Imprenditori

Trust nel passaggio generazionale d’impresa, l’analisi dell’avvocato Campeis

24 Ottobre 2019

Il nostro Paese è la patria delle imprese a matrice familiare: 7 su 10 con un fatturato tra 20 e 50 milioni di euro hanno questa caratteristica, mentre un quarto di queste vede al vertice un amministratore ultrasettantenne. Presto per tutte queste aziende arriverà il momento del passaggio generazionale, un processo complesso e non senza rischi. I dati pubblicati dall’Osservatorio Aub promosso da Aidaf, Unicredit e Bocconi mostrano un interessante spaccato dell’imprenditoria italiana, ponendo un problema di rilevanza nazionale che necessita risposte, istituti e protocolli adeguati per rendere efficace e dinamica questa fase così cruciale.

I tempi hanno cambiato le strategie e le tecniche dell’imprenditoria, creando anche una spaccatura generazionale fra i baby boomers, nati tra il secondo dopoguerra e gli anni ’60, e i loro eredi, nati invece dopo gli anni ’80. È questo l’avvicendamento in atto durante questi anni, mentre si affaccia progressivamente sulla scena un istituto non nuovo ma poco utilizzato nel nostro Paese, il trust.

Ai microfoni di Skill On Air, il servizio di podcasting dello studio di comunicazione The Skill, l’avvocato Massimiliano Campeis, managing partner dello Studio legale Avvocati Campeis, a capo del dipartimento corporate e con alle spalle formazione e esperienza nel campo del trust, ha delineato contorni e risvolti dell’istituto. «Il trust – spiega l’avvocato Campeis – è un istituto di diritto estero: l’Italia infatti non ha ancora una propria legge sul trust, che tuttavia vive nel nostro ordinamento da ormai un trentennio, da quando vi ha fatto ingresso in virtù di una convenzione europea, la Convenzione dell’Aja del primo luglio 1985, poi ratificata con legge italiana n. 364 del 1989». Tuttavia, come spesso accade per fattispecie estranee al nostro sistema, anche il trust «è stato “forgiato” da centinaia di sentenze civili, penali e tributarie, tanto di merito quanto di legittimità, che ne hanno meglio precisato i contorni ed i limiti di compatibilità con l’ordinamento interno».

La struttura di questo istituto lo rende idoneo a diverse situazioni, con la possibilità di approntare anche delle garanzie a tutela di tutte le parti. «Il trust – sottolinea dunque l’avvocato Campeis – consiste sinteticamente in un fondo separato, detto “fondo in trust”, nel quale un soggetto, il disponente, conferisce dei beni di sua proprietà affinché gli stessi siano amministrati e gestiti fiduciariamente da un trustee, che normalmente è una società professionale di diritto italiano. La gestione viene effettuata nell’interesse di uno o più beneficiari, ai quali sarà attribuita, sopraggiunto il termine finale del trust, la proprietà del fondo in trust medesimo».

Questa modalità di trasmissione del patrimonio si rivela dunque uno strumento estremamente utile, perché «il modo in cui tali beni dovranno essere amministrati, gestiti e distribuiti viene determinato dallo stesso disponente al momento della predisposizione dell’atto istitutivo del trust. Spesso nell’istituto vi è anche una figura ulteriore, quella del guardiano, un organo che può essere singolo o collegiale e che esercita poteri autorizzativi e di controllo sull’operato del trustee». Da qui la sua estesa applicazione nell’ambito del passaggio generazionale d’impresa.

«Il trust – conferma infatti l’avvocato – presenta delle caratteristiche che ne fanno uno strumento ideale per la tutela dei patrimoni familiari. In primo luogo per l’assoluto distacco patrimoniale: il fondo in trust costituisce un vero e proprio patrimonio separato che non può essere aggredito da eventuali creditori del disponente o dei beneficiari. In secondo luogo per la sua flessibilità, giacché ogni tipo di bene può essere conferito in trust, dagli immobili alla liquidità, dagli strumenti finanziari alle partecipazioni societarie».

Può essere quindi questa la soluzione adeguata per la fattispecie aziendale, in quanto «sono previste le modalità più varie per la gestione del fondo e l’attribuzione dello stesso e delle sue utilità economiche ai beneficiari. Ma quello che forse è più importante – aggiunge Campeis – è il che il trust consente, con il trasferimento degli asset in proprietà fiduciaria a un soggetto terzo, con delle precise indicazioni sulla gestione degli stessi e la loro attribuzione finale, di effettuare una programmazione dinamica del patrimonio nel tempo, rendendo possibile gestire situazioni che spesso non sarebbero gestibili attraverso gli ordinari strumenti di diritto interno». L’avvocato dipinge un quadro in cui l’istituto del trust può guidare secondo le volontà del disponente le varie fasi del passaggio di gestione. «È possibile ad esempio – illustra ancora l’avvocato – che siano effettuate attribuzioni patrimoniali diluite nel tempo, commisurate agli effettivi bisogni dei beneficiari, assicurandosi così che gli stessi abbiano quanto necessitano, ma evitando che costoro diventino da subito titolari di somme ingenti. Inoltre, si possono adottare nell’atto istitutivo anche istruzioni di natura non patrimoniale, ad esempio disciplinando le modalità dell’eventuale futura assistenza medico-sanitaria propria o dei beneficiari».

Il trust permette inoltre, con la sua duttilità, di inserire una fase intermedia tra una generazione e l’altra, per gestire «quelle situazioni, in verità piuttosto frequenti, nelle quali non vi sia un successore dell’imprenditore o vi sia ma non sia ancora pronto per prendere le redini dell’azienda». «La partecipazione di controllo dell’impresa sarà quindi trasferita non direttamente ai discendenti, che rischiano di risultare inadeguati, bensì al trustee, il quale, in assenza del fondatore o di altro familiare adatto al ruolo, nominerà solamente amministratori professionali, – chiarisce Campeis – mentre le utilità economiche insite nelle partecipazioni potranno andare a vantaggio dei familiari dell’imprenditore, qualora beneficiari del trust, con la garanzia che l’impresa possa sempre contare su manager qualificati». Ecco così che il trust, oltre che strumento di protezione del patrimonio, diventa anche strumento per tutelare la continuità di impresa e preservarne il valore.

Quest’istituto è dunque destinato ad avere un ruolo importante nel nostro ordinamento, che inizia a riconoscerne i vantaggi. Come precisa Campeis, il trust «di recente ha ricevuto anche un espresso riconoscimento da parte del legislatore che, con legge 112/2016 (cd. legge sul “dopo di noi”), l’ha indicato come uno degli istituti utili a tutelare le necessità delle persone affette da disabilità grave e prive di sostegno familiare». L’origine ultranazionale di questo strumento potrebbe dar luogo a problematiche di carattere giuridico, ma l’avvocato rassicura: «Ogni dubbio circa la legittimità dello strumento o la sua compatibilità con il diritto interno è ormai del tutto superato e il trust viene oggi comunemente utilizzato in diversi ambiti, tanto a supporto della famiglia quanto dell’impresa, quanto ancora nel settore della beneficenza e delle iniziative di utilità sociale».

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