Grandi imprese
Faberschool, per non perdere il futuro
“Mamma, ho perso l’aereo”, titolava un film di anni fa. Oggi l’aereo è rappresentato dalle nuove tecnologie che avanzano nel modo di pensare e realizzare un’impresa, ma anche nei processi di produzione di un’azienda. Fosse solo questo, i problemi economici si potrebbero risolvere. Perdere un aereo non è sempre così grave; perdere il proprio futuro è una catastrofe. E in provincia di Varese è questo il rischio che si sta correndo, perché tra dicembre 2013 e dicembre 2014 i giovani occupati tra i 19 e i 25 anni sono scesi di un – 7,47% mentre il tasso di disoccupazione è passato dal 14,2% del 2008 al 39,1% del 2013.
I giovani d’oggi sanno che il loro futuro è fatto anche di stampanti 3D, web, coworking, crowdfunding, condivisione. E’ come essere a scuola, solo che si parla di come realizzare un prototipo nel più breve tempo possibile e a costi bassissimi. La terza rivoluzione industriale è partita dall’America, ha conquistato l’Italia ed ora sta popolando anche le periferie del mondo con schede open-source (una fra le più famose è full-Made-in-Italy, si chiama Arduino ed è stata inventata da Massimo Banzi).
In tante periferie nascono e si attivano i fablab: a Tradate, a pochi chilometri da Varese, ce n’è uno targato Confartigianato Imprese Varese. Lo hanno chiamato “Faberlab”, perché faber significa fare. E il fare, nel mondo dell’artigianato, non è un semplice verbo ma una sorta di comandamento. Quell’aereo è decollato per nuove e vecchie generazioni. Per smanettoni e maker che abbinano il cacciavite al tablet e al laser cut; per architetti, ingegneri e geometri; per giovani studenti che sanno che la manifattura digitale li potrebbe traghettare verso qualcosa di nuovo. Verso un’occupazione.
E’ per questo che Faberlab è così vicino alle scuole. Anzi, con il progetto Faberschool – presentato mercoledì 10 a Tradate in conferenza stampa con Riccardo Luna, digital champion italiano – porta 7 stampanti 3D (tra le quali anche la Materia 101, la prima realizzata da Arduino) in altrettante scuole con il partner Comingtools, fornitore di hardware Sharebot: l’Isis Valceresio (indirizzi liceali e professionali) di Bisuschio, l’Isis Newton (Itis e Ipsia) di Varese, il Padre Monti (grafica) di Saronno, il Liceo Scientifico Ferraris di Varese, l’Enaip (centro formazione professionale) di Busto Arsizio, il Ponti (Itis e Ipsia) di Gallarate e il Marie Curie di Tradate. E anticipa i venti di un cambiamento che le nostre istituzioni stanno cercando di accelerare.
Tutto parte dall’esigenza di abituare gli studenti ad utilizzare le nuove tecnologie in modo pratico, ma con una solida formazione alle spalle coordinata da Confartigianato Varese e, nel caso del progetto Faberschool, anche da Comingtools (fornitore di hardware Sharebot) per avvicinare studenti e professori. Chiedetelo ai ragazzi: cosa stampereste in 3D? Le risposte sono entusiaste, poco tecniche, rivolte a loro stessi ma anche agli altri: oggetti per aiutare gli amici portatori di handicap, filtri dell’aria per la moto, sistemi di irrigazione, la cover di un cellulare. Anche i professori non mancano di iniziativa quando parlano di poter stampare un insegnante e un alunno entrambi perfetti.
Questo accade in uno scambio continuo e avventuroso tra l’artigianato più tradizionale e quello più attento a mettersi in rete con la fantasia e con tutto ciò che offrono le ultime tecnologie: rapidità, maggiore cura del particolare, economicità, ottimizzazione delle risorse in azienda, sperimentazione. E’ quell’intelligenza della mano che in provincia di Varese prende un’altra direzione. Quella di una scuola e di un’impresa che negli ultimi anni si sono parlate sempre meno. Vuoi per uno scollamento tra i programmi ministeriali dei nostri istituti e vuoi per un’azienda che, invece, ha sempre avuto bisogno di prontezza (sempre meno accademica) e strumenti pratici per una progettazione sempre più in linea con la realizzazione su misura del prodotto.
