Imprenditori
Anche a Mosca si muore di Putin
Lo hanno gettato da una finestra del sesto piano di un ospedale di Mosca: il presidente del consiglio di amministrazione del gigante petrolifero russo, Ravil Maganov, è morto stamattina, a 67 anni, seguendo il destino del suo collega Alexander Subbotin, morto (ufficialmente infarto cardiaco) con una pallottola in testa a marzo, poche ore dopo che la Lukoil, in un comunicato stampa ufficiale, aveva comunicato di essere contraria alla guerra d’occupazione in Ucraina.
A luglio avevamo scritto della lunga serie di oligarchi, critici del regime, morti in circostanze estremamente sospette (talvolta insieme alle loro famiglie) da febbraio ad oggi[1]. Vladimir Putin ha un solo modo di discutere: ammazzando. Un solo modo di negoziare: minacciando un attacco nucleare, mandando migliaia di ragazzi russi a morire all’estero. In un mondo che ha sostituito l’egotismo all’individualismo, in cui si apprezza il vincente, non importa con quali mezzi, Putin rappresenta la punta di un iceberg che sta rapidamente portando l’umanità all’estinzione: non esiste un modo per farlo smettere, e se lo si sconfigge lui è probabilmente pronto a tutto, persino ad un olocausto nucleare.
Certamente ha dimostrato di non avere alcuna remora nel far massacrare i suoi più leali collaboratori: Lukoil è un’azienda strategicamente gestita dal Cremlino, e non un qualche commerciante di idrocarburi. Il segnale è chiarissimo: le cose in Ucraina vanno male, l’esercito è in grave difficoltà, ed il dittatore russo reagisce con la morte di uno dei suoi critici più influenti e, sempre stamattina, con la chiusura degli oleodotti che portano il gas di Lukoil e di Gazprom in Germania e, quindi, nell’Unione Europea. Il fatto che le condizioni di vita in Russia, a causa della guerra e delle sanzioni internazionali, siano estremamente critiche, Putin dimostra di non prendere minimamente in considerazione la possibilità di trovare una soluzione compromissoria. Si va avanti, a qualunque prezzo.
Pochi giorni fa, in un attentato dinamitardo, una delle donne più importanti per la propaganda a favore della guerra, Darya Dugina, è morta tra le fiamme della propria auto[2]. Putin aveva accusato gli ucraini dell’assassinio ed aveva minacciato ritorsioni di proporzioni bibliche. Eccole: un oligarca gettato dalla finestra e la chiusura dei rubinetti del gas – oltre alle minacciose operazioni belliche intorno alla centrale nucleare di Zaporozhyie.
Cosa cambia per noi occidentali? Poco, perché siamo disuniti, e persino gli Stati Uniti, che sono il vero oggetto dell’attacco russo all’Ucraina, dimostrano di aver aggirato le sanzioni che loro stessi avevano deciso, e continuano a comprare, ogni giorno, centinaia di milioni di dollari di idrocarburi dalla Russia. Oggi inizia settembre, e sta per arrivare la mazzata degli aumenti interstellari dei costi dell’energia e, di conseguenza, dei generi alimentari e qualsiasi altra merce.
Eppure dobbiamo resistere, in qualche modo dobbiamo rinunciare alla voglia di arrenderci: non possiamo abbandonare l’Ucraina al proprio destino, come facemmo con la Boemia ed i Sudeti a metà degli anni 30, nella speranza che Hitler si fermasse lì. Se lo facessimo, ne sono certo, per Putin sarebbe il segnale che possa osare di peggio. Si sta comunque preparando a farlo[3]. Dopo oltre mezzo secolo di gravissimi errori e di bugie propagandistiche da entrambe le parti del muro, ora siamo arrivati alla resa dei conti. E chi non è d’accordo, si prepari a volare giù da qualche finestra.
[1] https://www.glistatigenerali.com/intelligence_russia/per-putin-scocca-lora-del-regolamento-dei-conti/
[2] https://www.glistatigenerali.com/russia_terrorismo/muore-licona-del-neofascismo-russo/
[3] https://www.glistatigenerali.com/geopolitica/gotland-dove-comincia-la-nuova-guerra-mondiale/ ; https://www.glistatigenerali.com/diritti-umani/minsk-due-anni-dopo-il-lutto-senza-speranza/ ; https://www.glistatigenerali.com/russia_terrorismo/il-wagner-group-i-fantasmi-di-morte-scatenati-dal-cremlino/
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