Grandi imprese
Media, giornalismo e televisione nella Russia di Putin: un’inchiesta esclusiva
Controllare e influenzare l’opinione pubblica è da sempre l’obiettivo dei capi di stato con ambizioni e grandi progetti politici. Se poi il capo di stato in questione si chiama Vladimir Putin, è normale che il risultato sia una perfetta – e mastodontica – macchina per la propaganda e un network editoriale tra i primi al mondo.
Si chiama RT (Russia Today) ed è un canale televisivo che trasmette 24 ore su 24 in russo in tutto il pianeta. Fin qui niente di nuovo – sono centinaia i canali all news – se non fosse che Russia Today è un colosso ben radicato anche in occidente, per ora con due edizioni in inglese – una americana trasmessa dallo studio di Washington a poche centinaia di metri dalla casa Bianca e una inglese registrata a Londra -, un’edizione in spagnolo trasmessa anche in America Latina, una in arabo attiva dal 2007 e con il progetto di due nuove edizioni in francese e tedesco, bloccate solo dalle sanzioni dell’Ue per la guerra in Ucraina. Ma è solo questione di tempo perché il progetto editoriale di RT mira a proporre in tutto il mondo l’informazione vista da Mosca, come sottolineato da Margarita Simonyan in un servizio della rivista Time su RT, il motivo? “i media occidentali non sono obiettivi”.
Come darle torto? Peccato che la predica provenga da un network che, all’indomani dell’invasione russa della Crimea, continuava a negare che i carri armati russi fossero entrati nella penisola ucraina. Una distorsione della realtà tale da aver portato vari giornalisti e reporter dell’edizione americana a prendere le distanze dal proprio canale e in alcuni casi, come la giornalista Liz Wahl, a rassegnare le dimissioni addirittura in diretta televisiva.
Ma bollare Russia Today come un network di semplice propaganda del governo di Putin sarebbe, oltre che errato, fuorviante perché siamo di fronte a un vero e proprio colosso mondiale dell’informazione. Per capirlo qualche numero: il budget annuale investito dal governo russo per RT nel 2013 è stato di 300 milioni di dollari, il più grande network televisivo al mondo, la BBC, ne ha spesi nello stesso anno 367. Se non fosse sufficiente per comprendere quanto Putin creda in RT, basti pensare che quando venne fondato nel 2005 il budget annuale era di 30 milioni. L’investimento ha portato i suoi risultati se ad oggi gli iscritti al canale YouTube sono 1,466 milioni contro i 1,248 di Vice News e i 732.000 della Cnn, numeri altissimi certo aiutati più dal sensazionalismo delle immagini caricate dalla redazione su YouTube di catastrofi naturali o video che in poco tempo sono diventati virali piuttosto che dai servizi politici.
Russia Today in ogni caso è diventato un network che non può più essere ignorato dai governi occidentali, l’edizione inglese, secondo i dati diffusi dal “Broadcasters’ Audience Research Board”, raggiunge i 2 milioni di spettatori giornalieri. Il governo lettone è preoccupato a tal punto dell’influenza del canale sull’opinione pubblica del paese – dove un quarto della popolazione è di etnia russa – da essersi attivato con l’UE per la realizzazione di un canale analogo in russo controllato dall’Unione Europea. Un progetto che si rivelerebbe fallimentare per l’impossibilità di disporre di budget analoghi a quelli investiti dal Cremlino. A maggior ragione perché negli anni RT si è strutturata anche grazie al conglomerato mediatico del Cremlino che abbraccia anche altri campi dell’informazione: “è una delle più vaste holding nell’industria dell’informazione del paese, include WIRES, stazioni radio e, dalla scorso novembre, un’agenzia multimediale internazionale chiamata Sputnik, che lancia notizie in 12 lingue, tra cui cinese, hindi e turco. Di tutti questi brand RT è di gran lunga il più potente nel diffondere la versione delle notizie del Cremlino nel mondo” sottolinea Simon Shuster su Time.
Quant’è la reale influenza di Putin e del governo russo in RT? Sebbene la responsabile del network Simonyan ammetta che la linea editoriale sia “definita dai principi espressi dallo Stato, dai rappresentanti dello stato Russo” nega fermamente che possa accadere che esponenti del Cremlino influenzino direttamente o pongano veti ai servizi scelti dalla redazione.
Si può prendere in seria considerazione un canale che dà voce a teorie complottiste secondo cui l’11 settembre fu “probably an inside job” e le bombe alla maratona di Boston preparate “for new wars and martial law in America”?
L’arrivo anche in Italia – al momento non previsto – di RT potrebbe essere un toccasana per il panorama televisivo nazionale e favorire, operazione fondamentale in ogni stato democratico, il libero scambio di idee e posizioni differenti da quelle dominanti. Accusare il network russo di collusione con il potere politico sarebbe oltremodo ipocrita in un mondo dell’informazione come quello occidentale fin troppo ancorato a diktat e decisioni che sempre più trascendono le logiche meramente editoriali.
FONTE: Cultora
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