Imprenditori
Addio Re Tamarro
Silvio Berlusconi se n’è andato. Ci siamo chiesti in tanti quando sarebbe successo, dacché ci sembrava eterno, ed è successo. Se n’era andato da un po’, dal centro della politica e soprattutto dal vitalismo che l’aveva sempre contraddistinto, il nostro Re Tamarro: amarro come tanta parte del Paese che per quasi trent’anni l’ha votato.
Trent’anni, un intero ciclo politico e oltre, sono tanti, anche se i suoi trent’anni, la seconda Repubblica e un pochino della Terza, sono stati e sono anni precari e sfrangiati, nulla in comune con la plumbea solidità della Prima. Berlusconi ha definito la Seconda Repubblica ed è morto da padre della maggioranza di governo attuale, oltre che da musa ispiratrice di gran parte dell’opposizione. È stato un politico di lunghissima durata e straordinario, ancorché controverso impatto e per questo merita i funerali di Stato, senza discussione, I 7 giorni di lutto nazionale sono ovviamente esagerati, per lui come per chiunque in uno stato repubblicano e fanno parte del lato fantozziano del Re Tamarro, ultimo omaggio della Megaditta al suo Presidente Galattico. Politico sgrammaticato ma rilevantissimo Berlusconi, statista molto meno rilevante, di cui ricordo poco più che la legge Sirchia sul fumo e le Tremonti sugli incentivi alle imprese, oltre ovviamente ai tira e molla sulla giustizia. Statista discutibile in una stagione di statisti discutibili, a parte l’Euro, perché la politica nella stagione di Berlusconi cominciava ad essere scritta sulla sabbia e non sul marmo del mausoleo tamarro di Cascella, che ne accoglierà ad Arcore le spoglie mortali.
La morte di Berlusconi ha riacceso brevemente anche le macchine di quell’indotto politico e culturale che per trent’anni ha campato sulla sua mostrificazione e sull’attribuzione al Re Tamarro, alla sua corte e alla sua visione del mondo la scaturigine di tutti i mali. Quando il Re Tamarro è sceso in campo nel 1994, ero dalla parte di coloro che pensavano sarebbe tornato il Fascismo (di cui aveva raccattato gli eredi) e non sarebbe più ricresciuta l’erba. Con occhio non simpatetico, ma convinti che magis amica veritas, sappiamo che non è andata così. Il Re Tamarro non ha peggiorato il Paese, è stato l’autobiografia di una larga parte. Ha vinto tante elezioni, tante ne ha anche perse, nonostante controllasse l’informazione televisiva, lasciando il potere sempre in modo composto e democratico (chiedete agli americani e ai brasiliani per referenze sui vulnera veri alla democrazia).
Berlusconi non ha rincoglionito gli italiani, Sardanapalo che ha pervertito un Paese sobrio e pudico, che prima che lui invadesse le televisioni di tette e culi leggeva la sera sonetti di Petrarca o guardava in arene popolari retrospettive di Godard, scemenze. Da imprenditore e da politico il Re Tamarro ha incarnato tanto, tantissimo del nostro carattere nazionale, l’energia di chi aveva voglia di fare, anche tagliando gli angoli, e un’idea popolare, un po’ infingarda e cialtrona, ma laica e sanguigna di priorità, divertimento, orizzonti di vita. Che erano e sono rimasti quelli degli anni ’80, la stagione in cui il Re Tamarro è diventato Re.
Quando al liceo facevo politica, nella nostra madrasa della FGCI di Milano non c’era nulla che si odiasse più degli anni ’80, di Reagan e di Dallas. Io ero un po’ pecorone e gli andavo dietro, anche se alla fine a me e ai mei genitori ristoratori non è che gli anni ’80 avessero fatto proprio schifo, come a nessuno che uscito da atavica povertà si trovasse nella Milano di Tincati, dell’Oca nera e del due fili sulle spalle in cui il Re Tamarro spopolava.
Adesso che sono più grandicello, e politicamente assai più laico, vedo in tutto quel livore la paura fottuta di un mondo, la cultura e l’offerta politica della Sinistra, di perdere grip col Paese perché non si aveva più niente da dire alle sue cavità profonde, che non erano per nulla tutte buone, colte e rette, non lo erano mai state e non lo sono nemmeno adesso. Diceva la più grande antitesi intellettuale di Berlusconi prodotta in questo Paese, Piero Gobetti, che “a un popolo di dannunziani non si può chiedere spirito di sacrificio”, che è quello che il mondo alternativo a Berlusconi ha chiesto agli italiani fino all’arrivo del Principe Tamarro, Matteo Renzi.
Il Re Tamarro è stato Re perchè tamarri erano i suoi volontari sudditi e tamarra tanta parte del Paese. Fare finta che non sia così, volerla educare al bon ton, o pensare che il paese reale fa schifo e volerlo scambiare per un altro ha condannato giustamente la Sinistra alla minorità, condizione nella quale sembra trovarsi così bene da aver scelto una nuova leader che il giardino della minorità lo coltiva con passione.
Buon viaggio, Re Tamarro.
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