal 2024.

Restano nel complesso favorevoli le prospettive per i settori intermedi attivati dal ciclo delle costruzioni (Prodotti e materiali da costruzione -0,1 percento, Prodotti in metallo -0,3 percento) che, sebbene in rallentamento, continuerà a restare trainante grazie alla presenza del pacchetto incentivante e alla spinta dei piani infrastrutturali attivati dal PNRR.

 

La crisi energetica si farà sentire anche sui conti delle imprese con Ebitda margin in calo di circa 8 decimi di punto nel 2022 e di altri 9 nel 2023, quando il raffreddamento della domanda renderà più difficoltoso ritoccare al rialzo i listini di vendita. I sacrifici sui margini unitari agiranno tuttavia sui livelli molto elevati raggiunti lo scorso anno: l’analisi dei bilanci di un ampio campione di imprese fa emergere un forte rimbalzo diffuso tra settori e classi dimensionali, che ha portato l’Ebitda margin del manifatturiero al 10,3 percento, il livello più alto dal 1995. Il contesto inflattivo è inoltre atteso tradursi in un aumento significativo degli utili netti nel 2022 (+22 percento per il complesso del manifatturiero, circa 11 miliardi di euro aggiuntivi rispetto ai quasi 50 miliardi raggiunti nel 2021).

Cosa dobbiamo attenderci per il prossimo biennio nel complesso? In un quadro di elevati rischi al ribasso, le attese portano a prevedere un moderato rimbalzo dell’attività manifatturiera, nell’ordine dell’1,9 percento, nel 2024 e un parziale recupero della redditività.

La ripresa potrà essere più intensa per i settori ancora indietro nel percorso di recupero post-Covid (Autoveicoli e moto e Sistema moda) e per quelli più legati alla doppia transizione green e digitale, come l’Elettrotecnica e la Meccanica. In netto recupero anche l’Alimentare e bevande che, dopo la lieve battuta d’arresto del 2023, potrà tornare a crescere a buoni ritmi potendo contare sia sul recupero dei consumi interni che sulla crescente proiezione sui mercati internazionali.

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