Grandi imprese

Un secolo dopo Hermann Schmitz, i cartelli preparano la guerra

18 Aprile 2017

Perché è possibile che Monsanto, la più grande industria mondiale di OGM, venga ufficialmente acquistata dal colosso chimico Bayer – anche se a tutti è chiaro che si tratti di una fusione che implica la nascita di un Cartello? Perché questo accade proprio nel momento in cui il maggiore concorrente di Monsanto, la svizzera Syngenta, viene venduta ai Cinesi – dopo essere stata a lungo una creatura del colosso farmaceutico Novartis, che è la multinazionale nata dalla fusione tra Sandoz e Ciba-Geigy, e che per giunta controlla un terzo di Roche – un altro Cartello? La risposta: perché l’onda lunga, nata dall’esperienza compiuta dall’industria globale nella Seconda Guerra Mondiale, si è esaurita, ed in tempi di crisi e deflazione, come nel 1929, banche ed industrie reagiscono nuovamente come allora: fondendosi, creando cartelli, sperando in una guerra.

 

A questo proposito, da un po’ di tempo a questa parte ragiono spesso sulla figura di Hermann Schmitz, e su coloro che ne accompagnarono l’ascesa, gli anni del potere ed il declino. Schmitz, infatti, è stato uno degli uomini più geniali, temibili, potenti e sconosciuti degli ultimi 200 anni. Ci penso, perché ci troviamo alla soglia di un’era in cui, uno come lui, potrebbe di nuovo affermarsi, e portarci tutti ad una nuova guerra – che, come allora, verrebbe contrabbandata come guerra tra nazioni, essendo invece guerra tra industrie multinazionali per il controllo dei mercati.

 

Hermann Schmitz nella foto segnaletica al Processo di Norimberga

 

La scalata al successo di Hermann Schmitz

 

Figlio di operai, nato nel 1881, Schmitz era cresciuto negli anni della prima grande crisi finanziaria tedesca, esplosa con il fallimento delle più grandi banche. La crisi era iniziata nel 1873 dal crack della Borsa di Vienna, e si era allargata a macchia d’olio alla Germania, alla Svizzera, agli Stati Uniti, ed in misura molto minore ai Paesi colonialisti come Francia e Regno Unito. Nel 1890 l’economia tedesca era in ginocchio. I Cartelli decisero che ci fosse una sola speranza: la guerra. Dopo l’ennesimo crack del 1910, anche la monarchia decise che banche ed industrie avessero ragione, e scatenò l’inferno del 1914/18[1].

Come accadde? Nella seconda parte del secolo, l’industria aveva saturato il mercato, il dumping salariale aveva costretto sul lastrico molte famiglie ed allargato la disoccupazione, banche ed industrie iniziarono ad investire in bolle speculative ed a creare Cartelli. Esattamente come oggi. Questa esplosione era dovuta alla mancanza di regole chiare ed al fatto che la distanza tra l’aristocrazia del neonato Regno di Germania e lo sviluppo industriale e finanziario avessero generato le prime pericolose avvisaglie del disastro che poi sarebbe stata la Prima Guerra Mondiale. Nessuno imparò la lezione. Nel 1929, dopo la guerra, a causa del perdurare degli errori commessi dai governi dei Paesi capitalisti, si arrivò ad una seconda ed ancora più terribile crisi, con il fallimento della Danat Bank, della Dresdner Bank ed il lancio della Seconda Guerra Mondiale, fortemente voluta dai Cartelli industriali e finanziari[2].

