Imprenditori
Poirot e il caso della “normale” normalizzazione
“Coincidences, Coincidences”, da cantare sul ritmo di Promises, Promises di Burt Bacharach (per andare a ritmo, consigliamo questa versione cantata da Dionne Warwich https://www.youtube.com/watch?v=DpKAnp5Klzw) è la colonna sonora ideale per raccontare quello che accade nel mondo della stampa italiana post terremoto istituzionale. E la verità è che, anche qui, non è successo niente. Niente di nuovo, intendo. Ma molto di cui preoccuparsi, sempre che serva a qualcosa.
Perchè, per capire che ci sia in atto un tentativo di “normale” normalizzazione non c’è bisogno certo di avere l’acume del detective di Agatha Christie, ma, come dire, aiuta. E aiuta tenere a mente una massima a lui intestata “una coincidenza è una coincidenza, due coincidenze sono un indizio, tre coincidenze sono una prova“* E guardiamole queste coincidenze, allora.
Oltre ad fiorire di allineamenti spontanei, di smussature autocensoree e di veri e propri cambi di bandiera da parte di singoli giornalisti brillano, in questi giorni post consolidamento governativo del Conte I, il licenziamento del direttore de Il Mattino Alessandro Barbano e il “warning” lanciato dall’editore del Foglio ai suoi dipendenti dalle colonne dello stesso giornale sabato 9 giugno.
Al netto delle simpatie od antipatie personali o professionali, è alle coincidenze presenti nei due casi che tocca dare un’occhiata, anche per far rientrare la vicenda nell’ambito di ciò che abbiamo definito prima una “normale” normalizzazione.
La prima lampante, e dobbiamo dire, storica, per non dire atavica nel mondo dell’informazione italiana. Si tratta di editori “impuri”, gente cresciuta facendo bisiniss per come lo si può fare nel nostro paese, con un occhio (socchiuso) al mercato e l’altro (spalancato) verso i detentori del potere, pronto a cogliere ogni desiderata, a volte ancor prima che questi vengano espressi. Ad un certo punto della loro brillante carriera imprenditoriale, più o meno volontariamente, hanno messo una quota di editoria nel loro carnet, per farsi belli in società.
Ma non sempre le ciambelle riescono col buco e, a volte, c’è bisogno di uno scossone, per far capire che, alla fine, comandano i soldi (e chi potenzialmente ti può dare il permesso di farli, naturalmente). Contano i “contatti”, la capacità di relazione, e, se è il caso, tocca mostrarsi anche accondiscenti con i parvenu dei palazzi che contano. Tanto alla fine, a che servono i giornali, se non a questo?
Una logica che, a chi scrive, ricorda molto quella di un vecchio detto delle sue terre d’origine, “attacca u sceccu unni voli u patruni”** e che consiste in buona sostanza nel fiutare l’aria e mettersi in buona disposizione d’animo nei confronti del potente di turno, in attesa che qualcosa permetta di farsi belli ai loro occhi.
E che c’è di strano in tutto questo, di eccentrico rispetto alla storia del nostro paese? Una cosa normale, vah. Niente di che, come la palma che va sempre più a nord e la rivoluzione che, come ci ricorda sempre Ennio Flaiano, in Italia non si fa mai perchè, alla fine, ci conosciamo tutti.
*in realtà, non è chiaro se la Christie abbia davvero messo in bocca al suo più famoso personaggio queste parole, ma col tempo è diventato un modo di dire consolidato. O, se preferite, una fake news d’antan
**https://scn.wikipedia.org/wiki/Attacca_lu_sceccu_unni_voli_lu_patruni
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