Grandi imprese
Alitalia offresi: prima incognita, il mediatore politico
Oggi 10 maggio i commissari hanno comunicato che la Ragioneria di Stato ha già predisposto la prima tranche del “prestito ponte” che aiuterà Alitalia da un lato ad operare con continuità e dall’altro ad avere i tempi minimi per l’individuazione di un potenziale acquirente della compagnia.
I maggiori esperti hanno già ribadito più volte che per salvarla, non bisognerebbe porre tutta l’attenzione sulle questioni finanziarie bensì su quelle industriali della compagnia. Trovare un modo per tamponare i debiti è infatti compito di un piano di risanamento finanziario. Ma trovare un modo perché l’azienda non perda cinquantamila euro per ogni ora di volo, invece, è compito di un piano industriale adeguato. Piano che la renderebbe salvabile e quindi interessante per qualche big dei cieli.
Il punto è che sarà difficile trovare qualcuno disposto a scommetterci su: se si prende ad esempio la questione della flotta – tra le più dibattute come causa del fallimento dei precedenti piani – bisognerebbe individuare un vettore tra i principali europei che voglia acquisire i tanti veicoli a corto raggio, tipicamente sfruttati dalle compagnie low cost ma poco utilizzabili nelle strategie attualmente adottate dalle potenziali acquirenti, e contemporaneamente aumentare i pochi veicoli wide body, quelli che consentono di avere rotte più remunerative e di cui Alitalia è fortemente carente.
Non si può inoltre dimenticare che tantissime altre sono le incognite e le difficoltà che dovranno essere affrontate: i soli costi di adeguamento dei software gestionali, per fare un esempio, sembra siano sfuggiti di mano di vari milioni di euro e non è detto che il subentrante non abbia bisogno di sostituire nuovamente il gestionale voluto tre anni fa da Etihad con uno proprio.
Insomma, sembra proprio che la storia si ripeta: nel 2008 il governo Prodi pareva essere ad un passo da un accordo con Air France – KLM per l’affidamento del rilancio di Alitalia, che versava in condizioni molto simili alle attuali. Fu la solita instabilità politica (e di governo) italiana a fare dietro-front: il subentrato governo Berlusconi puntò ad un rilancio tutto interno, con i risultati odierni ben noti. A distanza di nove anni, risuoneremo agli stessi citofoni, chiedendo il solito aiuto, e con una dote da offrire decisamente peggiorata.
Ma con una sola certezza: che le varie compagnie europee si troveranno ad iniziare le trattative con un governo (e relativa linea di azione) ma la concluderanno con chissà quale altro (e magari tutt’altra volontà). Corsi e ricorsi storici italiani.
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