Grandi imprese

Erano tutte persone solari

11 Maggio 2022

Quante volte, assistendo a una telecronaca, sentiamo ripetere dal corrispondente la frase “Quello che vedete alle mie spalle”, come fosse un mantra, chiamando lo spettatore a testimone della veridicità di quanto viene affermato, quasi a sottintendere che il giornalismo è sempre foriero di autenticità, limpidezza, illustrazione imparziale di notizie e avvenimenti… Filippo Nanni (Roma, 1958), attualmente vicedirettore del Giornale Radio Rai dopo un lungo periodo passato a Rai News 24, autore di numerosi programmi televisivi e di varie pubblicazioni, ha seguito come inviato molti avvenimenti politici, giudiziari, sportivi e di cronaca in Italia e all’estero. A pieno titolo, quindi, è in grado di indicare pregi e difetti di un mestiere non facile, quale quello del reporter, e in particolare del telecronista, nel suo ultimo libro Alle mie spalle. Le notizie in Tv, pubblicato da Vallecchi. A partire da una difesa d’ufficio del racconto televisivo, che “ha caratteristiche particolari, ma non solo può competere ad armi pari con le altre forme di giornalismo, in certi casi riesce ad avere una forza dirompente e diventa quindi ineguagliabile. Questo succede sempre quando è assistito da immagini vigorose e spettacolari”.

Forte della sua lunga militanza a Saxa Rubra, rivela al lettore le modalità con cui si svolgono ogni mattina le riunioni redazionali con i responsabili dei vari servizi da mettere in onda nel corso della giornata, secondo uno schema calibrato in ordine di importanza: cronaca, politica, esteri, società, economia, sport, e buoni ultimi cultura e spettacoli. Indica quali siano le regole fondamentali da seguire per ottenere un efficace reportage, iniziando da una seria documentazione iniziale e dalla verifica delle fonti, per proseguire con la scelta di un set adeguato, fornendo un racconto dettagliato e coerente dei fatti, ma flessibile nella conduzione. Anche il linguaggio del corpo va controllato, senza stazionare immobili davanti alla telecamera, con invadenti primi piani del cronista e degli intervistati. Voce e pronuncia sono poi fondamentali: “Proprio la voce è l’arma vincente per catturare l’attenzione. Il tono consigliato è quello medio basso. Ritmo e pause ben armonizzate conferiscono autorevolezza. Importante anche il controllo della respirazione sollecitando il diaframma”.

Molte e puntuali sono le raccomandazioni rivolte a evitare ridondanze e sciatterie nella comunicazione verbale: assolutamente censurabili sono le frasi fatte, i convenevoli, i luoghi comuni, la retorica, l’eccesso di aggettivazione, il burocratese, le pause ad effetto, gergalismi e anglicismi,  domande inopportune, formule di congedo ripetitive, polemiche gratuite, ammiccamenti e  sottintesi. Perché mai le persone “tragicamente” scomparse sono sempre definite “solari”? E con quale mancanza di tatto si esplorano i sentimenti di dolore, rabbia, rancore, delusione, di parenti o sopravvissuti a eventi luttuosi? Nanni segnala con asterischi i vari livelli di banalità riscontrabili nelle telecronache cui assistiamo quotidianamente, riportando sarcasticamente le formule rituali più sfruttate, gli intercalari più irritanti (“voglio dire…”), la gestualità di moda (quattro dita sollevate a mimare le “virgolette”). Ecco un divertente elenco di espressioni abusate: “il cerchio si stringe, indagini a 360 gradi, la colonnina di mercurio, il ferito versa in gravi condizioni, la morsa del gelo, l’asfalto reso viscido dalla pioggia, tanta roba, assolutamente, quant’altro…”

Un’altra pecca imputabile al giornalismo del piccolo schermo è l’eccessivo ricorso agli “esperti”, chiamati a esprimersi su ogni questione sociale di rilievo: opinionisti, scienziati, militari, criminologi, generici tuttologi (“Ogni giornalista radiotelevisivo può raccontare di aver contribuito ad allargare la famiglia dei nuovi mostri, soggetti con poche qualità che sono riusciti a imporsi a colpi di ospitate”).

Lavoro ingrato, quello del telecronista, oggi minacciato dal proliferare dell’informazione sui social e reso ancora più difficile da stress, fretta, censure, competizione e concorrenza. Filippo Nanni, consapevole della sua complessità, lo descrive affettuosamente,  ironicamente, con l’obiettivo di ottimizzarne le potenzialità.

 

FILIPPO NANNI, ALLE MIE SPALLE – VALLECCHI, FIRENZE 2022, p.110

Prefazione di Giovanni Floris

 

 

 

 

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