Immobiliare
Superstar cities sotto attacco: crisi da successo o declino di un modello?
Per chi è appassionato di economia delle città, è questo un periodo particolarmente effervescente. Dai recenti articoli del Wall Street Journal sull’apparente declino economico di San Francisco alla cronaca quotidiana italiana che ci racconta di una Milano sempre meno inclusiva e sicura, sono diversi i segnali che sembrano indicarci che il modello delle superstar cities è in difficoltà. Ma è davvero così?
Per provare a rispondere a tale quesito, occorre prima fare un passo indietro e mettere a fuoco la questione da un punto di vista economico. L’economia della conoscenza contemporanea è dominata da un circuito ristretto di Alpha o superstar cities. Da San Francisco a Boston, e da Londra a Milano, è lungo queste direttrici che si spostano oggi multinazionali, finanza e talenti. I processi agglomerativi dell’economia tendono ad autoalimentarsi e a crescere nel tempo facendo emergere l’importanza della co-location dei fattori produttivi che sono base della creazione del valore economico contemporaneo. I processi agglomerativi portano in città imprese e talenti, che alimentano la domanda locale di beni e servizi e, soprattutto, di immobili. E siccome l’offerta di immobili è solitamente rigida, ossia fa fatica ad aggiustarsi ad una domanda in forte crescita, i prezzi salgono rapidamente.
The winner takes it all
A Milano, ad esempio, negli ultimi dieci anni (2012-2022) il valore medio del mercato immobiliare si è apprezzato del 30%. Nel resto delle principali città Italiane, tale valore è sceso quasi ovunque, con la sola eccezione di Bologna (+15%). A Roma, ad esempio, lo stesso indicatore segna un -23%, a Torino addirittura -26%.
Negli Stati Uniti, il fenomeno è ancora più radicale. Nel 2022, un affitto medio a San Francisco si aggirava attorno ai 4.000 dollari al mese, cifra che ha contribuito ad alzare a 120.000 di reddito familiare annuo la soglia per gli aventi diritto ai food stamp – i buoni pasto sussidiati dal governo. Nella stessa Bay Area, il valore medio di un immobile è arrivato a valere circa 20 volte quello del real estate di città come Detroit e 10 volte quello di Pittsburgh. Quando non accompagnato da un adeguamento dell’offerta di immobili, l’apprezzamento del mercato immobiliare di una città tende a rafforzarsi nel tempo rendendo la città stessa meno aperta e inclusiva. In poche parole, si concentrano nelle città Alpha solo persone con redditi alti spingendo fuori dai confini urbani professionisti, studenti e creativi che rappresentano dei tasselli centrali in qualsiasi ecosistema dell’innovazione di successo.
L’effetto donut
Ciò che sta accadendo a San Francisco è emblematico anche se rappresenta un fenomeno quasi unico nel suo genere. San Francisco sta facendo i conti in questi mesi con un importante esodo di professionisti qualificati, che tendono a spostarsi verso luoghi dove il costo della vita è inferiore, come Austin in Texas. Alla base di questa migrazione vi è però un fenomeno ancora poco diffuso in Europa: il permanent remote work, ossia la possibilità concessa ai lavoratori di lavorare esclusivamente da remoto. È questa una modalità di organizzare il lavoro che si è diffusa velocemente negli Stati Uniti, abilitando di conseguenza un numero crescente di professionisti a ripensare la propria geografia in favore di città maggiormente accessibili. Sono professionisti che lavorano principalmente nell’industria del tech e del digitale e che dal post Covid hanno iniziato a beneficiare di una completa flessibilità lavorativa. Laddove però la gestione del lavoro non segue la logica del fully remote, le persone rimangono costrette a vivere nei pressi delle città Alpha, magari accettando di spostarsi in aree periferiche ma non troppo lontane da compromettere uno o due viaggi a settimana verso l’ufficio. È il cosiddetto ‘donut effetto’, dove la ciambella si inspessisce nella periferia urbana svuotando al contempo il centro urbano, proprio come il famoso dolce.
Il mercato immobiliare diventa forza centrifuga
È questo uno scenario ben raccontato qualche settimana sul New York Times dal premio nobel per l’economia Paul Krugman e che sembra anticipare un modello che potrebbe adattarsi al contesto economico di Milano nel prossimo futuro. Le forze in campo d’altra parte sono ormai evidenti: l’effetto centripeto delle economie di agglomerazione vs. la forza centrifuga del costo della vita derivante in buona parte dall’apprezzamento del mercato immobiliare. È difficile prevedere quale sarà la forza dominante, anche se il caso di San Francisco offre diversi spunti di riflessione. Ciò che tuttavia appare chiaro è che il modello delle superstar cities potrebbe rivelarsi più vulnerabile di quanto abbiamo fino ad oggi pensato. È, per ora, una ‘crisi da successo’ ma potrebbe trasformarsi nei prossimi mesi nell’inizio del declino di un modello che pensavamo fosse invincibile. I governi delle città Alpha farebbero bene a prendere nota.
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