Industria
Industria, manifattura in calo del 9,3% nel 2020. Livelli pre Covid a fine 2021
Intesa Sanpaolo e Prometeia hanno presentato oggi il Rapporto Analisi dei Settori Industriali. Il report, arrivato alla sua novantanovesima edizione, si concentra sullo stato del settore manifatturiero italiano che, nonostante la crisi economia scaturita dalla pandemia, è riuscito a chiudere il 2020 con un calo inferiore alle attese: meno 9,3%, infatti, è la flessione registrata dal fatturato a prezzi costanti. Dopo la grande crisi finanziaria del 2009, la contrazione arrivò ben oltre e fu pari al meno 16%.
Il risultato dello scorso anno, lo si deve alle forti spinte di recupero registrate durante il secondo semestre sia sul fronte interno, sia internazionale. L’export, in dieci anni è passato dal 36 al 48 percento in 10 anni e ha tenuto meglio anche in questa situazione rispetto a Germania e Francia. Grazie a un progressivo radicamento sui mercati strategici, quale risposta alla debolezza del mercato interno, e alla crescente specializzazione in settori a medio-alto contenuto tecnologico, infatti, la propensione all’export dell’industria italiana ha spinto il saldo commerciale manifatturiero – al netto della bolletta energetica – su livelli record, superiori ai 100 miliardi di euro (oltre 70 miliardi in più nell’arco di dieci anni).
Il 2021 si è aperto con prospettive di rafforzamento dei livelli di attività del manifatturiero italiano. Le previsioni e gli indicatori tracciano un sentiero di risalita degli ordini, più intensa nella seconda parte dell’anno: a partire dal terzo trimestre potranno dispiegarsi con maggior forza gli effetti della campagna vaccinale, favorendo la normalizzazione dell’attività interna e mondiale. Asia e Stati Uniti però guidano il recupero e i paesi europei sono in ritardo sul ciclo economico, con una intensità della ripresa meno vigorosa. La spinta inflativa, che riflette i recenti rincari sul fronte delle quotazioni delle materie prime industriali, comporterà, a fine anno, un completo assorbimento del gap accumulato sui livelli di fatturato pre-Covid, a prezzi correnti, e il sorpasso della soglia di 1000 miliardi di euro nel 2022 (oltre 70 miliardi in più del 2019), cui contribuiranno anche l’accelerazione della ripresa interna e un ritrovato dinamismo degli scambi mondiali. A prezzi costanti, invece, il recupero 2021 sarà ancora parziale (-1.7%), fatta eccezione per alcuni settori meno intaccati dalla crisi, come Farmaceutica, Alimentare e bevande, oppure quelli in recupero più intenso della media come Prodotti e materiali da costruzione ed Elettrodomestici.
Un ruolo cruciale lo avranno i fondi europei che potranno colmare il digital divide che il manifatturiero italiano presentava ad avvio pandemia rispetto ai concorrenti europei. Se il posizionamento nelle tecnologie digitali a supporto dei processi produttivi è buono, resta invece un gap da colmare nella digitalizzazione dei servizi di vendita (e-commerce, utilizzo di website strutturati), negli aspetti infrastrutturali (fibra ottica, 5G) e nelle competenze ICT interne alle aziende. Il rimbalzo atteso nel biennio 2021-22 (+8.4 nel 2021 e +5.3 nel 2022, a prezzi costanti) e la spinta dei prezzi porteranno il fatturato manifatturiero a superare la soglia dei mille miliardi di euro; nel periodo 2023-25, i ritmi di crescita, pur rallentando, si manterranno sostenuti (+2.6% in media d’anno, a prezzi costanti), grazie al supporto dei fondi Next Generation EU e al loro impiego attraverso le linee guida dettate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Gli investimenti pubblici, in particolare nelle costruzioni, dove l’Italia ha accumulato il gap più ampio nei confronti dei concorrenti europei, potranno tornare protagonisti accanto agli investimenti privati, dove il divario accumulato è minore, grazie all’azione mirata del sistema incentivante introdotto nel 2016, il Piano Industria 4.0, sostenendo la transizione del manifatturiero italiano verso gli obiettivi sfidanti di una maggiore innovazione, della trasformazione digitale e della transizione ambientale.
