Grandi imprese
Vite straordinarie di uomini non illustri
L’anno prossimo compirà cent’anni. Nacque sulle macerie della Grande Guerra, si sposò ed ebbe due figli, prima di essere chiamato soldato per la Seconda. Prigioniero in Germania, riuscì a sopravvivere. Quando tornò alla fine della guerra la moglie morì, e lui si ritrovò a 25 anni una vita intera già vissuta, e una tutta da cominciare. Questo è solo l’incipit della storia straordinaria e durissima che racconta con parole chiare e lente, oltre che una forma di eccitato candore. Oggi vive solo. Si alza e si fa la barba, poi va al centro assistenza anziani fino al pomeriggio, perchè non gli piace star solo, e perché un bel pasto completo gli fa bene. La vista è ancora dignitosa, la lucidità gli permette di vincere anche qualche partita a scala 40. Nel weekend va a trovare qualche fratello. È sempre vestito impeccabile, con giacca e cravatta. L’ho visto andare verso il bagno, con il passo controllato e fiero, appena un po’ meccanico. E quando mi ha stretto la mano non gliela avrei mai più lasciata. Sentivo passare l’energia mai domata di un secolo intero. La domanda è spontanea: come ha fatto ad arrivare fin qui, ancora così intatto e ottimista? La selezione naturale, una possibile risposta. Quel tempo, senza ammortizzatori e previsioni, premiava i più resistenti, di testa e di fibra. E quelli che sopravvivevano volevano vivere. Ma anche la Memoria. Noi siamo ormai degli homo sapiens alzheimer, in attesa del microchip di terabyte da inserire nel cervello: ne accumuliamo troppa inutile e di passaggio, e intanto perdiamo per strada quella che ci racconta; con conseguenze che fanno spavento. Lui non si è mai più risposato, e la moglie, morta quasi ottanta anni fa, è ancora nei suoi pensieri quotidiani. Ma senza visioni mistiche: la potenza di quello che ha condiviso, in pochi mesi, con quella donna, non poteva essere sostituito. La memoria è la sua stessa identità. Il sentimento che misura tutto. La stessa sostanza di cui è fatto.
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