Industria
Industria, il fatturato rallenta ma nel 2024 è atteso un moderato rimbalzo
I rischi e le incertezze non sono pochi per il manifatturiero in questo periodo storico ma le prospettive sembrano essere comunque positive. Secondo gli economisti del centro studi e ricerche Intesa Sanpaolo, l’industria manifatturiera italiana chiuderà il 2023 con un fatturato a prezzi costanti in lieve calo. Quest’ultima ha mostrato un ripiegamento tendenziale di poco inferiore al 2 per cento nei primi sette mesi del 2023, un calo meno intenso rispetto a quello registrato dalla produzione industriale (-3,1 per cento nel periodo gennaio-agosto). Il venir meno dei fenomeni di shortage di componenti e input produttivi, che avevano caratterizzato la fase di rimbalzo post-Covid, ha infatti consentito a molte imprese di completare le produzioni in magazzino e soddisfare gli ordini rimasti inevasi, attenuando il calo del fatturato. Nel 2024 è però atteso un moderato rimbalzo (+0,5%), per poi accelerare al +1,3% l’anno successivo.
Dagli indicatori che monitorano il sentiment delle imprese, illustrati oggi durante la presentazione del rapporto analisi dei settori industriali con Prometeia, emerge un quadro di peggioramento delle attese sulla produzione e sugli ordini interni ed esteri. Tuttavia, il confronto con un’ultima parte del 2022 già deteriorata contribuirà a ridimensionare i cali tendenziali nei prossimi mesi, portando a una chiusura d’anno a -0,6 per cento per il fatturato manifatturiero a prezzi costanti. La spinta inflativa però continua a sostenere il fatturato manifatturiero, che nel complesso del 2023, secondo le stime, si stabilizzerà sui livelli di massimo storico raggiunti lo scorso anno (1.169 miliardi di euro, +0,7 per cento).
I prezzi alla produzione sono aumentati del 3,9 per cento nei primi otto mesi dell’anno, con spinte inflazionistiche ancora forti nei settori a valle delle filiere produttive: alimentare e bevande (9,1 per cento di crescita dei prezzi nel periodo gennaio-agosto), mobili (7,4 per cento), largo consumo (7,3 per cento), sistema moda (7 per cento) ed elettrodomestici (6,7 per cento). Emerge, tuttavia, anche un progressivo raffreddamento dell’inflazione nelle rilevazioni più recenti (+0,6 per cento nel trimestre giugno-agosto 2023), guidato dai settori produttori di intermedi, in particolare metallurgia (-13,9 per cento tra gennaio e agosto). Fanno eccezione i prodotti e materiali da costruzione, con listini di vendita ancora in aumento in doppia cifra (13,3 per cento).
Sul rallentamento del ciclo manifatturiero pesano soprattutto le difficoltà legate ai consumi interni. Il deterioramento del potere d’acquisto delle famiglie e l’aumento dei tassi d’interesse stanno penalizzando i beni durevoli per la casa (dopo l’exploit degli anni pandemici) e gli alimentari (tendenza solo marginalmente spiegabile con la normalizzazione dei consumi “fuori casa”), in parte compensati dal recupero del mercato degli autoveicoli dai livelli di minimo toccati nel triennio 2020-22. Segnali di difficoltà emergono anche dagli investimenti in costruzioni che, a causa della rimodulazione degli incentivi fiscali e del rialzo dei tassi, hanno segnato una flessione nel secondo trimestre del 2023. I livelli restano però elevati (+31,5 per cento rispetto al primo semestre del 2019), sostenuti dal buon dinamismo del mercato delle opere pubbliche. Gli investimenti in beni strumentali sono rimasti in territorio ampiamente positivo nei primi due trimestri dell’anno, grazie anche alla componente mezzi di trasporto, in forte accelerazione.
