Grandi imprese

Rossi, TIM: «Non c’è niente di nebuloso nella vendita di Netco a KKR»

9 Novembre 2023

«Non c’è niente di nebuloso nella vendita di Netco a KKR, soltanto la legge italiana è diversa da quella inglese». A precisarlo è il presidente di TIM Salvatore Rossi rispondendo
al Financial Times, che nella Lex Column dello scorso martedì titolava “Telecom Italia: buon affare, processo sbagliato”, elogiando la bontà dell’operazione di vendita della
rete fissa ma affermando che approvare l’operazione senza un voto degli azionisti è una cattiva idea e non sarebbe ammissibile nel Regno Unito. In una replica, pubblicata oggi dal quotidiano, Rossi spiega «come la legge italiana assegni al consiglio di amministrazione la responsabilità esclusiva per qualsiasi decisione che non comporti una modifica dell’oggetto sociale, indipendentemente dalla rilevanza della decisione». «Il Codice Civile italiano è stato riformato in tal senso nel 2003 proprio per evitare qualsiasi tentativo da parte del consiglio di scaricare le proprie responsabilità sulle spalle degli azionisti. Per quanto riguarda nello specifico questa operazione, non c’è dubbio che TIM continuerà, dopo la vendita, a installare e gestire reti di telecomunicazione e a fornire questi servizi», aggiunge il presidente.

Domenica 5 novembre il consiglio di amministrazione di TIM, dopo tre giorni di riunioni, con undici voti favorevoli e tre contrari, ha infatti deciso di accettare l’offerta del fondo americano Kohlberg Kravis Roberts (KKR) per l’acquisto di una parte della sua attività. TIM venderà a KKR parte della sua rete che sarà controllata dalla società NetCo, di cui diventerà azionista anche il Ministero delle Finanze con una quota del 20 per cento.

Il valore dell’acquisizione potrà variare dai 18,8 miliardi di euro ai 22 miliardi di euro. L’operazione dovrebbe chiudersi entro l’estate del 2024 e prevede che il prezzo del ramo d’azienda oggetto di conferimento in FiberCop sia soggetto ad aggiustamento al closing in relazione a determinati parametri e target predefiniti, quali, inter alia, la cassa e il debito trasferiti, il livello del capitale circolante, il costo registrato negli ultimi dodici mesi dei dipendenti trasferiti e il rispetto di alcuni obbiettivi di investimento e di installazione della rete in fibra ottica. KKR ha già una parte delle quote di FiberCop. Il passaggio nel portafoglio di KKR della rete di telecomunicazioni italiana passerà attraverso Optics BidCo, impresa direttamente controllata da KKR.

Dall’operazione, per il momento è rimasta esclusa Tim Sparkle. Il consiglio di amministrazione l’ha infatti ritenuta non soddisfacente e ha dato mandato al CEO di verificare la possibilità di ricevere un’offerta vincolante a un valore più elevato. C’è tempo fino al cinque dicembre per presentare una proposta migliorativa.

Frutto di due anni di lavoro, l’intesa con KKR dà, secondo Pietro Labriola, amministratore delegato di TIM, «nuova linfa all’infrastruttura di rete e allo stesso tempo consente a TIM di focalizzarsi sull’innovazione tecnologica che serve per governare il complesso mercato dei servizi digitali e giocare un ruolo da leader».

“L’operazione dà attuazione al piano di cosiddetto delayering avviato da TIM nel corso del 2022 – con l’obiettivo di perseguire il superamento dell’integrazione verticale di TIM attraverso la separazione degli asset infrastrutturali di rete fissa dai servizi che TIM continuerà a fornire ai propri clienti retail – e consente a TIM di ridurre il proprio indebitamento finanziario di circa 14 miliardi di euro al momento del closing (senza considerare l’impatto degli aggiustamenti di prezzo di cui sopra e gli eventuali earn-out), con un risultato migliorativo, nonostante il deterioramento delle condizioni macro-economiche, rispetto alle previsioni presentate in occasione del Capital Market Day del 7 luglio 2022”, si legge nella nota diffuda dopo il cda. “Grazie all’operazione,TIM, oltre a ridurre l’indebitamento e a liberare risorse, avrà l’opportunità di operare nel mercato domestico beneficiando della riduzione di alcuni vincoli regolatori e potrà contribuire al mantenimento della flessibilità strategica prevista dal piano di delayering. Al closing, TIM beneficerà di una struttura di capitale solida con un rapporto fra debito netto ed Ebitda inferiore a due volte (after lease)”.

L’acquisto della rete di TIM è solo l’ultimo affare italiano di KKR. Il fondo americano ha investito per la prima volta nel nostro paese nel 2005 con Selenia, un’azienda di oli lubrificanti comprata per 835 milioni di euro e rivenduta due anni dopo a Petronas per un miliardo. Poi sono arrivate Sistemia (gestione crediti), Argenta (distributori automatici), Inaer (elicotteri), Sirti (reti di telecomunicazione), FiberCop (rete TIM), Industria chimica emiliana (principi attivi farmaceutici), Cmc (packaging), Fedrigoni (carta).

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