Imprenditori

Glamping. Un’experience ustionante

11 Maggio 2023

Certo che alla ministra Saint in what non si può negare che abbia un’attività onirica sviluppatella anzichenò. Dalla sommità del summit del Meet Forum a Stresa (scusate i termini stranieri, ma è uno slalom nell’inglese, accenderò una petizione per multarla) la ministra del turismo ha sentito la necessità di palesare una cosa di cui finora nessuno sembra essersi accorto, dice lei.

«Oggi la tendenza è sul glamping, l’evoluzione del campeggio di altissimo lusso. Mi sono chiesta: «Ma sull’Etna, dove c’è una natura meravigliosa, è possibile che un imprenditore italiano non vada lì a fare un glamping e a studiare come portare turisti da tutto il mondo su un vulcano vivo?». Io lo aiuterei in ogni modo. Quante straordinarie opportunità avremmo se ci fosse qualcuno che ci crede e sapesse anche un po’ sognare».

Dopo Open to Meraviglia adesso il suo sogno è il “glamping”. E che cos’è ’sto glamping? Prima di oggi non lo sapevo. Apprendo, indagando sulla rete, che sarebbe una sorta di campeggio, ma campeggio è un termine generico per indicare un modo di campeggiare in maniera lussuosa.

A parte il fatto che l’Etna, pienissimo di turisti che lo visitano tutto l’anno, con gite ben controllate e con guide speciali, non è certo un luogo dimenticato dagli imprenditori.

Intravedo cosa si configuri nella testa della Saint in What: non c’è un campeggio con tende da Decathlon o da supermercato, ma uno spazio con bungalow shabby chic attrezzati di bagno privato, con lavabi e vasche con rubinetti d’oro, due o tre. Uno è il solito miscelatore di acqua calda e fredda. Il secondo invece distribuisce champagne, il terzo, forse, amarone, o, nel caso dell’Etna, un Nero D’Avola o un dolce Marsala. Direttamente nella vasca da bagno, certo. Per il drink c’è il frigo bar sotto la tv. Un glamping da Mille e una botte.

Anche fare il bagno nel vino sembra che sia molto chic e che faccia perfino bene. Esistono già dei resort (scusate ancora i termini stranieri), in Italia, che promuovono questo lussuoso passatempo. Vicino Siena ce n’è uno. Pensa farlo sull’Etna. E pensa magari farlo in un salone con piscina con vista sul cono principale del vulcano. Accanto un dispositivo a gettoni che spiega: con un gettone (250€), eruzione per un minuto. Per 5 minuti di eruzione 5 gettoni. I gettoni si possono ritirare alla reception (ops, ancora). O, forse, i gettoni si possono anche vincere nel casinò annesso al resort, perché no. Anche le fiches (pronunciato proprio come scritto, come probabilmente farebbe un noto politico siciliano, etneo anch’egli, oggi ai massimi livelli) potrebbero essere disegnate a forma di vulcano e il cratere della stessa roulette potrebbe essere disegnato da un architetto di grido, magari lo stesso che ha disegnato il Twiga. Una roulette dove il rosso e il nero sono i colori della lava, incandescente e rappresa.

Immaginiamoci che, finalmente, dopo la geniale e onirica intuizione di Saint in What ci sia un sognatore che voglia realizzare ’sto glamping sull’Etna. Il nome potrebbe essere “Hefesto’s Glamping”, oppure “Un’Hefestian Experience”, visto che al Twiga si vive “un’experience”.

Perché l’idea, inevitabilmente tascia, di Saint in What, che, va da sé, si conferma una delle principali esponenti della corrente estetica del Neotascismo, ci appare così ridicola?

Perché con un vulcano attivo (o vivo, come dice lei) non si scherza mai. Non è un caso che, a parte qualche rifugio sparuto ad alte quote, le strutture turistiche stiano a distanze ragguardevoli dai coni. Perfino gli stessi paesi etnei, che sono pure a una notevole distanza dalle bocche eruttive, di tanto in tanto vengono distrutti da terremoti e da colate laviche, magari fermate da sant’Agate portate in processione, oppure no. Funivie, rifugi, piste, strade troppo vicini alle bocche eruttive sono stati cancellati dalle colate laviche, e di tanto in tanto, senza preavviso, si aprono crateri eccentrici, anche lontani dall’edificio vulcanico principale. D’altro canto è il mestiere del vulcano attivo.

In Italia, anziché stare alla larga dai vulcani attivi, ci si costruisce sopra (Vesuvio, Campi Flegrei, Vulcano, ecc.), quasi sfidando la furia di Efesto, il quale, spesso, urtato dal solletico che sulla sua epidermide fanno gli umani, quando il troppo è troppo, si vendica. Difficilmente in Giappone o in Messico si troverà un glamping vicino a un vulcano. O magari sì, chi lo sa. La Saint in What ne avrà visto qualcuno, di ‘sti glamping vulcanici, per affermare con tanta sicurezza la sua idea.

Forse la Saint in What dovrebbe vedere un film cinese del 2019, Skyfire, che illustra un resort di superlusso, come piacerebbe alla neotascia, su un’isola vulcanica, con tanto di ascensore panoramico nel cratere. Inevitabilmente il vulcano fa il vulcano ed entra in eruzione, sennò che disaster movie (ancora, e basta co’ sti termini stranieri) sarebbe, una parte di personaggi crepa cotta nella lava o colpita dalle bombe o sprofondando, un’altra parte viene messa in salvo con tanti effetti speciali. Ma è un film, naturalmente. Nel caso ci fosse una nube ardente etnea, ma di quelle vere, difficilmente i glampeggiatori potrebbero salvarsi. Pensa te, pago un sacco di soldi per un glamping che ha pure il tasto game over (scusate, ancora).

https://www.comingsoon.it/film/skyfire/62041/video/?vid=38659

Saint in What non conosce bene i vulcani, evidentemente, li guarda da lontano e pensa che siano controllabili come il centro tavola elettronico e animato che mette sulla tavola natalizia.  Open to Calamity. Ah, dimenticavo, l’Etna e il suo comprensorio naturale sono un parco nazionale e qualche camping c’è già. Ma impiantarne uno accessoriato e superlussuoso nei posti che piaceranno a lei, la vedo difficile… qualche vincolo, purtroppo, nei parchi nazionali c’è.

La persona giusta al posto giusto. Ci meravigliamo come non ci sia anche Bry al suo fianco, in questa proposta di luxury estremo che tra poco attrarrà investitori da tutto il paese: Un’experience ustionante, indimenticabile.

 

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