Al Faberlab si avvita l’intelligenza della mano ai giovani per traghettare le imprese dalla dimensione analogica a quella digitale con un approccio teorico (gli imprenditori e i ragazzi si incontrano e si formano con corsi e workshop) ma anche realista con progetti schizzati in 3D (attraverso i software che riprendono la manualità tipica del disegno manuale) e prototipati tridimensionalmente.
La volontà e l’impegno di ri-parlare e trasmettere i valori dell’artigianato nel nostro Paese. Maria Montessori, educatrice e pedagoga al di sopra di ogni sospetto, scriveva nel Novecento che “quando l’uomo pensa, egli pensa ed agisce con le mani, e del lavoro fatto con le sue mani lasciò tracce quasi subito dopo la sua comparsa sulla terra. Grazie alle mani che hanno accompagnato l’intelligenza si è creata la civiltà: la mano è l’organo di questo immenso tesoro dato all’uomo”. E si è sempre trattato, o quasi, di mani d’artigiano.
E’ bello che questo accada anche in una piccola terra di frontiera quale è la provincia di Varese, a due passi dalla Svizzera, dove da sempre si respira aria di trucioli e scarti di lavorazioni, progetti futuristi e prodotti che hanno costruito il futuro economico italiano. Quando entri in una piccola azienda della provincia, sono prima di tutto l’udito e l’olfatto ad essere stimolati con il rumore delle fresatrici e l’odore di collanti e polveri. Poi passi alla vista e al racconto ad oltranza di chi di questa vocazione manifatturiera ne ha fatto un’arte e, oggi, cerca giovani preparati e adatti a crescere con l’impresa e a farla crescere con sempre nuovi stimoli. Dagli anni Sessanta ai Novanta, questo territorio ha visto crescere un esercito di imprenditori capaci di passare dai distretti industriali (dove l’uno era in competizione con l’altro) agli ecosistemi produttivi dove, invece, l’uno lavora con l’altro. A Tradate, questa rivoluzione né lenta e né silenziosa (anche se le stampanti 3D, strumento privilegiato di questo futuro presente, lavorano soffiando dolcemente il materiale sul piano di lavoro) ha trovato spazio proprio a Faberlab.
Un luogo aperto, quello voluto da Confartigianato Varese, dove si accendono le lampadine del cervello e si realizzano anche progetti rimasti nel cassetto. Dove bastano due stampanti 3D, uno scanner a tre dimensioni e un laser cut per immettere nuova energia in tutto coloro che vogliono “fare” con gli occhi spalancati che tradiscono la curiosità famelica di chi – nella materia prima, in un circuito, in un tratto di penna – ci vede già un bullone, una rotella, un telaio. Nell’officina digitale il rumore non è quello delle macchine, ma delle voci che si incrociano a trovare soluzioni sempre nuove.
Quelle che, tutti si augurano, possano essere trovate anche da quei giovani che da domani (mercoledì 10) inizieranno a scommettere sul loro futuro accendendo le macchine e facendo di un semplice filo di plastica fuso, quello che passa nella stampante, gli oggetti dei loro desideri. E’ una scommessa aperta quella di Faberschool, ed è anche per questo che dal mese di gennaio 2015, gli alunni daranno il via ad un concorso con il quale lanciare progetti e prodotti che possano essere efficaci sotto il punto di vista tecnologico e interessanti sotto quello commerciale. Perché passare dal “bit all’atomo”; da un’epoca votata al visibile e al concreto ad un’altra, come questa che stiamo vivendo, è la vera trasformazione economica nella quale i nostri giovani hanno già messo la testa e le mani.
Sette stampanti per sette scuole: questo è il solo il primo passo di un percorso che sarà lungo. Perché con Faberschool non si parla solo ai giovani ma anche ai loro insegnanti con l’intenzione di creare uno spirito di corpo fondato sul collante della creatività, della fantasia e dell’innovazione. Le stampanti 3D sono solo la punta dell’iceberg di un fenomeno economico e sociale che sta prendendo piede sempre più anche in Italia e fra le nuove generazioni. Non si tratta più e solo di soddisfare le esigenze dei cosiddetti smanettoni ma di inaugurare, nel rapporto sempre più stretto tra associazioni di categoria, imprese, scuole e istituzioni, un nuovo modo di fare economia che trasformi i giovani in risorsa insostituibile delle imprese e in imprenditori del futuro.
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