Grandi imprese

Perché Free Basic di Facebook mette a rischio il pluralismo dell’informazione

18 Febbraio 2016

Immaginate di vivere in un paese dove una buona parte della popolazione non può permettersi un abbonamento ad Internet per il cellulare e dove la linea fissa arriva nelle case poco e male.
Niente Facebook, niente Whatsapp e niente Wikipedia. Nessun giornale online da leggere e nessun motore di ricerca da poter consultare quando abbiamo bisogno di approfondire una notizia. La ricerca delle informazioni e le comunicazioni come siamo abituati a concepirle sarebbero impossibili.

Immaginate a questo punto che vi venga offerto un piano telefonico per navigare in Internet gratuitamente, a patto che vengano utilizzati soltanto alcuni siti e alcune piattaforme prestabilite. Se fra queste vi è Facebook, oramai un vero e proprio “web alternativo” dove comunicare, informarsi e usufruire di contenuti, allora è molto probabile che ci abboneremmo.

Questo scenario è in realtà un progetto molto ambizioso che Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, sta portando avanti in diversi paesi in via di sviluppo con la collaborazione delle compagnie telefoniche locali. Si chiama “Free Basic”, ed è nato con l’idea di garantire l’accesso a Internet a quei 4 miliardi di persone che ancora non dispongono di una connessione.
Un progetto che si scontra però con la cosiddetta “net neutrality”, una sorta di carta non scritta dei principi base di Internet che dovrebbe guidare le strategie delle grandi aziende e le politiche dei governi sull’accesso alla Rete.

In sostanza la “net neutrality” afferma che nessun operatore delle telecomunicazioni può bloccare o “strozzare” la capacità di connessione dei propri utenti, tanto meno prioritizzare un servizio piuttosto che un altro stringendo accordi con i produttori dei contenuti. In questo caso i contenuti “trattati diversamente” dalle compagnie (letteralmente “zero rating service”) sarebbero proprio quelli ospitati dal social network, insieme con pochi altri servizi base (previsioni del tempo, notizie).

Free Basic è stato duramente contestato dagli attivisti per il diritto all’informazione di tutto il mondo, arrivando persino ad essere definito come “un moderno strumento di colonizzazione”. A seguito delle pesanti critiche, il governo dell’India, uno dei paesi inclusi nel progetto di Zuckerberg, ha deciso di bocciare Free Basic e di indire una consultazione pubblica sull’argomento.

Ma cosa dicono i critici di Free Basic e perché il governo indiano ha fatto dietrofront? Secondo molti accademici e studiosi di diritto digitale, sebbene il servizio metta a disposizione di tutti un abbonamento gratuito, i danni rischiano di essere maggiori rispetto alla stessa mancanza di connessione: avendo a disposizione soltanto Facebook come strumento per informarsi, gli utenti di Free Basic rischiano di essere continuamente “ingannati” dall’algoritmo che regola la “Home” del social network e che organizza i contenuti basandosi sui post che abbiamo già apprezzato o commentato. In pratica finirebbero per leggere sempre le stesse cose e le stesse opinioni, senza contraddittorio.

La stessa cosa vale per gli altri siti del pacchetto Free Basic: poiché privi di alternative gratuite, questi rischiano di generare un pericoloso “echo effect” delle informazioni, che secondo alcuni esperti potrebbe portare persino a fenomeni di estremismo e di fanatismo.

Un rischio che non si limita soltanto a quelle persone che prima di Free Basic erano escluse dal Web. I dati forniti da Facebook ci dicono che proprio in India soltanto il 20% degli iscritti al servizio non si era mai connesso a Internet. Il restante 80% sono utenti che dopo aver provato il pacchetto di Free Basic hanno deciso di non rinnovare altri abbonamenti a pagamento, sollevando non pochi dubbi sull’utilità e sullo scopo del progetto.

Resta ora da vedere quale sarà la prossima mossa del colosso americano, che potrebbe anche decidere di ampliare l’offerta del pacchetto gratuito con altri servizi e garantendo quindi un sano pluralismo. In un paese dove gli abbonamenti ad Internet sono ancora un privilegio per pochi, il pericolo è che pur di risparmiare gli utenti finiscano per svendere a Facebook il proprio diritto all’informazione.

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