Grandi imprese

#ijf16: le pr nell’era digitale, comunicazione o informazione?

7 Aprile 2016

«Esiste ancora il confine tra comunicazione aziendale e giornalismo?», è stata questa la domanda posta maggiormente dal pubblico al dibattito di stamattina. Gli uffici stampa delle aziende oggi, infatti, si trasformano sempre più in redazioni: producono articoli, video, immagini, gestiscono magazine d’approfondimento e dialogano direttamente con il pubblico. Fra storytelling e social network il confine fra comunicazione e informazione è sempre più labile, perché le aziende si raccontano al proprio pubblico di riferimento sul web e per farlo si servono anche dei giornalisti. Ne hanno discusso, così, in occasione dell’International Journalism Festival di Perugia, Manuela Kron, direttore corporate affairs Nestlé, Erika Mandraffino, senior VP rapporti con i media di Eni, Flavio Natalia, direttore struttura del magazine Sky, Simona Panseri, direttore comunicazione sud Europa Google, Paolo Artuso di Tim e Jacopo Tondelli, direttore de Gli Stati Generali. L’evento è stato organizzato e sponsorizzato da Eni, main partner del Festival, e presente all’edizione di quest’anno (la decima) con la missione di raccontare com’è cambiata la comunicazione del cane a sei zampe, ponendo l’innovazione al centro della sua strategia comunicativa e sperimentando novità.

«Negli ultimi dieci anni ho lavorato in Eni – afferma Erika Mandraffino – e ho avuto modo di osservare i cambiamenti che hanno coinvolto la comunicazione aziendale; oggi ci consideriamo degli esploratori in materia. Abbiamo il grosso privilegio di utilizzare strumenti che ci permettono di sperimentare; facciamo chiaramente comunicazione, ma anche informazione». In passato i contenuti venivano veicolati, infatti, esclusivamente attraverso i media, in questo momento storico, invece, le aziende (Eni di sicuro) sono spesso anche editori dei propri contenuti, arrivando ad un pubblico più ampio, con un occhio di attenzione nei confronti dei social network.

L’urgenza di comunicare impone tempi e modi diversi rispetto al modo di comunicare di una volta. Il comunicato stampa, la tv e il giornale arrivano nello stesso modo a tutti e il messaggio viene interpretato senza commenti e riscontri diretti. «Oggi questo pacco postale non esiste più», commenta Paolo Artuso, di Tim che sottolinea l’importanza di creare i contenuti “aziendali” (ma non solo) e portarli in giro, offrendo messaggi personalizzati. Le aziende dovrebbero quindi aprire i propri portoni a quelli che sono i desideri delle persone, anche se non corrispondono pienamente al loro interesse, compiendo uno sforzo di trasformazione.

I target da raggiungere sono però diversi, e Google è sicuramente un fornitore di strumenti fondamentali, oltre che attore stesso della comunicazione. Google offre diversi tools di analisi e aiuto in tal senso, ad esempio Analytics, importante per comprendere se la strategia aziendale raggiunge le persone “giuste”, ricorda Simona Panseri. La velocità nel mondo digitale è importantissima quando hai una storia da raccontare, e quello che può essere interessante oggi, può non esserlo domani per il lettore e/o utente. Tenere alto l’interesse su questioni che le aziende ritengono fondamentali è la nuova sfida di oggi. Google fa circolare informazione e al tempo stesso fa comunicazione aziendale, ma chiaramente non si preoccupa dei contenuti che non gli appartengono.

Secondo Manuela Kron, l’azienda oggi è in un certo modo costretta ad essere autorevole, anche grazie alla velocità imposta dal digitale: «Verifichiamo le fonti e siamo sempre pronti a rispondere, perché abbiamo imparato ad esserne in grado». La comunicazione aziendale è così, per l’esperienza della Kron, migliorata rispetto al passato e permette all’azienda di essere più chiara, pulita.

Il modo di porsi delle aziende tutte nei confronti di giornalisti, utenti, appassionati, è completamente cambiato, ma sembra in modo positivo, eliminando quella poco chiarezza che un tempo non poteva essere messa in dubbio come oggi, ad esempio attraverso i social network. Flavio Natali, di Sky magazine, fa notare quanto oggi le persone però siano disorientate di fronte alle troppe fonti disponibili in questo marasma tra comunicazione e informazione, ed è per questo che offrire autorevolezza è il punto più importante per un’azienda che fa comunicazione e poi anche informazione. Le e-mail, ad esempio, che sembravano ormai uno strumento vecchio, permettono di instaurare un rapporto esclusivo con gli abbonati, nel caso di Sky, offrendo una sintesi delle notizie (verificate) del giorno ma anche una selezione della programmazione tv.

Una delle grandi sfide per le aziende quindi, ma forse la più importante, se vogliono fare a loro modo informazione, ma soprattutto per i giornalisti, è quella di non farsi travolgere ossessivamente dal e nel circolo vizioso dei click. Non è possibile cedere sempre e solo al desiderio di monetizzare, offrendo informazione (persino quella aziendale che sta a metà tra informazione e comunicazione) non di qualità. Un comunicatore efficace, inoltre, non può permettersi di raccontare frottole, perdendo così di credibilità, ma deve essere chiaro, raccontare la verità, senza usare la scorciatoia di omettere, persino con la complicità di un giornalista o troppo giovane o volutamente accondiscendente. Tondelli fa comunque notare che lo spazio dell’omissione esiste ancora oggi, come quello della bufala e che il confine tra giornalismo e comunicazione aziendale resta  fondamentale. Se l’azienda ha la responsabilità di fornire informazioni veritiere, il giornalista ha il compito di verificarle, di indagare. E se un giornale si offre come veicolo dell’informazione aziendale, non può e non deve soccombere al “ricatto” di esserne schivo. È importante, quindi, tenere alta l’attenzione e lavorare su entrambi i fronti con professionalità e rigore.

Il panel è stato particolarmente partecipato, e dalle domande dei presenti è emersa una certa preoccupazione in relazione al confine tra comunicazione aziendale e giornalismo. Le domande arrivate ai relatori da studenti, professionisti della comunicazione, e giornalisti, raccontavano del bisogno di tenere separati i due campi, perché se da un lato le contaminazioni fanno bene sia alle aziende che ai giornali, dall’altro i giornalisti devono comunque restare indipendenti e non perdere mai credibilità.

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