Governo
Le imprese sul web comunicano meglio, nonostante l’assenza della politica
Da una parte c’è la politica, con le sue lentezze e le sue mancanze, dall’altra ci sono le imprese, che tra mille ostacoli danno un buon esempio. La comunicazione sul web sembra la sintesi perfetta del Made in Italy digitale: un Paese spaccato in due, in cui gli imprenditori non trovano un adeguato supporto, facendo i conti con un’infrastruttura tecnologica inadeguata. E si avverte distintamente uno stridìo con gli interventi del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sul tema dell’innovazione come è accaduto di recente alla Reggia di Venaria.
Due ricerche infatti svelano i volti dell’Italia. La prima sottolinea il buon lavoro – per quanto migliorabile – svolto dalle grandi aziende. Nell’ultimo anno il gotha dell’impresa tricolore si è rivelato più abile, con tutte le sfumature del caso, a usare gli strumenti digitali per fornire informazioni a utenti e professionisti di ogni singolo settore; l’altra ricerca è relativa allo sviluppo della banda larga, decisamente insufficiente e al di sotto della media europea.
Il rapporto Webranking, realizzato da Lundquist, ha tratteggiato dunque uno scenario sostanzialmente positivo per la comunicazione delle società, anche se c’è da recuperare il ritardo rispetto alle realtà europee più sviluppate. «Le aziende italiane sono particolarmente puntuali nel mettere a disposizione informazioni e dati passati», si legge nella presentazione della ricerca. I problemi sorgono su altri strumenti. «Pur avendo aumentato la presenza sui social media, le imprese italiane li usano meno rispetto alle europee e continuano ad avere una comunicazione sostanzialmente “push”, utilizzandoli principalmente per diffondere i propri contenuti», sottolineano gli esperti.
Tra i migliori siti istituzionali, si conferma al primo posto quello di Eni che ha totalizzato un punteggio di 89,1 (su un massimo di 100), davanti a Telecom che ha superato Snam sul podio. A seguire nella graduatoria, dal quarto posto a scendere, ci sono altri colossi come Gruppo Hera, Generali, Pirelli, Terna e Mondadori. Un grande balzo è stato compiuto da Salini-Impregilo, collocato in 12a posizione (+25 rispetto al 2014), e da Yoox Net-a-Porter, ora in 29a posizione (lo scorso anno era in 54a). L’analisi Lundquist evidenzia alcune criticità suggerendo che «è necessario per le aziende investire in una comunicazione più distintiva per far emergere l’impresa in un mercato sempre più competitivo a livello internazionale». In estrema sintesi: «È fondamentale definire una strategia di contenuto in grado di guidare la produzione di contenuti online, la user experience digitale e il dialogo sui social media».
Insomma la comunicazione delle società non è impeccabile, ma segnala una vivacità che sembra mancare alla politica. L’Istituto per la competitività (I-Com) ha presentato, giusto qualche giorno fa, uno studio sulla stato della banda larga nel 2014. Nella classifica dei 28 Paesi europei presi in considerazione, l’Italia si piazza al 25° posto nonostante «un generale miglioramento» perché è stato ridotto«il gap rispetto al primo posto (da 38,2 punti percentuali a 29,6 punti percentuali)». Ma le buone notizie terminano a questo punto: i progressi non sono sufficienti perché siamo «al di sotto della media europea». Dati alla mano, siamo messi meglio solo di Bulgaria, Grecia e Romania, e situati a una distanza siderale da Paesi come la Spagna. Non proprio una spinta all’innovazione né un incoraggiamento alle aziende. Che oltre al gap di tipo culturale – visto che fino a qualche tempo da non erano molto attente alla comunicazione digitale – sono costrette a fare i conti con i pesanti limiti delle infrastrutture tecnologiche.
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