Grandi imprese
Campo Dall’Orto, ma lei dormiva mentre Aru, Belinelli, Pennetta…?
Ci sarebbe sì una «mission», come si dice negli ambienti, per questa nuova Rai di Cdo (Campo dall’Orto) e Maggioni: il ritorno delle immagini. Che per un mezzo televisivo sono ancora un impiccio al quale è impossibile sottrarsi. Per capirci: nei giorni in cui il ciclista Aru si batteva per la “rossa” nella Vuelta, in cui Roberta e Flavia salivano, salivano, salivano nel tabellone dell’Us Open fino ad appropriarsene trionfalmente, nella settimana in cui Belinelli&C. portavano il basket azzurro a una certa autorevolezza europea, sugli schermi Rai troneggiava il monoscopio. Di queste tre questioncelle sportive di un certo peso, il pagatore del canone Rai non ha visto una mazza. Allo stesso tempo, il pagatore di canone Rai ha potuto però apprezzare due patetiche apparizioni degli azzurri di calcio sotto la guida di Antonio Conte. Nessuna emozione, però era sempre calcio, il cosiddetto sport nazionale.
Scorrendo la prima intervista di Cdo, nulla compariva su questi temi. Cioè sul tema della competizione, del libero mercato, della concorrenza. Temi che dovrebbero essere cari a un amministratore delegato, sempre nell’idea che la Rai debba stare sul mercato e non in un angolo ad ammuffire (più di quanto non sia ammuffita). Ci sono due o tre questioni da chiarire e la prima riguarda le cosiddette “spese folli”, il sempreverde tema giustificazionista che viale Mazzini oppone quando gli altri comprano diritti e lei non sente neanche i doveri. È utile uscire da un equivoco: economicamente, il calcio è una cosa, gli altri sport, totalmente un’altra. I 700 milioni spesi da Mediaset per i diritti della Champions sono considerati folli persino da Sky, per cui in questo caso la Rai può tirare un sospiro di sollievo. Ma sulla grande montagna degli sport, diciamo così, olimpici, la Rai dov’è? E soprattutto dov’è lei, Campo Dell’Orto, e che fa mentre Aru trionfa nella Vuelta, e Flavia sbaraglia l’America, dorme? Lei in questi giorni avrebbe dovuto, per un atto di assoluta decenza, chiedere scusa – senza avere ovviamente una responsabilità primaria – a tutti i pagatori di canone Rai, assicurandoli che mai più una catastrofe televisiva del genere sarebbe potuta accadere. Parimenti Maggioni, due parole preoccupate da presidente, oltre al piacere di vederla in passerella a Venezia?
Questo equivoco dev’essere subito sciolto. Se la Rai sta sul mercato degli umani, di quelli cioè che possono comprare cose laterali che non il calcio, ma molto ragguardevoli sotto il profilo dell’identità culturale e sportiva, allora è necessario che ci stia e si batta anche con un certo fiuto. Quando si comprano “cose” per la televisione, lo sguardo dev’essere certamente consapevole sul piano dei costi, ma anche accompagnato da una visione, da una capacità di giudizio, tecnica e di prospettiva, è una fiche che si getta sul tappeto verde e che può portare a grandi guadagni (infatti i Mondiali di atletica di Pechino sono stati una caporetto azzurra e ve ne era sentore). Ma è anche e sempre «servizio pubblico», questione fondamentale che comprende rispetto per la propria storia e per i cittadini che ti danno costantemente fiducia pagando il canone.
Perché vede, caro Campo Dall’Orto, lei che è stato anche manager privato dovrebbe buttare lì una provocazione a inizio mandato Rai, invece che declinare le responsabilità fino a marzo-aprile visto che i palinsensti sono già stati composti (mossa davvero poco elegante). Lei dovrebbe dire ai cittadini televisivi: voglio sfidarvi sul piano dei contenut, voglio lasciarvi liberi, alla fine della stagione televisiva: se siete soddisfatti, allora pagherete il canone anche più felici, ma se l’offerta non è stata di vostro gradimento, i soldi del canone non saranno dovuti.
Lei sa, vero, cosa avrebbero risposto gli italiani se questa sua generosa apertura si fosse materializzata in questi giorni, vero? Bene, allora da qui in avanti è meglio attrezzarsi, oppure dichiarare formalmente che lo sport non è considerato cultura e non rientra dunque in quegli ambiti sempre strombazzati del «servizio pubblico».
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