Ciclismo
La baronessa, il pinguino Nans e un’intervista impossibile
Per una tappa che arriva nello stadio del biathlon, disciplina di sciolina e carabina, c’è per fortuna una partenza sotto la benedizione di un premio Nobel per la pace. La tappa di oggi è un attraversamento diagonale da sud-ovest a nord-est del Trentino-Alto Adige.
Si parte dalla Val di Sole, a Commezzadura, alla porte di Malè. La notte l’abbiamo trascorsa a Ossana, poche case raccolte intorno alla mole svettante del castello di San Michele. Antico maniero a controllo della valle, forse esistente fin dai tempi dei longobardi e poi eretto più o meno nelle forme attuali alla fine del XII secolo, alla fine dell’Ottocento passò ai baroni von Suttner. Sposa di Arthur Gundaccar Freiherr von Suttner, fu la contessa Bertha Kinsky von Wchnitz und Tettau, meglio nota col nome di Bertha Felicitas Sophie von Suttner, scrittrice e attivista del movimento pacifista internazionale. La sua opera principale, Die Waffen nieder (Giù le armi) e il suo impegno profuso nelle organizzazioni mondiali che si contrapponevano ai nazionalismi politici, le valsero nel 1905 il premio Nobel per la pace, conferitole direttamente da Alfred Nobel, suo amico e grande sostenitore.
La baronessa von Suttner morì a settantatré anni, nel 1914, pochi mesi prima dello scoppio della Prima guerra mondiale: ancora oggi la sua figura è ricordata nell’effigie che la ritrae sulle monete da 2 euro coniate in Austria.
Dall’Austria dista pochi chilometri Anterselva/Antholz. Alla Sudtirol Arena, tempio internazionale del biathlon, si è conclusa la diciassettesima tappa del Giro. Non so se ne sarebbe stata felice la baronessa Bertha. Bicicletta, sci di fondo e carabina. Se tra i primi due sport le similitudini si sprecano – resistenza, regolarità, attitudine allo sforzo prolungato – tra i pedali e i grilletti si fa più fatica a tirare dei fili: i ciclisti ogni tanto fanno sparate e mettono nel mirino gli avversari in fuga, possono essere sono cacciatori di giornata quando puntano a successi estemporanei. Però…
Ad Anterselva, arrivo in salita, dopo una lunga distanza mossa da altri due gran premi della montagna, non vince un cacciatore, o uno jaeger, come si direbbe da queste parti. Ma vince un berger, un pastore. Si chiama Nans Peters, che per un francese sono nome e cognome poco consueti. In conferenza stampa dichiara origini paterne alsaziane per il cognome. Quanto al nome, Nans, gli arriva dall’infatuazione della madre per la serie televisiva mandata in onda a metà anni Settanta dal primo canale della ORTF, la tv francese: era intitolata Nans le berger, Nans il pastore, e in trenta episodi raccontava la storia di tre generazioni di una famiglia contadina della Provenza. Nans – il ciclista, non il pastore – ha anche un soprannome nel gruppo: per la sua pedalata, diciamo non propriamente elegante, lo chiamano “il Pinguino”. Forse per questo Nans Peters si è trovato talmente a suo agio nello stadio di Anterselva che l’anno prossimo ospiterà i Campionati mondiali di biathlon che oggi ha vinto la sua prima corsa da professionista.
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A dire il vero, senza essere un pinguino all’Equatore, a queste latitudini – e temperature: oggi, 29 maggio, il termometro quassù fa segnare 9°C – ha dimostrato di sentirsi a suo agio l’ecuatoriano Richard Carapaz che, con uno scatto nel finale, a seguire il luogotenente Mikel Landa, ha guadagnato ancora una manciata di secondi sui diretti concorrenti in classifica generale, Vincenzo Nibali e Primoz Roglic. Ha festeggiato così, nel migliore dei modi, il suo 26° compleanno.
Con un salto all’indietro di mezzo secolo, sarebbe stato bello, e non solo per il calembour onomasiologico, che a intervistarlo oggi ci fosse Adone Carapezzi, un grande pezzo dello storia del giornalismo sportivo alla radio e alla televisione.
Adone Carapezzi era in qualche modo “figlio d’arte”: il padre, Anteo, nativo di Correggio, ma milanese di adozione, fu per anni il direttore del velodromo Vigorelli. Era lui, il 7 novembre 1942, a mostrare la cronotabella dei tempi del detentore Archambaud a Fausto Coppi che impegnato allo spasimo a battere il record dell’ora.
Adone – classe 1919, come Coppi e come Brera – venne assunto alla Rai di Milano nel 1955 e fece una lunghissima carriera come radiocronista e telecronista sportivo. Con Beppe Viola, condivideva l’ufficio di corso Sempione, e la passione per le scommesse all’Ippodromo. Con un aplomb di altri tempi, dietro al quale nascondeva una composta genialità, seguì come cronista inviato Mondiali di Formula 1 e numerosi Giri d’Italia e Tour de France.
C’è una foto-monumento che lo ritrae in posa in un Giro d’Italia del 1967 con l’intera squadra RAI di radio e telecronisti: questa.
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