Industria
ILVA, errare è umano. Perseverare continua a essere diabolico
ILVA, la storia infinita alla ricerca di soluzioni sembra sempre segnata sempre dalle stesse scelte sbagliate.
Sull’ILVA siamo destinati ad assistere al ripetersi degli eventi, probabilmente ad un ulteriore peggioramento.
Il Ministro Urso con grande coraggio ha mandato via Arcelor Mittal che, come avevamo previsto, aveva predisposto un piano non realistico e non aveva interesse a rilanciare l’attività, ma a ridimensionarla o chiuderla. Cosa effettivamente avvenuta.
Oggi le uniche due offerte reali per l’acciaieria lungamente maltrattata sono quella di Baku Steel e quella di Jindal (non quello della precedente cordata, ma il fratello). L’offerta che sembra essere più favorevole è quella di Baku Steel, perché presenta un prezzo più elevato: quasi cinquecento milioni di euro più altrettanti per il magazzino. Con i rilanci supererà il miliardo, come ha chiesto il Ministro? Serve a poco. Vediamo perché.
Come nel caso di Mittal, però, non è detto che l’offerta più elevata sia la più conveniente:
- Il piano industriale, come nel caso di Mittal, prevede un numero elevato di occupati. Per Baku Steel addirittura saliti da 7.000 a 7.800-7.900. E’ credibile? No, perché è un multiplo delle unità impiegabili se si vuole che l’attività sia profittevole. Altrimenti dopo poco ci si trova un’altra crisi.
- Baku Steel non ha le competenze per gestire gli impianti né la transizione dagli altoforni al ciclo integrato. Il Ministro dovrebbe averlo compreso nell’incontro che ha organizzato tra i due offerenti per farli cooperare, incontro conclusosi in modo non favorevole in cui suppongo che le pecche del piano degli azeri siano emerse chiaramente.
Nel settore gira voce che il Ministro, preoccupato dall’inconsistenza industriale dell’offerta degli azeri, abbia chiesto l’aiuto di un importante acciaiere italiano, capitano coraggioso in precedenti cordate. L’acciaiere dovrebbe avergli spiegato la difficile sostenibilità del piano. E allora perché il Ministro insiste con una soluzione non praticabile?
Quindi ci si pone la domanda: se il piano degli azeri è così debole, come fanno ad offrire un prezzo così elevato?
Qui arriva la parte peggiore. Sembra che l’offerta degli azeri sia condizionata al che gli venga dato un rigassificatore. Se fosse vero:
- Il prezzo più generoso non sarebbe per l’ILVA ma per il rigassificatore, che vale molto di più, considerando che gli azeri hanno già il TAP che porta gas in Italia passando dalla Puglia. E quindi che offerta più vantaggiosa è se i perimetri non sono confrontabili?
- ILVA perde circa cento milioni di euro al mese. Ci vuole poco ritardo perché le perdite rendano più conveniente l’offerta di Jindal, immediatamente eseguibile, rispetto all’offerta di Baku Steel, condizionata.
- Come si fa a dare un rigassificatore ad un paese che orbita intorno alla Russia, se i rigassificatori servivano proprio ad assicurare la sicurezza energetica del paese? Quanto costerà in termini di maggior prezzo del gas ai cittadini ed alle imprese italiane?
Il Ministro desidera il successo di un annuncio roboante con un prezzo stratosferico? Almeno nel caso di Mittal il riscontro è avvenuto sette anni più tardi. Qui l’evidenza dell’errore rischia di essere molto più rapida.
Più probabilmente il problema risiede negli aiuti di Stato. E’ necessario ottenere tanti soldi per rimborsare i prestiti ottenuti dall’ILVA ed evitare l’avvio di una procedura di infrazione.
Però dato lo stato devastato degli impianti, il depauperamento della clientela, del magazzino e delle risorse umane, è ragionevole che gli investimenti da effettuare in azienda per effettuare il rilancio siano rilevantissimi. Ed interesse del Governo è che le risorse vengano effettivamente investite e questo rilancio abbia successo.
Allora non c’è da stupirsi se il prezzo di un’offerta credibile e non fantasiosa sia basso. Siamo fortunati che un’offerta credibile a questo punto ci sia (ed io ancora faccio fatica a crederci).
Se è così i soldi per rimborsare gli aiuti di Stato vanno cercati altrove, non distolti all’azienda che ne ha bisogno.
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