Nel 1906, giovanissimo, Schmitz era entrato a far parte dei quadri dirigenti della MG Metallgesellschaft, un colosso della chimica e dell’industria pesante, controllato e diretto da una famiglia ebrea, quella di Wilhelm Merton[3]. Merton adottò il giovane Hermann, che mostrava grandissime qualità. Come racconta il grande economista Robert Liefmann[4], Schmitz, tra il 1906 ed il 1916 fece una carriera incredibile, dovuta al suo talento ed alla sua capacità di convincere tutti: la ragione primaria per cui la Germania perse la guerra furono il blocco navale inglese che tagliò fuori i rifornimenti di nitrato di sodio che Berlino comprava dal Cile, e poi la carenza di azoto puro, due elementi fondamentali per la produzione di proiettili[5]. Hermann Schmitz aveva una soluzione: l’industria chimica tedesca deve essere in grado, velocissimamente, di sostituire quegli elementi con altri che fossero immediatamente disponibili in Germania – come l’ammoniaca[6].

Quando Walter Rathenau, durante la prima fase della Guerra, lasciò l’industria AEG per guidare un Dipartimento per le acquisizioni di materie prime, Schmitz andò a lavorare per lui, propagandando l’unione di tutte le industrie tedesche in un solo cartello allo scopo di vincere la guerra e farsi pagare dopo, grazie alle conquiste. Aveva un partner ideale, Carl Duisberg, capo della Bayer, che aveva già costituito un’alleanza con Agfa e BASF, e lavorava alacremente per Schmitz e Rathenau[7].

 

Wilhelm Beck (sinistra), il fondatore della piazza finanziaria del Liechtenstein

 

La nascita dei Paradisi Fiscali

 

Allo stesso tempo, Schmitz è l’inventore della finanza offshore – o meglio delle legislazioni e delle organizzazioni parabancarie dei Paesi in cui nascondere patrimoni e ricchezze, allo scopo di diminuire le tasse da pagare e da avere soldi immediati da usare per progetti ambiziosi su scala internazionale. É stato lui, insieme a Wilhelm Beck ed Helmuth Merlin, nel 1926, a trasformare un buco di villaggio di contadini di montagna, chiamato Liechtenstein, nel più moderno e fiorente Stato per l’occultamento di ricchezza ed il riciclaggio dei proventi di attività illecite[8].

Adolf Merton, nuovo capo di MG, fratellastro di Hermann e figlio di Wilhelm, nel 1933 prese la cittadinanza liechtensteinese, come tutti gli ebrei importanti che fossero finanziatori del partito nazista. Ed è stato lui, insieme a Hermann Schmitz, a fondare le prime finanziarie svizzere legate a questi affari “particolari”, usando una piccola banca privata di Schaffhausen, la Sturzenegger Bank (che oggi si è fusa con altri istituti e si chiama Baumann & Cie.), poi la SBV Società di Banca Svizzera (Schweizerischer Bankverein, oggi fusa con UBS)[9] e l’alleanza con il gruppo Schmidheiny, il colosso del cemento che oggi si chiama Holcim[10].

Nel giro di pochissimi anni, tra il 1926 (anno dell’entrata in vigore della legge sui trust finanziari del Principato) ed il 1933 (inizio della strategia di preparazione della Germania alla Seconda Guerra Mondiale, a Vaduz vennero fondate alcune delle aziende finanziarie ancora oggi più importanti del Paese, cominciarono ad affluire i capitali dalla Germania, dal Vaticano, dall’Austria, dalla Francia, dal Regno Unito, dagli Stati Uniti, dalla Cecoslovacchia, dall’Ungheria, dalla Polonia. Tra il 1915 ed il 1935 il PIL liechtensteinese crebbe del 965%[11].

