Grandi imprese
Un’Italia orgogliosa difenda il suo sistema bancario
Sono bastate le parole del governatore della Bce, Mario Draghi, per riportare il sereno sulle piazze finanziarie e in particolare in Italia.
Ma, c’è da esserne certi, il tema banche ritornerà di attualità e sarà un’occasione per mettere strumentalmente in mora l’Italia, almeno sul piano del dibattito pubblico e delle agende politiche.
Il carattere ‘leggero’ e avventato del nostro presidente del Consiglio si compone con la dura legge della giungla che regola i rapporti all’interno dell’Unione europea producendo un cocktail pericoloso per l’Italia e siccome noi, prima di essere pro o contro Renzi, dobbiamo essere dalla parte del nostro Paese, dobbiamo chiarire alcune cose.
Quando scoppiò lo scandalo «Lehman Brothers» che diede la stura alla crisi mondiale del credito, gli Stati Uniti si indebitarono esageratamente per salvare le loro banche, compromesse fino al collo da un sistema malato e corrotto. Lo stessero fecero i britannici, in misura minore i tedeschi e i francesi.
L’Italia non dovette mettere in campo, al contrario, neppure un euro e ora possiamo dire che ciò fu merito della nostra Banca d’Italia e in particolare del governatore Antonio Fazio, sotto la cui guida venne consolidato e ristrutturato il sistema creditizio nazionale, favorendo fusioni e nascita di sempre più solidi istituti bancari.
La tanto vituperata Banca d’Italia di Fazio è insomma stata all’altezza del proprio compito. Altrettanto non si può dire di ciò che è avvenuto gli anni successivi, quando Bankitalia si è dimostrata incapace di arginare fenomeni impropri come la vendita di obbligazioni subordinate allo sportello, e tanto altro…
È per questo che Renzi – con ritardo, dopo un ‘ripassino’ della lezione operata dal ministro Padoan a palazzo Chigi – ha finalmente dichiarato che il sistema bancario italiano è solido.
Dobbiamo dirlo tutti perché è vero e perché nessuno in Europa ha titolo di insegnarci nulla in proposito, come ho brevemente ricordato.
È vero però che la prolungata crisi economica ha via via indebolito gli istituti creditizi che avevano offerto prestiti a un sistema produttivo che per troppi anni ha patito sofferenza. Compromettendo, come è noto, l’erogazione del credito.
La ‘tregua’ offerta dal governatore della banca centrale europea, dunque, non deve far dormire l’Italia sugli allori ma offrire il tempo necessario per far decollare al più presto la cosiddetta “bad bank” che, come è noto, non è un’invenzione italiana ma svedese.
Perché ciò si realizzi, Renzi deve però abbandonare una volta per tutte il giubbino di Fonzie e dotarsi di una visione strategica e di un senso dello Stato che pare ogni giorno di più mancargli, come hanno dimostrato le scomposte, strumentali e autoisolanti polemiche montate in pochi giorni con Germania e Commissione europea.
Noi non faremo l’errore perpetrato per anni dalla sinistra – condurre la lotta all’avversario politico a scapito dell’Italia – ma è il premier che, per primo, deve anteporre l’interesse nazionale ai suoi personalissimi calcoli per assicurarsi una popolarità, peraltro a breve termine.
Massimiliano Salini è europarlamentare, aderente al gruppo del Partito Popolare Europeo
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