Gli scambi mondiali sono in deciso rallentamento, sia nei mercati emergenti sia nelle economie avanzate, con dati più negativi per l’Asia rispetto al Nordamerica. Nonostante l’affievolirsi del commercio internazionale, nei primi sette mesi dell’anno l’export italiano di beni manufatti è rimasto stabile sui livelli del 2022 a prezzi costanti, ed è cresciuto del 3,6 per cento a valori correnti. Il parziale rientro dell’import penetration, guidato dal rallentamento della domanda interna (stabili le importazioni a prezzi costanti nel periodo gennaio-agosto 2023, +1,1 per cento a valori correnti), permetterà comunque un miglioramento del saldo commerciale dell’industria italiana nel 2023, che stimiamo in 96,6 miliardi di euro. La propensione all’export si attesterà su livelli stabilmente superiori al 50%, consentendo all’attivo commerciale di oltrepassare i 106 miliardi di euro nel 2025.
Pochi settori presenteranno un fatturato deflazionato in crescita nel 2023, a partire da quelli legati alla transizione digitale ed energetica. Gli autoveicoli e moto (+7,9 per cento) beneficiano di immatricolazioni in aumento sul mercato interno (anche se i ritmi di crescita si stanno facendo via via meno brillanti), dopo un 2022 condizionato dai colli di bottiglia lungo le catene di fornitura. Seguono nel ranking elettronica (+2,9 per cento), elettrotecnica (+2 per cento) e meccanica (stabile sui risultati 2022, con un +0,3 per cento), favoriti dalla messa a terra degli investimenti infrastrutturali nel mercato interno e, più in generale, dallo sblocco di commesse rimaste inevase nel corso del 2022. Nella parte alta della classifica 2023 si collocano inoltre largo consumo (+2,7 per cento) e farmaceutica (+2,5 per cento), che possono contare su una cospicua dote del primo semestre dell’anno, che li ha visti crescere a ritmi molto brillanti, soprattutto sui mercati esteri. Nella parte bassa della graduatoria 2023, invece, con fatturato deflazionato in contrazione, vi sono i settori più sensibili al ciclo dell’edilizia: il ripiegamento tendenziale più marcato coinvolgerà i prodotti e materiali da costruzione (-4,6 per cento), ma anche i produttori di beni durevoli per la casa chiuderanno l’anno in calo (elettrodomestici -4,4 per cento, mobili -2,4 per cento). In difficoltà anche intermedi chimici (-7,8 per cento), filiera dei metalli (metallurgia -3,3 per cento, prodotti in metallo -0,9 per cento) e altri intermedi (-1,5%), penalizzati dalla prudenza nella ricostituzione delle scorte di magazzino in questa fase di grande incertezza. Chiudono la panoramica settoriale sistema moda e alimentare e bevande, con fatturato deflazionato in calo rispettivamente del -2,5 per cento e -1,1 per cento. Alla sostanziale tenuta dei primi mesi dell’anno fa da contraltare un secondo semestre decisamente più problematico, soprattutto sul fronte interno, con consumi condizionati dai vincoli di bilancio delle famiglie.
Nel biennio 2024-25, saranno sempre i settori legati alla doppia transizione a presentare prospettive migliori, sostenuti dai finanziamenti europei del NGEU. Il manifatturiero nel suo complesso, invece, è atteso crescere a ritmi inferiori all’1 per cento medio annuo, a prezzi costanti, in uno scenario in cui le politiche monetarie restrittive e le tensioni geopolitiche continueranno a vincolare il recupero della domanda.
Alla luce delle prospettive sempre più sfidanti che le imprese dovranno affrontare, gli investimenti volti a rafforzare il posizionamento competitivo rappresentano una strada obbligata. Come testimoniano le analisi relative al quadriennio 2019-22 presentate nel rapporto, le imprese top performer per margini sono quelle che più di altre hanno puntato su leve strategiche chiave, dall’innovazione tecnologica ai marchi, dagli investimenti diretti esteri all’autoproduzione di elettricità attraverso impianti alimentati da fonti rinnovabili, a conferma della crucialità della variabile energetica per affrontare al meglio le fasi di elevata incertezza e volatilità.
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