Giustizia

Il futuro del legale d’azienda: una lettura costituzionalmente orientata

16 Ottobre 2019

Con l’avvento del legal tech e della digitalizzazione di processi e burocrazia legali il ruolo dell’avvocato tradizionale potrebbe scomparire già nel prossimo futuro. Tra le figure a rischio anche quella del legale di impresa, per anni figura chiave e strategica dell’azienda di appartenenza.

“Risulta ormai definitivamente evidente la necessità di una riflessione profonda sul questo ruolo e sulle caratteristiche che dovrà necessariamente acquisire, pena la sua stessa scomparsa o il definitivo ridimensionamento all’interno delle organizzazioni di impresa”, spiega Cosimo Pacciolla, Head of legal affairs di Q8 Petroleum Italia.

In Italia questa tipologia di professionista ha la missione principale di tutelare gli interessi giuridici dell’impresa in cui opera, contribuendo alla creazione dei processi decisionali e gestionali della stessa, grazie anche a specifiche competenze legali e manageriali. Il giurista d’impresa, insomma, non deve solo valutare e gestire i rischi di natura legale che possono interessare l’azienda ma anche orientarne l’azione così da sfruttare situazioni giuridiche e opportunità da cui questa possa trarre beneficio.

Secondo Pacciolla, per tutelare questa professionalità, “è opportuno valutare una prospettiva che parta da una riconsiderazione etico-giuridica delle figure coinvolte. La medesima analisi deve basarsi su elementi obiettivi che non solo arginino affascinanti quanto pericolose derive etiche e morali, ma siano a loro volta ancorati ad un rigoroso quanto esistenzialmente importante limite: la sanzione”.

“L’impresa, nelle sue varie manifestazioni privatistiche, è oggetto del più alto livello di tutela e, prima di essa, di un riconoscimento etico giuridico costituito dall’esplicita valorizzazione costituzionale – chiarisce il responsabile degli affari legali di Q8 Italia –. In particolare, il noto art. 41 Cost. non solo tutela l’’impresa’ in senso generale, ma ne specifica i singoli elementi che la compongono: ‘soggettivo’ – l’imprenditore – ed ‘oggettivo’ – la produzione e la scambio e quindi necessariamente il profitto che dagli stessi ne deriva”.

“Con ciò – prosegue ­– si rende evidente non solo una tutela di rango primario ma soprattutto il riconoscimento di un assoluto fondamento etico dell’impresa e del ruolo sociale dell’attività alla medesima sottesa. Tuttavia, è lo stesso art. 41 che al secondo comma si preoccupa di stabilire il limite della predetta tutela, forse per un  banale compromesso storico-politico che ne impose la retorica specificazione che tuttavia non è in questa sede utile approfondire. Ed ancor più retorica probabilmente, ma interessante ai nostri fini, è l’esplicitazione dello strumento oggettivo che al terzo comma del medesimo articolo 41 viene posto a rigoroso presidio della predetta attività: la legge. Non, quindi, un generico riferimento morale o etico ma un’obiettiva quanto inequivocabile indicazione: il rispetto della legge. In questi ultimi tempi si è acceso il dibattito tra legalità e rispetto delle leggi, ma fino a quando prevarrà l’obiettivo convincimento del vivere ed operare in un sistema democratico, risulta residuale il rischio di una non compiuta sovrapposizione tra i due ambiti etici di valutazione”.

In questo contesto quindi il legale di impresa rappresenta un unicum. “Seppur con le inevitabili approssimazioni, questa figura deve ritenersi assolutamente distinta da altre professioni giuridiche e men che meno con quella di giudice, arbitro, accusatore o peggio censore. Il legale d’impresa è e rimane un avvocato, come peraltro oggettivamente riscontrabile in numerosissimi ordinamenti non meno maturi giuridicamente e democratici del nostro. E l’avvocato è a sua volta oggetto di un presidio etico le cui caratteristiche come usuale in un sistema laico, sono del tutto sovrapponibili a quelle sin qui sinteticamente richiamate con riferimento all’impresa: la Legge”, precisa Cosimo Pacciolla.

Il legale di un’azienda risponde quindi a uno schema complesso che poggia direttamente sulla Carta costituzionale. “Il suo ruolo è guidare l’assistito in un rapporto quale quello di cui al II e III co. dell’art. 41, di crescente complessità, in cui non solo risultano sempre meno tassativi ed obiettivi i riferimenti applicativi ma a cui spesso si accompagnano insidie e conflitti occulti (es. conflitto di interessi), motivati e giustificati dal legislatore da generali e più elevati obiettivi di tutela ma che non di meno rischiano di schiacciare inopinatamente ed altrettanto immotivatamente l’impresa e/o il management”.

Quali caratteristiche deve avere l’avvocato d’azienda del domani? “Il legale interno deve essere in grado per competenza, esperienza e correttezza etico-professionale, di prevenire contrasti con le regole poste a presidio dell’attività d’impresa e soprattutto evitare che da essi possa derivare un danno al suo assistito. Questo è il suo ruolo che va oltre la singola, specifica tutela per collocarsi nel più ampio ed elevato profilo riconosciuto al valore ‘Giustizia’”. “Nello stesso tempo – prosegue Pacciolla – l’avvocato d’impresa deve essere messo in condizione di difendere il suo assistito coerentemente ai principi ‘assoluti’ di cui all’art. 24 della Costituzione. Ciò non può condurre a terribili quanto inaccettabili e suicide schizofrenie. Nessun avvocato può esser chiamato ad una valutazione preliminare della piena innocenza del suo assistito, ciò contrasta non solo con banali profili di onestà intellettuale ma con fondamentali ed assoluti principi di legalità e giustizia”.

“Pertanto, l’’autonomia’ e l’’indipendenza’, a cui spesso ed in alcuni casi strumentalmente ci si riferisce nel tentare di tracciare i tratti distintivi del legale d’impresa, devono coerentemente identificarsi non con quanto all’interno della stessa organizzazione aziendale al medesimo legale riconosciuto o riconoscibile (oggettivamente impossibile), piuttosto con l’autonomia di giudizio e di condotta di cui il professionista è capace e soprattutto con la tutela che l’ordinamento è in grado di garantire al medesimo professionista interno all’azienda (es. art. 103 c.p.p.) in ossequio al proprio riferimento di ‘Giustizia’ – conclude Pacciolla –. L’avvocato d’impresa è parte dell’organizzazione aziendale, tanto più se elemento del management e ne è quindi responsabile nel suo ruolo”.

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