«Siamo arrivati al momento della verità. Ci giochiamo molto con i progetti e le riforme, che servono per migliorare la produttività. Penso che se coglieremo a pieno quest’occasione sarà un vantaggio per noi ma potrà cambiare anche il futuro dell’Europa», spiega Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo.
La transizione verso un’economia più digitalizzata e sostenibile offrirà maggiori opportunità per Elettronica, Elettrotecnica, Meccanica e Auto e moto, settori che hanno grande potenzialità in materia e che registreranno tassi di crescita più dinamici della media nel quinquennio 2021-2025, anche se l’intera filiera manifatturiera italiana evidenzia comunque buone prospettive di rafforzamento. Secondo le previsioni nel quinquennio 2021-25 l’Elettronica crescerà del 6.6% in media d’anno, in termini di fatturato a prezzi costanti, la Meccanica del 6%, Autoveicoli e moto del 6% ed Elettrotecnica del +5.8%. Si tratta di quelle specializzazioni produttive più interessate dalla prevista accelerazione del ciclo degli investimenti, con effetti a cascata sui settori posizionati a monte della catena del valore (Prodotti in metallo +5%, Metallurgia +3.9%), che beneficeranno, al contempo, del traino del ciclo edilizio. Il sostegno delle costruzioni sarà visibile anche sui Prodotti e materiali da costruzione (+4.2% in media d’anno nel 2021-25) e sui Mobili (+4%), sommandosi, nel caso di questi ultimi, a un contributo determinante del canale estero e dei consumi interni legati al comfort domestico, che potranno divenire un trend strutturale anche post pandemia, agevolati dagli incentivi legati alle ristrutturazioni edilizie.
Gli Elettrodomestici, invece, in recupero nel periodo di crisi, torneranno a registrare tassi di crescita più moderati lungo l’orizzonte di previsione (+1.9%). Sopra la media l’evoluzione stimata per il Sistema moda (+5.1%), che vede la crescita del 2021-22 accelerata dal rimbalzo statistico dai minimi toccati nel 2020, a fronte di condizioni di domanda ancora fragili, soprattutto sul mercato interno, che favoriranno un aumento dell’import penetration.
Un buon dinamismo caratterizzerà anche il Largo consumo (+3.1% in media d’anno nel 2021-25), che potrà beneficiare di una ripresa della cosmesi (anche sui mercati esteri), penalizzata dal crollo imposto dalla pandemia (in particolare nella cosmetica professionale), oltre che da una domanda di prodotti per la detergenza che resterà trainante anche col superamento dell’emergenza sanitaria. Gli Altri intermedi (+2.9%) e gli Intermedi chimici (+2.6%), invece, potranno gradualmente tornare a crescere in linea con le medie di lungo periodo, da qui al 2025, esaurito il sostegno del processo di ricostituzione delle scorte nei settori a valle della filiera.
Nella parte bassa della graduatoria 2021-25 si posizionano, infine, i settori meno colpiti dalla crisi 2020, quali Farmaceutica e Alimentare e bevande che, pur accelerando, mostreranno ritmi di crescita attorno al 2% in media d’anno.
Sul fronte finanziario, la ripresa dell’attività industriale, i provvedimenti a sostegno della liquidità e la maggiore solidità patrimoniale raggiunta negli ultimi anni, dovrebbero aver calmierato l’impatto della crisi sui bilanci aziendali 2020. Il report sottolinea che il calo stimato per i margini e la redditività potrà essere gradualmente riassorbito nell’orizzonte al 2025, consentendo alle imprese di disporre delle risorse finanziarie necessarie a sostenere gli intensi piani di investimento previsti.
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