 

L’ufficio Centrale della IG Farben a Berlino nel 1936

 

IG Farben e la costruzione del Partito Nazista (NSDAP)

 

Ed è ancora stato Hermann Schmitz, contestualmente, a fondare IG Farben[12], il colosso della chimica e della farmaceutica in cui si fusero tutte le grandi aziende tedesche, e che diede vita (partendo da un memorabile discorso di Hermann Schmitz del 1928, poi stampato un paio d’anni più tardi[13]) al partito nazista: per poter guidare la Germania, l’industria e la finanza rivendicarono il controllo sulla politica e sull’esercito, e lo ottennero, tramite il Nazismo, scrivendone il programma, sostenendo Adolf Hitler ed i suoi gerarchi, pagandone le spese, guidando la struttura interna del NSDAP, trasformando una multinazionale chimica in uno Stato nello Stato[14]. Uno Stato che organizzò e condusse la Seconda Guerra Mondiale con lo scopo di conquistare per sempre (insieme ai suoi soci occulti negli Stati Uniti) il controllo del mercato mondiale dell’industria chimica, farmaceutica, mineraria, petrolifera, meccanica ed elettrica[15].

A partire dal 1930, IG Farben trasformò la Germania in una controllata del suo impero industriale e si sostituì, con i propri manager, ai politici della generazione della Repubblica di Weimar, presenti nel Reichstag, usando la violenza in modo spregiudicato e cinico, sviluppando un enorme progresso scientifico, ottenendo in pochissimi anni la fine dell’immensa crisi economica del 1929 e la piena occupazione in patria. Un risultato ottenuto schiavizzando e spaventando la popolazione, come fa Tayyip Erdogan in Turchia, e quindi anche senza avere colonie. Anzi, il colonialismo divenne un grimaldello per aprire nuovi e fruttuosi rapporti commerciali, contando sul fatto che nei Paesi del Commonwealth l’odio per il colonialismo inglese, in molti Paesi, fosse così grande che, finanziando imprenditori locali, anche in quei luoghi la neonata industria potesse sopraffare il governo.

Al Hassan Al Banna, fondatore della Fratellanza Islamica (1928) e co-fondatore della MISR Bank (1920)

 

Sicché Schmitz, insieme ad Hassan Al-Banna, e dopo la spinta propulsiva della famiglia Schmidheiny, che per prima aveva formato joint-ventures con i ricchi egiziani, esclusi dall’accesso al credito dalla Corona Inglese, fu nel 1920 uno dei fautori della MISR Bank, la prima banca a capitale egiziano, ce è poi divenuta la grande banca dietro cui si nascose la nascita e lo sviluppo della Fratellanza Islamica e del fondamentalismo musulmano – un alleato prezioso del Terzo Reich[16]. Un dettaglio per capire le conseguenze storiche di questo fatto: la prima moschea europea è stata costruita a Monaco, dieci anni dopo la guerra, da coloro che avevano lavorato per Hitler nei Paesi arabi, e che poi fondarono la Bank Al Taqwa, la banca usata da Osama Bin Laden decenni più tardi per finanziare la sua lotta[17].

In queste attività Schmitz faceva tutto avvalendosi della cooperazione del governo federale svizzero, sospinto dal potere politico legato all’industria militare tedesca (Brown Boveri, Alusuisse, Holderbank), che infatti ospitò Schmitz, dopo il Processo di Norimberga, fino alla sua morte, nel 1960, e concesse a suo nipote, Max Ilgner, che durante la guerra controllava la produzione di Zyklon B per le camere a gas, la cittadinanza svizzera, l’impunità, ed un posto di lavoro manageriale nell’amministrazione della Chiesa Evangelica e poi nell’industria elvetica[18].

 

Hermann Josef Abs all’assemblea degli azionisti della Deutsche Bank nel 1976

 

Dal Nazismo alla UBS

 

