Industria
La cosmetica italiana accorcia le catene di fornitura contro il caroprezzo
L’industria cosmetica italiana sta affrontando un anno turbolento caratterizzato dal rincaro energetico che impatta sul costo e sulla reperibilità delle materie prime.
Per affrontare queste criticità le aziende stanno intensificando gli sforzi per accorciare le catene di approvvigionamento e orientare i contratti di fornitura a livello locale, mettendo in evidenza partnership a km zero. È quanto emerge dall’analisi congiunturale sul mercato della cosmetica, curata dal centro studi di Cosmetica Italia, l’associazione nazionale di imprese cosmetiche, in collaborazione con la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo.
Le imprese si stanno organizzando da una parte revisionando l’offerta e impegnandosi nell’autoproduzione dell’energia, dall’altra organizzandosi maggiormente per filiere produttive, dove l’azienda più grande, la cosiddetta capofiliera, mette in atto politiche di sostegno a favore dei fornitori strategici.
Una tendenza sempre più evidente per le aziende della cosmetica è quella di approvvigionarsi da fornitori più vicini geograficamente: la vicinanza garantisce forniture strategiche e diversificate, con una conseguente crescita di marginalità di chi ha relazioni strategiche e ha un maggiore potenziale di diversificazione. Sono queste le evidenze emerse dallo studio realizzato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo sui pagamenti nel triennio 2019-2021 di 268 imprese della cosmetica ai loro fornitori italiani attivi nel comparto agricolo e nel manifatturiero.
Tra il 2019 e il 2021 le imprese che hanno potuto contare soprattutto su fornitori strategici hanno visto salire l’EBITDA margin al 12,7% (dal 10,2%); al contrario, le imprese prive di forniture strategiche hanno accusato un ridimensionamento della marginalità, scesa dal 12,4% al 9,9%.
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