Imprenditori

Il settore orafo recupera dopo la pandemia e guarda con ottimismo al futuro

19 Marzo 2022

Un imponente rimbalzo nel 2021 ha portato a recuperare le perdite del 2020. Grazie a questo ritorno ai livelli pre-Covid, il settore orafo può guardare con  ottimismo al prossimo futuro, nonostante l’aumento dei prezzi delle materie prime accelerato dalla guerra in Ucraina. Sono questi, in sintesi, i cardini della prima inchiesta sui risultati quantitativi del settore – realizzata da Intesa Sanpaolo con Il Club degli Orafi – per evidenziare le attese, le principali difficoltà e le tendenze in termini di scelte strategiche delle imprese attive sia nella produzione, sia nella distribuzione.

Gli intervistati hanno confermato gli ottimi risultati del 2021: quasi il 60% non ha subìto cali del fatturato nel 2020 o li ha già completamente recuperati nel 2021. L’indice di fatturato ISTAT mostra una crescita dell’oreficeria e bigiotteria di oltre il 50% nel 2021, che porta i livelli del 17% al di sopra di quelli del 2019, un dato nettamente superiore alla media manifatturiera (+9%) e soprattutto agli altri comparti della moda, cha ancora soffrono di un gap nei confronti del pre-pandemia.
Cruciale per il recupero del settore la straordinaria competitività sui mercati internazionali, con le esportazioni che hanno toccato il record storico di €8,5 miliardi per oreficeria e bigiotteria e di 7,5 miliardi per i soli gioielli in oro, grazie agli ottimi risultati conseguiti su tutti i mercati, in particolare gli Stati Uniti che rafforzano il proprio ruolo di primo sbocco.

Dopo l’avvio della guerra in Ucraina, circa il 78% degli intervistati evidenzia un impatto negativo che potrebbe tradursi principalmente nell’incremento dei prezzi delle materie prime. In uno scenario che rimarrà denso di tensioni anche nel medio termine, il prezzo dell’oro è atteso rimanere su livelli elevati, sopra i 1900$/oncia anche nel prossimo biennio. Nel 2021 le esportazioni italiane di gioielli verso Russia e Ucraina sono state pari a €36 milioni (25 milioni verso la Russia e 11 verso l’Ucraina); rispetto al totale delle esportazioni italiane presentano un peso dello 0,5%. Nel ranking del 2021 la Russia rappresenta il 33° paese e l’Ucraina il 44°.

Significativa la capacità di reazione: 30% delle imprese dichiara di stare pensando a modifiche organizzative in seguito al conflitto, in particolare attraverso una revisione dei canali di approvvigionamento ma anche dei listini e dei canali di vendita. La reattività delle imprese è basata su una elevata propensione all’investimento: il 60% dichiara di aver aumentato i propri investimenti nell’ultimo biennio, nonostante la pandemia, con una particolare attenzione nei confronti della formazione e del capitale umano, che ha ricevuto il massimo dei punteggi in termini di priorità ed è stato indicato solo dal 5% del campione come “non rilevante”. Seguono la digitalizzazione della fase produttiva, la Ricerca e Sviluppo e la valorizzazione del marchio.

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