Fu sempre Schmitz a fondare una holding a Basilea, la IG Chemie, in società con gli Americani della Du Pont, poi rinominata Interhandel: l’unione segreta, fino al 1945, tra gli interessi industriali di IG Farben e delle multinazionali americane. Fu sempre Schmitz ad incoraggiare l fondazione della Deutsche Länderbank, una banca controllata direttamente dal partito nazista[19]. Questa, alla fine della guerra, venne rinominata in UBS Deutschland. Che coincidenza. Infatti Interhandel, il cui patrimonio era stato congelato dalle truppe di occupazione americane, con una decisione del Ministro Federale della Giustizia, Robert Kennedy, fratello del Presidente ammazzato un anno prima, nel 1964 venne regalata alla stessa banca svizzera, la UBS[20]. Prima di questo la UBS era una piccola banca locale, con questi due doni divenne la più grande banca europea dopo la Deutsche Bank. Esattamente quella Deutsche Bank, che è stata guidata, fino alla morte, da Hermann Abs, che è, insieme a Schmitz, uno dei fondatori del sistema dei Paradisi Fiscali ed uno dei padri (e dei consiglieri d’amministrazione, durante la guerra) di IG Farben[21].

 

Conclusioni

Lo so, ho concentrato tantissime informazioni in uno spazio piccolissimo. Ma ho un motivo per farlo. Il sogno di Schmitz, Duisberg, Rathenau, Abs e degli altri industriali che erano il vero potere alle spalle di Hitler, Göring e soci, era quello di un’Europa unita guidata non dai politici, ma delle lobbies industriali e bancarie. Un sogno condiviso da una parte importante dell’industria americana e del Partito Repubblicano a Washington. Un sogno che ci ha portati ad una guerra terribile, costata milioni di morti, che a sua volte ha creato l’olocausto nazista, la Shoah, e poi i campi di sterminio sovietici e la politica interventista americana in Corea, in Vietnam, in America Latina. Un incubo, più che un sogno, per le persone “normali”, che non si accorsero di quanto stava accadendo (leggetevi “Il rinvio” di Jean-Paul Sartre) e che presero i piccoli partiti populisti, che emergevano come funghi nell’umida palude della crisi della democrazia, affogata dall’emergenza occupazionale, creata da una politica suicida di stretta economica e deflazione, come cose da ridere. O come la legittima e democratica risposta della “pancia” al fatto che la “testa” non fosse più in grado di capire, e le “braccia” avessero la proibizione di unirsi e difendersi. Dobbiamo imparare dalla storia, perché il Male, da quella storia, non impara il fatto oggettivo che l’ondata di fusioni, nazionalizzazioni e populismi avrebbe portato alla morte di decine di milioni di innocenti, ma crede di imparare come ripetere quel massacro mantenendo il controllo sul suo svolgimento e sui suoi effetti finali. Quando guardate “Il Dittatore” di Charlie Chaplin, guardatelo pensando a quanto ho raccontato. Intanto, Monsanto e Bayer si fondono a creare la più grande industria chimica e farmaceutica della storia mondiale. Ci siamo.

 

