Grandi imprese

Rete unica a un passo? Per i sindacati è un’occasione storica per le tlc

31 Luglio 2020

Il dibattito sulla rete unificata Tim-Open Fiber sembra arrivato a un punto di svolta, del resto l’Italia ha la possibilità di utilizzare i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea e le telecomunicazioni rivestono un ruolo importante nello sviluppo del paese. La trattativa ha avuto un’inaspettata accelerazione con la richiesta del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che ha fatto richiesta ad Enel (che di Open Fiber è socia) di trovare al più presto un accordo con l’operatore telefonico italiano sulla realizzazione di una singola rete a banda larga. Gualtieri fissava proprio per oggi, 31 luglio, la data di scadenza per firmare un accordo. Oggi, peraltro, i principali sindacati italiani sono intervenuti sostenendo la necessità di accelerare il processo di digitalizzazione dell’Italia tramite la rete unica tra Tim e Open Fiber. In una nota congiunta, i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil, Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil hanno evidenziato la necessità di disporre di una rete moderna ed efficiente facendo convergere tutti gli sforzi su un’unica infrastruttura da completare rapidamente. Secondo Maurizio Landini, Annamaria Furlan, Pierpaolo Bombardieri, Fabrizio Solari, Vito Vitale e Salvatore Ugliarolo, serve infatti «un soggetto attuatore che evidentemente non può prescindere dalla presenza di una grande azienda nazionale, e della sua rete, quale è Tim». Ma «serve anche ribadire la scelta del mercato aperto alla concorrenza, regolato dall’Agcom che dovrà sempre più prestare attenzione agli interessi generali e non solo alla tutela del consumatore».

La rete unica ha come obiettivo quello di colmare il divario digitale del nostro paese rispetto al resto d’Europa. Nel 2018 Tim aveva già manifestato la volontà di portare avanti una fusione con Oper Fiber per diffondere la rete FTTH. Il governo italiano è intervenuto più volte sulla questione, convinto che la fusione potesse essere garantita nel tempo da Cassa Depositi e Prestiti, che in Tim detiene il 5% delle quote e di Open Fiber è l’altra compartecipante (con Enel, al 50%).

Il piano del Governo prevederebbe l’uso di FiberCop (la società della rete secondaria mista fibra-rame Tim) come aggregatore per la creazione dell’infrastruttura, in cui confluirebbe anche l’80% della quota che Tim possiede di Flash Fiber. Cassa Depositi e Prestiti si sarebbe già resa disponibile ad acquistare la quota del 50% che Enel detiene in Open Fiber: in questo modo avrebbe quindi il totale controllo della società, ma anche un pezzetto di FiberCop. L’idea sarebbe quella di offrire la rete a tutti gli operatori alternativi clienti di Open Fiber, con Cassa Depositi e Prestiti a garantire la terzietà.

I piccoli provider temono però di essere schiacciati dal nuovo colosso che nascerebbe da Tim-Open Fiber ma il problema nei mesi passati non è stato soltanto questo. Tim e Open Fiber hanno avuto diverse divergenze tanto da trovarsi a risolverle in tribunale. Adesso il Governo spinge per trovare un accordo al fine di risolvere le diatribe e portare a casa il risultato dopo mesi di polemiche e ritardi.

Anche il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, partecipando alla presentazione del Libro bianco sull’economia digitale, a metà luglio, ha detto la sua sulla questione. «Sulla digitalizzazione l’Italia ha un grande ritardo e credo che il ruolo del governo sia quello di fissare degli obiettivi. La rete unica nazionale è uno di questi. Ritengo si possa dire che oggi l’accesso alla rete sia accesso alla democrazia, le infrastrutture materiali e immateriali sono un modo per garantire democrazia nel nostro Paese», ha spiegato Patuanelli. «In questo contesto definire il ruolo che lo Stato deve giocare nelle rete unica è uno degli obiettivi che il governo deve fissare. Durante gli Stati Generali, molti, soprattutto nel mondo delle partecipate, sono venuti a offrire il proprio contributo per superare questo momento, mettersi a disposizione per essere centrali, offrire soluzioni anche in termini di digitalizzazione».

Questi obiettivi secondo i sindacati si possono realizzare dando vita ad una nuova impresa che inglobi le reti esistenti a partire dalla convergenza di quella di Tim e Open Fiber. La nuova impresa dovrà però permettere l’integrità del perimetro di Tim attraverso il possesso della maggioranza delle azioni, ma anche esser aperta da subito a tutti gli investitori interessati ai quali vanno garantiti poteri speciali tali da impedire un predominio di Tim. Gli esponenti dei sindacati suggeriscono di far crescere la quota di Cassa Depositi e Prestiti in Tim, raggiungendo così una presenza industriale pubblica nelle telecomunicazioni, come accade anche in Francia e in Germania. La presenza di Cdp, oltre a guidare l’innovazione e gli investimenti, potrebbe anche sostenere un’eventuale strategia futura di consolidamento europeo nel mondo delle telecomunicazioni e delle reti ad alta velocità.

Intanto, Tim oggi ha lanciato Tim Green una nuova linea di soluzioni e servizi a basso impatto ambientale, con l’obiettivo di ridurre le emissioni e andare incontro ai principi di economia circolare. A partire dall’estate il gruppo metterà a disposizione dei propri clienti nuovi prodotti eco-sostenibili che permetteranno di ridurre significativamente le emissioni nell’atmosfera.

Per questo Tim – spiega il gruppo – ha deciso di adottare la vendita di smartphone ricondizionati e la nuova Sim green che, oltre ad avere una dimensione dimezzata, è realizzata con il 60% di plastica riciclata e un packaging interamente biodegradabile. Questa Sim consentirà di ridurre di circa 13 tonnellate all’anno il consumo di materiale plastico. Inoltre, anche i modem e i cordless saranno offerti in un’ottica di sostenibilità, adottando criteri di eco-design anche attraverso l’utilizzo di materiali riciclati e riciclabili.

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