Imprenditori
Cuneo fiscale 2015: cosa cambia davvero per imprese e lavoratori?
Il premier Matteo Renzi ha comunicato i cambiamenti per chi assume come di consueto tramite un “cinguettio” di Twitter attraverso l’immagine di una tabella che riporta le differenze tra 2013 e 2015.
https://twitter.com/matteorenzi/status/557475741349478401
Vediamo cosa cambia davvero e come cambia la situazione di Lavoratori e Imprese.
1. I dati di confronto sulla sinistra della tabella sono relativi al 2013, non al 2014, quindi sommano anche i supersgravi Irap introdotti da Mario Monti con l’inizio del 2014 e i c.d. “16 euro” di Enrico Letta.
2. Sulle coperture: in realtá sono presenti per il 50%, dato che ci hanno tagliato le stime di crescita l’effetto flessibilitá dell’Europa dovrebbe essere annullato; inoltre, la decontribuzione (che fa crollare il costo del lavoro) è finanziata con tagli agli enti locali e previsioni di privatizzazioni (Poste, Enel e Eni, municipalizzate), ma i soldi sono così pochi che probabilmente non basteranno.
Ci salveranno gli (storicamente mal sfruttati dall’Italia) investimenti europei (sono sempre soldi nostri, redistribuiti dall’UE), o scatteranno le accise e l’IVA al 25,5%.
ll discorso delle coperture che ancora non sussistono sul totale, ma sono parziali, l’ha confermato anche la senatrice Maria Cecilia Guerra in un recente convegno sul tema Jobs Act.
3. A questo punto occorre distinguere: per la grande impresa la nuova riforma del lavoro si attaglia a un “banchetto a prezzo irrisorio” e preoccupano i rischi reali sopraevidenziati.
La convenienza all’assunzione per le imprese è evidente: risparmiare il 20% del costo del lavoro con un contratto con cui bastano dalle poche mensilitá di indennizzo per licenziare dopo soli tre anni. Inoltre se si viene licenziati per motivi disciplinari di qualsiasi rilievo all’impresa non occorrerà nemmeno versare tale l’indennizzo.
4. Per quanto riguarda invece la situazione delle PMI (che ricordiamolo, sono la maggioranza in Italia) ritengo che questo rischio sia molto più contenuto; il valore economico della formazione del lavoratore assunto a contratto indeterminato con tutele crescenti, non determinabile a priori ma presente nel bilanciamento imprenditoriale costi/benefici, a mio avviso farà da elemento dissuasore alla c.d. “monetizzazione del lavoratore“.
Come al solito anche in questa riforma del lavoro si assimila la realtà della grande impresa anche alla media e piccola: in altri termini “si buttano tutte le imprese nel mucchio“, senza distinguere le peculiarità gestionali che la dimensione d’impresa inevitabilmente comporta.
Si tratta a mio modesto avviso di mancata lungimiranza e a ben guardare di un macroscopico errore di valutazione l’equiparazione tout court delle PMI alle grandi imprese, frutto di una cecità del Legislatore a mio modesto avviso davvero incomprensibile: le regole del gioco appaiono tarate su una situazione imprenditoriale più estera che non italiana.
Rimane da vedere se si vorrà metter mano a questa nota dolente, per favorire un rilancio dell’occupazione e delle imprese in maniera duratura e non temporanea.
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