Governo
Far cadere Draghi è stato un grave errore. Ora esigiamo dai politici maturità
Faccio l’imprenditore da oltre trent’anni. E in questi tre decenni ne ho viste tante. Però non ho mai visto un’azienda cacciare un eccellente amministratore delegato; nel mondo delle imprese la proprietà si tiene stretta il manager davvero bravo. E tuttavia nel parlamento italiano, a luglio, è successo proprio questo: alcune forze politiche hanno negato, in un modo o nell’altro, la fiducia a Mario Draghi.
La caduta di Draghi mi ha sconvolto. Ovviamente il suo governo non era esente da difetti, e alcuni ministri facevano meglio di altri. Ma Draghi era e rimane un fuoriclasse.
Gli italiani non meritavano la caduta di Draghi, in un momento così difficile per la nazione, per l’Europa e per il mondo. Sfide economiche, geopolitiche, energetiche e climatiche di enormi proporzioni ci attendono: è stata una mossa intelligente cacciare l’uomo di cui Bruxelles, i mercati e le cancellerie di mezzo mondo si fidavano di più? È stata una scelta lungimirante indebolire così un governo che poteva lavorare al servizio del Paese per altri, preziosi mesi?
Così è andata, e ciò che è fatto non può essere disfatto. Ma dopo lo sconcerto per la fine del governo Draghi, è subentrata in me l’indignazione per una campagna elettorale che a oggi è stata (soprattutto) una fiera di banalità, uno sciocchezzaio, un carosello di slogan vuoti, promesse tanto mirabolanti quanto improbabili, urla: non solo da parte dei populisti, ma anche di molti moderati o sedicenti tali.
Non sono l’unica a pensarla così. Conosco (a Trento, a Verona, a Vicenza, a Pordenone, a Milano, a Torino, a Napoli) tanti imprenditori e professionisti capaci che la pensano come me. Anche non pochi miei collaboratori sono preoccupati. L’ansia è tangibile, e trasversale alle classi, come si sarebbe detto un tempo. Molti si stanno preparando al peggio, la rassegnazione è frequente.
C’è però chi non si rassegna. A Treviso, per esempio, un gruppo di persone di diverse generazioni e occupazioni hanno deciso di reagire. Ad agosto hanno costituito, coinvolgendo professionisti e imprenditori da tutto il nordest (incluso il sottoscritto), un gruppo rigorosamente bipartisan che non vuole sostenere alcuna forza politica, ma piuttosto sollecitare i cittadini a chiedere alla politica una prova di maturità. Perché il punto non è tanto ciò che accadrà il 25 Settembre, ma ciò che accadrà il giorno dopo, e il giorno dopo ancora, e così via. La campagna elettorale la si fa correndo da uno studio televisivo all’altro, da un comizio all’altro; per governare bisogna invece fermarsi, sedersi e iniziare a fare i conti con la realtà: dal boom dei costi dell’energia alle difficoltà di famiglie e imprese, dalla situazione in Ucraina alle tensioni tra Cina e USA, dalla crisi climatica al crollo della natalità.
Vogliamo che ogni leader di partito spieghi il perché, il cosa e il come delle sue proposte, in modo esaustivo e dettagliato, con cifre e dati, in modo da consentire a noi elettori di capire, valutare fattibilità e impatto, decidere. Nessuno di noi comprerebbe un’auto senza sapere i consumi o il costo, nessuno di noi acquisterebbe una casa “a scatola chiusa”, nessuno di noi iscriverebbe i figli a una scuola di cui non sa nulla; perché dovrebbe accadere diversamente quando si vota? Anzi: ci tengo a sottolineare che nessuna scelta è più importante di quella che facciamo con il voto; godiamo della democrazia e del suffragio universale grazie al sacrificio (talvolta supremo) di chi ci ha preceduto, sforziamoci di esserne all’altezza.
Noi del gruppo vogliamo capire dove i partiti troveranno le risorse per attuare i loro programmi, senza ipotecare ulteriormente il futuro dei nostri giovani attraverso il deficit. Si faccia piena chiarezza, e si spieghi quale sarà il ruolo dei cittadini e il contributo che saranno chiamati a dare, perché il raggiungimento di ogni importante traguardo richiede impegno e sacrificio da parte di tutti.
Da imprenditore so che serve visione per guidare un team. I collaboratori non danno il cento per cento quando l’obiettivo è tirare a campare, ma soltanto quando hanno ben chiara la meta. I leader dei partiti spieghino dunque come i loro programmi si integrano in una visione di sviluppo a lungo termine del nostro Paese, da decenni in balia di continue emergenze, spesso a causa dell’incapacità dei politici di guardare al domani con intelligenza e lungimiranza: la crisi del gas è un esempio lampante di ciò.
Ancora, avevamo al governo una persona credibile e molto competente in grado di guidare la nave Italia attraverso le tempeste; con lui la nave era diventata persino un po’ più solida e veloce di altre. Alcuni partiti hanno però deciso che quella persona non serviva più, e noi non abbiamo ancora capito perché. Ora chiediamo ai leader dei partiti di dichiarare se per il prossimo governo sceglieranno ministri e sottosegretari in virtù delle loro competenze ed esperienze, o sulla mera base di equilibri tra correnti e giochi partitici. Si impegnino poi a mostrare i CV di coloro che costituiranno la compagine di governo, spiegando nel dettaglio i motivi di ogni scelta.
È chiedere troppo? Non credo. Anzi, ritengo sia il minimo sindacale per una democrazia vera, di tipo occidentale. E spero che i lettori interessati vogliano dedicare un po’ di tempo alla nostra iniziativa per capire meglio: http://www.gruppo26settembre.it/
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