[1] Markus Baltzer, “European financial market integration in the Gründerboom and Gründerkrach : evidence from European cross-listings”, Ősterreichische National Bank, Vienna 2006 : https://www.econbiz.de/Record/european-financial-market-integration-in-the-gr%C3%BCnderboom-and-gr%C3%BCnderkrach-evidence-from-european-cross-listings-baltzer-markus/10003286321;
[2] Jan Große Nobis, “Die IG Farben und das Ende der Weimarer Republik”, AG gegen IG-Farben Gefahr, Düsseldorf 1994: http://www.ig-farben.org/igfarben.pdf;
[3] Walther Däbritz, “Fünfzig Jahre Metallgesellschaft: 1881-1931”, VDI, Berlin 1931: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D580829510;
[4] Robert Liefmann “Beteiligungs- und Finanzierungsgesellschaften : Eine Studie über d. Effektenkapitalismus”, Fischer Verlag, Jena 1931: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D36151672X; Robert Liefmann, “Kartelle, Konzerne und Trusts”, E.H. Moritz Verlag, Stuttgart 1927: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D576278572;
[5] Sandro Fehr, “Die Stickstofffrage in der deutschen Kriegswirtschaft des Ersten Weltkriegs und die Rolle der neutralen Schweiz”, Bautz Verlag, Nordhausen 2009: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D993295185;
[6] Alwin Mittasch, “Geschichte der Ammoniaksynthese”, Chemie Verlag, Weinheim 1951: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D453395902;
[7] Carl Duisberg, “Lebensfragen der deutschen Industrie”, Hugendubel, München 1931: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D572933479;
[8] Walther Hofer, “Hitler, der Westen und die Schweiz 1936 – 1945”, Verein für Finanzgeschichte, Zürich 2002: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D965574709;
[9] Mario König, “Interhandel: die schweizerische Holding der IG Farben und ihre Metamorphosen – eine Affäre um Eigentum und Interessen (1910 – 1999)”, Chronos, Zürich 2001: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D962891827;
[10] Robert Liefmann “Beteiligungs- und Finanzierungsgesellschaften : Eine Studie über d. Effektenkapitalismus”, Fischer Verlag, Jena 1931: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D36151672X; Robert Liefmann, “Kartelle, Konzerne und Trusts”, E.H. Moritz Verlag, Stuttgart 1927: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D576278572;
[11] Werner De Capitani, “Bankgeheimnis und historische Forschung”,  Verein für Finanzgeschichte Schweiz und Fürstentum Liechtenstein, Zürich 2002: http://aleph.lbfl.li/F/61QQ93XLNV19XENY1FHSMA3CR8VLKLI54ETGU1Y32TCEA244VH-51852?func=full-set-set&set_number=008954&set_entry=000004&format=999;
[12] Artur Schenckenburger, “Die Geschichte des IG-Farbens-Konzerns”, Pahl-Rugenstein, Köln 1988: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D871361876 – sowie Peter Wolfram Schreiber, “IG-Farben, die unschuldige Kriegsplaner”, Verlag Neuer Weg, Düsseldorf 1987: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D871472198;
[13] Hermann Schmitz, “Deutschlands einzige Rettung”, Carl Fr. Fleischer, Leipzig, 1931: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D576067210
[14] Janis Schmelzer, “Die IG Farben und die Nazis”, Das Neue Berlin Verlag, Berlin 2013: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D1034389157
[15] Diarmud Jeffreys, “Weltkonzern und Kriegskartell : das zerstörerische Werk der IG Farben”, Blessing, München 2011: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D1008781568;
[16] Monika Friedrich, “Die Entwicklung der national-ägyptischen Miṣr-Gruppe im Zeitraum zwischen den beiden Weltkriegen unter besonderer Berücksichtigung ihres Verhältnisses zum deutschen Kapital : eine wirtschaftshistorische Untersuchung der ökonomischen Aktivitäten der I.G. Farbenindustrie in Ägypten, insbesondere gegenüber den industriellen Tochtergesellschaften der Bank Miṣr”, Dissertation an der Universität Leipzig, Leipzig 1989: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D900117869;
[17] Ian Johnson, “A mosque in Munich : Nazis, the CIA and the Muslim brotherhood in the West”, Houghton Mifflin Harcourt, Boston / New York, 2010: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D1004211597;
[18] Mario König, “Interhandel: die schweizerische Holding der IG Farben und ihre Metamorphosen – eine Affäre um Eigentum und Interessen (1910 – 1999)”, Chronos, Zürich 2001: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D962891827;
[19] Mario König, “Interhandel: die schweizerische Holding der IG Farben und ihre Metamorphosen – eine Affäre um Eigentum und Interessen (1910 – 1999)”, Chronos, Zürich 2001: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D962891827;
[20] Res Strehle, Gian Trepp, Barbara Weyermann, “Ganz oben – 125 Jahre Schweizerische Bankgesellschaft”, Limmat Verlag, Zürich, 1987: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D870705903;
[21] OMGUS, “Ermittlungen gegen die Deutsche Bank”, Greno, Nördlingen, 1985: https://portal.dnb.de/opac.htm?method=simpleSearch&cqlMode=true&query=idn%3D860433382

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.