Economia e Lavoro

I sindacati hanno stancato gli italiani, i partiti ancora di più

18 Novembre 2014

Tra rottamazione e cambiamento i bersagli sono all’ordine del giorno. Abbattuto uno, avanti il prossimo. Non sempre tuttavia la questione è così facile e immediata. A volte il nuovo o vecchio nemico resiste, a volte è la storia ad opporsi e allora la partita rischia di protrarsi più a lungo del previsto e con esiti incerti. Poiché le vittime del cambiamento di solito sono straordinariamente coincidenti con i luoghi comuni della pubblica opinione, nessuno piange più di tanto o sembra più di tanto disposto a soccorrerli.

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L’imputato di cui stiamo parlando, la CGIL, o meglio, l’intera categoria dei sindacati, non è certo amata dagli italiani per l’evidente scollamento rispetto alla complessità delle tematiche in gioco nell’evoluzione del mondo del lavoro. Ma come dice la mia nonna, sindacalista naturalmente, non bisogna buttare il bambino con l’acqua sporca. Se guardiamo all’elenco delle istituzioni, i sindacati stanno si nelle posizioni finali ma sono in buona compagnia e godono comunque di maggior considerazione del governo, per non parlare dei partiti.

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Interessante è anche constatare la maggior vicinanza dei giovani che meno li conoscono ma sono perfettamente in grado di riconoscere un bisogno molto basico e cioè quello di essere rappresentati (o non disintermediati) quando si tratta di difendere un diritto fondamentale come quello del lavoro. Da ultimo, diamo uno sguardo agli ultimi dieci anni, per trovare una sostanziale stabilità del dato. Non siamo di fronte a un trend crescente ma a un’endemica disaffezione che evidentemente non evolve naturalmente in senso negativo.

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Viene da chiedersi, a questo punto, siamo sicuri che i lavoratori non abbiano più bisogno di sindacati? I dati ci dicono piuttosto che un vuoto in questo senso non sarebbe facilmente colmabile.

 

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